Mai soprannome fu più appropriato, visto che incontrare Al Husseini significa essere ossequiati con inchini e baci sulla fronte. Ma anche perché Husseini, che considera i soldati del contingente italiano nell’ambito della missione Unifil come suoi familiari, sa cosa vuol dire collaborare per tentare di costruire armonia e pace nel meridione del “Paese dei cedri”. Gli effetti del conflitto con Israele li conosce bene.
Nel 2006, quando era sindaco di Tiro, la guerra dei 33 giorni ha travolto lui e i suoi cittadini, ma lui non ha mai abbandonato il suo posto. Per questo, ancora oggi è considerato un eroe e i sindaci di tutte le municipalità lo rispettano e seguono i suoi consigli. “Siamo un popolo di testardi, vogliamo vivere con dignità nella nostra terra. Eravamo e saremmo ancora pronti a morire nella nostra città”, afferma con forza Al Husseini.
Lo “zio”, da uomo pratico e forte dell’esperienza data dai suoi ottant’anni, sa che l’ombra della guerra sempre in agguato, assieme a quella della Blue Line che segna un confine quanto mai incerto tra Libano e Israele, non favorisce lo sviluppo del suo Paese. E lui, che è responsabile di 60 municipalità, circa 250 mila persone di cui occuparsi cui si aggiungono migliaia di profughi palestinesi che vivono nei tre campi dislocati nel distretto di Tiro, non ha intenzione di rinunciare agli investimenti stranieri.
“È fondamentale la stabilità politica, ma lo è anche la sicurezza perché altrimenti nessun imprenditore straniero verrà mai ad investire qui”. Husseini si sente rassicurato dalla presenza di Unifil e spera che possa essere una delle certezze sulle quali puntare per costruire un futuro di pace.
“I soldati di Unifil stanno lavorando per la pace con sincerità. I militari italiani, in particolare, hanno saputo costruire con la popolazione un rapporto improntato al rispetto reciproco”.
I vertici del contingente italiano sono consapevoli che “i contatti con le autorità locali sono di fondamentale importanza”. Infatti gli incontri con sindaci e con il presidente Husseini vengono organizzati regolarmente presso le basi di Naquoura, Al Mansouri e Shama.
Lo zio, rassicurato dal contingente italiano e da Unifil, cerca a sua volta di rassicurare l’occidente su cosa voglia davvero il Libano. Su quanti destabilizzano la situazione interna attraverso il lancio di razzi verso Israele, è categorico: “Non c’è modo di definirli se non sabotatori, sono persone che non vedono di buon occhio il rapporto che si è instaurato tra forze Unifil e popolazione locale. Non so dire di chi si tratti con esattezza. Ma sono molti i servizi di sicurezza e di intelligence stranieri interessati a destabilizzare la regione. Di sicuro non si tratta di noi che viviamo nel Sud del Libano".
Daniela Lombardi