Fin dall’antichità, il mare è stato visto come fonte di benessere da sfruttare e proteggere per la crescita del proprio Paese. La volontà dei popoli di spingersi oltre i propri confini verso terre lontane, attraversando oceani e zone di mare pericolose, per poter imprimere la propria influenza e cercare nuovi scambi commerciali, è stata l’ambizione dei principali imperi della storia, i quali affidavano a coraggiosi navigatori le proprie speranze. Naturalmente, tutto ciò che porta ricchezza e prosperità va protetto e difeso, non solo per mare, proteggendo le linee del traffico commerciale, ma anche per terra, in maniera da distogliere la volontà, o solamente il pensiero, di altri pretendenti da cattive intenzioni o pretese. Per evitare ciò, solo una forza navale che incute timore e rispetto può far valere le proprie ragioni e interessi.
Solo poche marine al mondo possono essere annoverate fra quelle che veramente hanno mantenuto e mantengono tuttora un’influenza del genere, non solo in vicinanza delle proprie coste, ma al di là dell’orizzonte, in continenti dove mantenere in vita traffici commerciali è di vitale importanza. Le forze marittime militari italiane, ma più in generale quelle globali, sono uno degli strumenti della politica estera impiegati per il conseguimento di prefissati obiettivi di interesse nazionale e risultano essere essenziali, non solo per proteggere gli interessi nazionali in Patria e all’estero, ma per la prevenzione di un conflitto armato e nella gestione di un teatro soggetto a crisi. La dissuasione, come strumento deterrente, costituisce oggigiorno uno dei principali - se non il più importante - mezzo di gestione della politica della sicurezza ai fini della stabilita politico/militare internazionale. Quanto detto non può prescindere dalla disponibilità di una flotta “al passo con i tempi”, che sia credibile, flessibile e prontamente impiegabile, in modo da scaturire, semplicemente dispiegandola in mare, un effetto dissuasivo nei confronti di un Paese avversario. È necessario, quindi, sviluppare capacità militari credibili e singolari, capaci di garantire la necessaria deterrenza e dissuasione nel contesto internazionale, soprattutto nel Mediterraneo “allargato”, crocevia di interessi multinazionali e bacino di interesse primario nazionale ed europeo.
Nel XX secolo si è assistito a un continuo crescere di tecnologie, ma soprattutto un ricorrere a nuove scoperte e armi tecnologiche per essere sempre un passo in avanti rispetto al concorrente, non perché alla fine ci fosse un premio da vincere, ma perché appunto, per incutere timore e rispetto, bisogna avere anche i mezzi e le capacità per farlo. Ma soltanto questi elementi non bastano. Ogni nazione deve avere anche la volontà e la determinazione per essere credibile nel panorama internazionale e questo, purtroppo, a volte, si ottiene solamente con azioni di forza e/o deterrenza. Tutti sanno che per far paura a qualcuno bisogna disporre di qualcosa in più rispetto all’altro, ma non basta solo il coraggio degli uomini, serve anche il supporto di mezzi e armamenti.
La rapida evoluzione tecnologica e l’ammodernamento dei sistemi di attacco, di concerto alla trasformazione che hanno subito le campagne militari negli ultimi 50 anni – basti pensare all’avvento delle bolle A2/AD (Anti-Acces Area Denial) avversarie - hanno confermato l’esigenza di disporre di una capacità dall’elevato profilo strategico, in grado di ingaggiare, ed eventualmente neutralizzare, obiettivi sensibili posti a notevole distanza, all’interno di un territorio potenzialmente ostile, senza dover compromettere la sicurezza di uomini e mezzi sul campo. Una tale capacità, - c.d. “Deep Strike” - condivisa dalla maggior parte dai Paesi alleati e non, si sostanzia nei missili da crociera, i cosiddetti “cruise”. Tali missili, nascono per trasportare significative quantità di esplosivo a lunga distanza e con elevatissima precisione (ordine del metro), elevata resistenza alle contromisure, grazie a diverse tipologie di guida ed eccezionale capacità di penetrazione: è soprattutto la combinazione di tali elementi a rendere l’effetto dell’arma così strategicamente rilevante.
Il “cruise” è un sistema missilistico che, a differenza di quelli per la difesa anti-aerea o antinave, non necessita né di sottosistemi radar di guida iniziale e/o terminale, essendo completamente autonomo nell’esecuzione della “missione”, né di sistemi di propulsione particolarmente reattivi, essendo impiegato contro bersagli fissi su terra.
Disporre, pertanto, di detta capacità missilistica costituisce un elemento abilitante per le capacità militari esprimibili da un Paese, elevandone il rango ed il peso politico in uno scenario internazionale sempre più variabile. Questo è ancor più vero se tale sistema fosse lanciabile da una piattaforma navale dove, oltre all’ampia quantità di missili trasportabili da un vettore di superficie, tale capacità risulterebbe essere un forte deterrente nel momento in cui si mantiene – anche per mesi - un tale assetto a centinaia di km dalla costa di un Paese ostile. Ciò permetterebbe di “mantenere bassa la temperatura” di quel Paese che mostra ostilità nei confronti di una Nazione.
Acquisendo tale strumento ed in virtù della propria rarità, l’Italia si porrebbe allo stesso livello di poche altre Nazioni in possesso di abilità di tale valenza e strategicità, conferendole un prestigioso ruolo nella comunità internazionale. Una capacità d’intervento lontano, peculiarità di una forza navale quale la Marina Militare, coniugata con la capacità navale d’ingaggio in profondità, fornirebbe al decisore politico uno “strumento” di pronto ed efficace impiego, consentendogli peraltro di esercitare un controllo diretto sull’arma per tutta la durata della missione, con la possibilità, sino alla fine, di annullarla/cancellarla. In tal senso, la capacità navale d’ingaggio in profondità, in ragione dell’esteso raggio d’azione (in molti casi superiore ai 2.000 km), eserciterebbe una latente e concreta funzione di deterrenza.
Seppur l’Italia sia già in possesso di capacità “Deep Strike” grazie alla disponibilità del missile SCALP EG (Storm Shadow) in dotazione all’Aeronautica Militare, alcune considerazioni sulla strategicità di tale arma ci porterebbero a pensare che, in realtà, non sia proprio così, inducendoci a definire lo Storm Shadow come un missile land attack piuttosto che un vero e proprio mezzo da Deep Strike.
Alcuni fattori, sicuramente non trascurabili, come la ridotta portata del missile (250/300 km a fronte dei 1.000 km di un vero e proprio missile deep strike), dimostrano che l’utilizzo dello SCALP da piattaforma aerea non soddisfi i necessari requisiti tattico-operativi in uno scenario conflittuale altamente variabile. Il Deep Strike “aereo” nazionale risente, infatti, di alcune limitazioni tattiche con evidenti riflessi strategici, in particolare la ridotta autonomia della piattaforma lanciante (attualmente su cacciabombardiere Tornado IDS), la generale minore gittata e carico utile della testa di guerra, il ridotto numero di missili trasportabili, il costo elevato per ore di volo della piattaforma lanciante, la necessità di disporre di un aeroporto nazionale o di eventuale nazione alleata e dell’autorizzazione di uno spazio aereo e, non ultimo per importanza, l’esposizione attiva del personale imbarcato sull’aeromobile (a tal proposito, si ricorda che il 17 gennaio 1991, durante l’operazione “Desert Storm” il Tornado IDS del maggiore Bellini e del tenente Cocciolone fu abbattuto dalla contraerea irachena e i due piloti furono fatti prigionieri per 47 giorni).
A valle di queste considerazioni si conclude facilmente che i rischi di cui sopra sono molto più mitigati per una piattaforma navale: una potenza navale, che imbarca missili cruise a lungo raggio (si ricorda che i missili cruise occidentali tipo Tomahawk o Scalp Naval hanno una portata di oltre 1.000 km) invia il proprio messaggio chiaro ad un potenziale avversario, fornendo una capacità di attacco in profondità più resiliente e continua, ovvero priva di potenziali rischi per la sicurezza del personale imbarcato. A differenza degli aerei, le Unità Navali potrebbero essere pre-posizionate in teatro, possono rimanere in uno scenario di crisi per lunghi periodi e possono imporre la loro presenza su più teatri operativi contemporaneamente, agendo con ferma deterrenza anche in ausilio di azioni diplomatiche in corso da parte delle autorità politiche.
Inoltre, operando in acque internazionali, la piattaforma navale è libera dai vincoli diplomatici normalmente posti sugli aeromobili che necessitano di ottenere l'autorizzazione per l'uso dello spazio aereo. La quantità dei missili trasportabili risulta nettamente superiore a quella di un aeromobile e non “deve fare i conti” con peso e carburante. Grazie all’ingente quantità di missili imbarcati, si possono effettuare più lanci contemporaneamente su bersagli più resilienti, “induriti” nel territorio ostile. Il rischio per il personale è pressoché nullo se si considerano sia le distanze in gioco dalla costa del paese ostile (volendo superiore a 1.000 km), sia la capacità di autodifesa di una nave da guerra.
Nell’eventualità in cui l’Italia valuti l’opportunità di dotarsi di capacità Deep Strike da piattaforma navale nel breve termine (circa 5 anni), la soluzione più conveniente sarebbe l’acquisizione di sistemi già esistenti e testati in operazioni reali. Le opzioni tecnologiche di cui sopra possono ricondursi essenzialmente al missile Scalp Naval, di produzione MBDA Francia, testato in impiego reale da Unità Navali di superficie nel 2018 in Siria e con risultati operativi soddisfacenti; si tratta di un sistema che presenta il vantaggio di essere prodotto da una Ditta con ramificazione nazionale (MBDA Italia), nonché di necessitare di alcune predisposizioni già esistenti sulle Unità navali nazionali.
Un’altra opzione potrebbe essere il celebre missile Tomahawk, di produzione americana, largamente testato in operazioni reali, recentemente aggiornato per l’impiego anche contro bersagli navali, con capacità di controllo remoto da centrale di comando e controllo terrestre via link satellitare, ma totalmente di produzione americana (Raytheon), la quale già in passato (2014) si è mostrata disponibile - al pari dell’Autorità politica statunitense - a supportare l’eventuale integrazione e fornitura alla Marina.
Alcune valutazioni di carattere politico, strategico ed industriale, il prodotto della Raytheon potrebbe, in realtà, risultare penalizzato rispetto alla sua controparte transalpina. Tra queste, sicuramente l’utilizzo del GPS da parte del sistema statunitense, che ci legherebbe in modo vincolante al partner americano. L’acquisto dello Scalp Naval ci garantirebbe, invece, un’autonomia maggiore, in considerazione della recente approvazione, da parte dell’UE, del progetto GEODE, volto alla militarizzazione del sistema GALILEO (controllato anche dall’Italia) sul quale indubbiamente i sistemi d’arma europei, come il missile Scalp Naval, faranno affidamento al fine di individuare e colpire i propri bersagli, eliminando così la loro dipendenza dal GPS statunitense.
A livello industriale, inoltre, bisogna considerare il fatto che MBDA sia parzialmente controllata da Leonardo e che MBDA abbia una diramazione tutta italiana (MBDA ITALIA): ciò favorirebbe sicuramente la partecipazione del nostro sistema industriale alla produzione e alla manutenzione di tali missili, con tutti i vantaggi del caso, in termini di guadagno economico e, soprattutto, di acquisizione di Know-how. Inoltre, il probabile acquisto del missile francese porterebbe sicuramente ad una futura collaborazione italiana al programma franco-inglese FC/ASW (Future Cruise/Anti-Ship Weapon), nato da requisiti convergenti espressi da Francia e UK per un missile che avesse sia capacità antinave a lungo raggio che capacità di attacco in profondità per colpire obiettivi “induriti” in territorio ostile.
La partecipazione italiana a tale programma, potrebbe risultare decisiva nel coinvolgimento attivo da parte dell’industria nazionale, portando non solo benefici di tipo economico a breve termine, ma anche nel medio-lungo periodo. Infine, si deve necessariamente considerare il fatto che vi è una notevole complementarità fra il sistema Scalp Naval e lo Storm Shadow già in possesso dell’Aeronautica Militare. Il sistema Scalp Naval, infatti, è la versione navale dello Storm Shadow, pertanto condivide gli stessi mezzi Storm Shadow già presenti in Italia: Strutture di Targeting, Mission Planning, attrezzature logistiche, sotto-assiemi e la biblioteca dei bersagli, comune ad entrambi i sistemi.
Questo è importante in quanto l’acquisizione del prodotto MBDA ci garantirebbe non solo la complementarità per entrambi i sistemi ma un notevole risparmio in termini economici/operativi e, sicuramente, una parziale sovranità dell’arma.
È doveroso non sottovalutare, però, quanto sia importante l’aspetto logistico ed addestrativo: acquisire un sistema missilistico Deep Strike ma non godere delle necessarie facilities logistiche e di un continuo addestramento per il personale interessato (sia personale utilizzatore che manutentore) sia un aspetto poco vantaggioso per la Forza Armata. Bisogna essere consapevoli del fatto che bisogna investire molto in questi due aspetti al fine di non rendere vani gli sforzi, sia in termini economici che operativi, sostenuti dall’amministrazione.
In conclusione, si può affermare che una capacità deep strike dal mare, tramite piattaforme navali e/o sommergibili, da intendersi complementare a quella già in possesso all’Aeronautica Militare e di concerto allo sviluppo di una dottrina di impiego nazionale, oltre a tutti i vantaggi in termini di capacità abilitanti per il Paese Italia, ci permetterebbe di primeggiare in un contesto internazionale profondamente variabile ed imprevedibile. Costi, efficacia, vantaggi e sicurezza ne fanno quindi un’opzione politicamente, strategicamente, militarmente e tecnicamente irrinunciabile.
Il presidente americano Theodore Roosevelt, anni fa, pronunciò una celebre frase che è rimasta indelebile nella memoria dei posteri: “Speak softly and carry a big stick: you will go far” ("Parla con gentilezza ma portati dietro un grosso bastone; andrai lontano")
Viviamo in un mondo dai valori democratici e liberali, dove l’uso della forza è severamente vietato come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Appare chiaro però che, il possesso del missile da crociera da piattaforma navale, potrebbe essere interpretato come uno strumento altamente deterrente che permetterebbe di supportare eventuali azioni diplomatiche e indurrebbe la controparte a fare ciò che noi riteniamo auspicabile, senza utilizzare maniere coercitive.
sottotenente di vascello r.n. (DT) Giuseppe Cozzi
Foto: Marina Militare / MoD Fed. Russa / MBDA / U.S. Navy