I missili che ieri hanno provocato due vittime in Polonia, derivano, secondo le indagini preliminari da un "errore tecnico": lo ha detto a Bali il presidente turco Erdoğan. Come ha spiegato in una conferenza stampa a margine del G20, Erdoğan ha ricevuto questa indicazione dal cancelliere tedesco Olaf Scholz. Per conoscere l'origine dei missili (ovvero se sono stati lanciati volutamente dai russi oppure si tratta di un errore), ha aggiunto, occorrerà attendere un esame più approfondito, ma (secondo Erdoğan) non sono di fabbricazione russa. "Devo rispettare la dichiarazione fatta dalla Russia. Questo incidente non ha nulla a che fare con loro", ha osservato Erdogan.
Ieri sera, Mariusz Gierszewski, un reporter della polacca Radio Zet, ha parlato parlando di "due missili russi" caduti sul suolo polacco in un villaggio a 10 chilometri dal confine, Przewodow. Subito dopo è arrivata la conferma di un alto funzionario dell'intelligence Usa citato dall'AP. Quindi i vigili del fuoco locali hanno rivenuto le due persone morte in seguito alle esplosioni che hanno colpito un sito dove si essiccavano i cereali.
Con il passare delle ore sempre Gierszewski, citando i servizi di Varsavia, ha ipotizzato che si sarebbe trattato non di un errore di lancio da parte dei russi bensì dei resti di un missile abbattuto dalla contraerea ucraina.
L'altra ipotesi (che sembra di ora in ora avvalorarsi!) è che a cadere in Polonia sia stato proprio un missile della difesa di Kiev: i detriti sono compatibili il sistema superficie-aria a lungo raggio S-300 (foto).
Il presidente polacco Duda, parlando con il segretario generale della NATO Stoltenberg, ha chiesto sostanzialmente di attivare l'articolo 4 dell'Alleanza, che prevede che "le parti si consulteranno ogni volta che, nell'opinione di una di esse, l'integrità territoriale, l'indipendenza politica o la sicurezza di una sia minacciata".
Qualcuno ha cominciato a parlare persino di attivare l’articolo 5 del Trattato, ovvero il cuore politico dell’Alleanza che rappresenterebbe la garanzia difensiva contro attacchi da parte di terzi agli stati membri.
Ma cosa recita il suddetto articolo?
“Le parti convengono (gli stati membri dell’Alleanza, NdA) che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America Settentrionale sarà considerato quale attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se tale attacco dovesse verificarsi, ognuna di esse, nell’ esercizio del diritto di legittima difesa individuale o collettiva riconosciuto dall’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, in modo individuale o di concerto con le altre parti così attaccate, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’impiego delle forze armate, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella zona dell’Atlantico settentrionale”.
Quindi, del tutto peculiari, e non del tutto trasparenti, sono gli impegni che gli alleati assumono a favore dello stato aggredito. Infatti, l’affermazione che l’aggressione a uno sarebbe stata considerata un’aggressione a tutti rappresenta una petitio principii, priva di efficacia, se le contromisure non sono indicate con precisione. Proprio il punto il critico è rappresentato dalla mancata precisione con la quale le contromisure vengono indicate.
Da quanto contenuto nell’articolo 5, dunque, la natura delle azioni da intraprendere è lasciata ai singoli stati membri dell’Alleanza, i quali intraprendono “l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso delle forze armate”. In tal modo si introduce una duplice distinzione: la reazione non è necessariamente di natura militare e comunque, la natura di essa, è rimessa al “giudizio” delle parti interessate.
Si tratta in sostanza di una garanzia indiretta e di non facile attuazione.
Paradossalmente, se dovesse essere confermato che i missili caduti in Polonia siano in realtà S-300 ucraini, l’articolo 5 dovrebbe essere applicato nei confronti di Kiev, in quanto Stato aggressore di un paese membro dell’Alleanza Atlantica.
Foto: NATO / web