Nuova metodologia operativa contro le minacce dell’instabilità globale

(di Marco Bandioli)
11/05/21

Accade sovente che le definizioni fornite da un vocabolario per illustrare i vari significati di una parola non siano sufficienti per individuare quel particolare significato che la parola stessa può assumere in un contesto specialistico. Questo fatto assume una certa rilevanza nel mondo militare, dove il cosiddetto “militarese” ha sempre avuto la necessità di aggiornare o ridefinire in modo più opportuno un ragguardevole numero di termini, sia per evidenziarne i significati più propriamente “militari” e sia per rendere i termini stessi “più fruibili”, quindi impiegabili, anche da parte di istituzioni o amministrazioni non militari.

Un esempio emblematico è la definizione del termine “Terrorismo”, termine che solo da pochi anni ha raggiunto la sua versione finale, dopo una decina di anni di modifiche e limature semantiche, in un estenuante susseguirsi di oltre 150 definizioni che, nel pervicace desiderio del “politicamente corretto” (anche a favore dei terroristi), non riuscivano mai a comprendere tutte le nuove forme e le varie metodologie con cui il terrorismo poteva manifestarsi ed esprimersi, con la conseguente impossibilità di poterlo legalmente ed operativamente perseguire in via definitiva.

Occorre ora fare una premessa sul fenomeno della “globalizzazione”, fenomeno che negli ultimi anni ha consentito reali e molteplici benefici nei più svariati settori, da quello commerciale a quello tecnologico, da quello culturale a quello finanziario, da quello professionale a quello ricreativo. La globalizzazione ha influenzato, in una relazione biunivoca, anche molte realtà più propriamente “locali”, proiettando le stesse in un contesto più frammentato e andando così a creare il fenomeno della “glocalizzazione”, ovvero un effetto che si manifesta a livello locale come una naturale conseguenza o ripercussione di un evento avvenuto a livello globale. Come era facile prevedere, si sono anche globalizzate e glocalizzate varie e differenti minacce alla molto teorica “Sicurezza Globale”, con il pieno utilizzo di tutte quelle nuove risorse e possibilità fornite da un mondo globalizzato diventato improvvisamente più fruibile per tutti.

In tale contesto di globalizzazione internazionale si è verificato il fatto che anche un ragguardevole numero di pericolosi “giocatori” (definiti “attori”), di diversa natura ed estrazione, siano venuti inaspettatamente e rapidamente a contatto tra di loro creando quelle che sono state definite “le Nuove Minacce Ibride”, così chiamate in quanto messe in atto da personaggi o da organizzazioni in grado di unire le rispettive forze e capacità operative per conseguire determinati obiettivi, non necessariamente comuni.

Per fornire una immediata comprensione di come funzioni questo meccanismo tra differenti attori, si prendono sempre come esempio quelle situazioni di rapimenti/sequestri di turisti per i quali non si capisce bene “chi è che fa che cosa” in quanto coloro che rapiscono non sono coloro che detengono le vittime e non sono nemmeno coloro che chiedono un eventuale riscatto: i malcapitati/sprovveduti turisti (ma non solo i turisti!) vengono sovente spostati e venduti (o barattati), anche più volte, tra le diverse tipologie di attori (terroristi, criminali, pirati, trafficanti, banditi, delinquenti comuni) in cambio di denaro, droga, armi, munizioni, esplosivi, cibo, apparecchiature tecnologiche, pietre preziose, veicoli o combustibili… a seconda delle necessità del momento di chi vende, di chi negozia e di chi acquista. Senza contare l’eventuale e pianificata azione di “pressione politica” o di “persuasione forzata” esercitata sulle nazioni dei citati sprovveduti al fine di ottenere vantaggi politici, economici o di visibilità mediatica.

Tre principali dottrine hanno seguito negli anni gli sviluppi delle minacce ibride: la “dottrina Liang-Xiangsui” (“Dottrina della guerra asimmetrica senza limiti tra terrorismo e globalizzazione” - 1999), la “dottrina delle NHTs” (“Dottrina NATO delle New Hybrid Threats” - 2010) e la “dottrina Gerasimov” (“Dottrina del gen. Valerj Gerasimov” - 2013). Tali dottrine hanno evidenziato il fatto che queste nuove minacce possono creare dei processi dinamici in grado di generare conflitti armati imprevedibili e capaci di materializzarsi in tempi ristretti, conflitti armati di natura “non convenzionale” (ovvero che impiegano modalità innovative, non tradizionali), “asimmetrici” (con forze contrapposte molto diseguali per consistenza, armamento e tecnologia) ed a “bassa intensità” (che impiegano unità di piccola/media consistenza in scontri limitati).

Nell’ambito delle Minacce Ibride, per inciso, sono comprese anche particolari tipologie di “attività” definite “Operazioni di Guerra Non Militari”, ovvero “Non Military War Operations” (NMWOs), attività che, peraltro, alcune Nazioni considerano come veri e propri “atti di guerra”. Si tratta, in particolare, di attività che possono risultare gestite sia da governi che da organizzazioni civili, private, non governative e quindi, per l’appunto, “Non Military”, e sono orientate a creare varie forme di destabilizzazione in uno specifico Paese preso come obiettivo. Si tratta di attività e di sistemi di varia natura tesi a garantire l’impunibilità di criminali e delinquenti, oppure gestire il traffico illecito di stupefacenti, di uomini e di armi, facilitare la diffusione di sostanze psicotrope tra i giovani, usare in modo improprio e fazioso gli aiuti umanitari, promuovere la difesa politica di presunte identità etniche o anche sovvenzionare, facilitare e difendere il diffondersi di teorie politiche e/o religiose finalizzate al sostegno di ideologie ostili.

Per completezza di informazione, le operazioni di guerra non militari si collocano in posizione quasi complementare alle più note “Operazioni Militari al di fuori della guerra”, ovvero le “Military Operations Other Than War” (MOOTW), che sono vere e proprie operazioni militari, condotte da militari, ma in assenza di uno “stato di guerra” ufficialmente dichiarato, come ormai avviene sistematicamente.

Comunque sia, alle nuove Minacce Ibride, si sono andati a sommare, soprattutto in particolari “aree regionali” del pianeta, anche gli effetti di quei micro-conflitti causati sia dalle nuove forme di “Guerre per procura” (Proxy War) e sia dalle nuove “Guerre per i metalli rari” (Rare Metals War).

Le Guerre per Procura (chiamate nel periodo della Guerra Fredda “guerre catalitiche”), sono quei conflitti “non palesati” tra due nazioni che vengono però condotti sul territorio di una terza nazione (come in una reazione chimica dove un terzo agente agisce da “catalizzante”) cercando talvolta di coinvolgere nel conflitto, per questioni politiche e/o di sostegno, più nazioni possibili. In buona sostanza si tratta di conflitti armati in cui possono essere coinvolte, anche contemporaneamente, sia forze “statuali” (unità militari regolari o unità paramilitari iscritte “a ruolo”), che forze “non statuali” (milizie combattenti, bande armate, guerriglieri, mercenari) nonchè forze “private” (“military contractors” appartenenti a compagnie militari private) che talvolta operano per conto di coloro che non intendono risultare ufficialmente coinvolti. In tale contesto rientrano anche le varie attività di finanziamento, di addestramento e qualsiasi forma di assistenza militare, compresa quella cibernetica.

È opportuno notare che nell’ambito delle guerre per procura, soprattutto nelle fasi iniziali di maggiore indeterminazione e in cui la famosa “comunità internazionale” non sa ancora bene dove collocarsi e a chi dare ragione (ovvero se schierarsi politicamente dalla parte di un governo legittimo o dalla parte illegittima di fazioni in rivolta), i ribelli vengono normalmente, e più nobilmente, definiti come “insorti” (“insurgents”) in quanto risulterebbe poco elegante schierarsi ufficialmente, soprattutto in assenza di una scusa valida, dalla parte di forze ribelli o sovversive. Lo stesso accade per i “terroristi”, che talvolta vengono fatti passare per “guerriglieri per la libertà” o come per i “pirati”, che spesso vengono fatti passare per “comuni banditi”.

È certamente vero che nelle varie forme di “guerra irregolare”, dove non è fisicamente individuabile un fronte di combattimento, le diverse forze combattenti adottano inevitabilmente le medesime tattiche di guerriglia o di contro-guerriglia, ma questo non significa che si debba mettere sullo stesso piano etico e morale un terrorista con un guerrigliero, un pirata con un contractor o un bandito con un poliziotto. Anche in questi casi la questione delle definizioni è determinante in quanto esiste sempre il tentativo politico-legale, puro esercizio di ermeneutica, di derubricare determinate azioni criminali e/o terroristiche giocando su una presunta legittimazione derivante da un presunto “status giuridico” diverso da quello reale, evocando magari anche una presunta “giusta causa”.

Nell’ambito della disamina dei nuovi micro-conflitti si può inoltre accennare alle “Guerre per i metalli rari”, da non confondersi con le “Guerre per i metalli preziosi”, che sono in atto da sempre per soddisfare la richiesta di oro e di diamanti.

Le attuali necessità del mercato globalizzato, nonchè della famosa “ecologia sostenibile”, hanno riacutizzato in modo esponenziale quei micro-conflitti per il predominio sulle fonti energetiche, in questo caso inerenti l’estrazione e l’approvvigionamento dei cosiddetti “metalli rari”: una cinquantina di metalli tra i quali litio, cobalto, rodio, niobio, neodimio e praseodimio. Tali metalli rari, come anche certi minerali, sono utili non solo per soddisfare le necessità dei più disparati settori tecnologici ma sono ora anche considerati irrinunciabili per soddisfare le richieste della nuova “tecnologia pulita”, ovvero per produrre tutte quelle batterie indispensabili per i nuovi veicoli a propulsione elettrica.

I metalli, le miniere e tutti coloro che sono addetti alla loro estrazione, al loro immagazzinamento ed al loro trasporto richiedono elevati livelli di protezione e di sicurezza generalmente garantiti da formazioni armate paramilitari chiamate a fronteggiare altri gruppi armati, della più disparata natura, spesso gestiti da occulti committenti che cercano di imporre il proprio predominio su miniere e giacimenti.

Gli effetti di tutte queste problematiche si sono inevitabilmente riversati, sebbene in differenti modi e misure, su quasi tutte le Nazioni che però hanno adottato approcci molto diversi alle varie questioni, assumendo atteggiamenti fortemente influenzati dalla volontà politica del momento, dal proprio retaggio storico e culturale nonchè dagli interessi economici prevalenti. In particolare, quelle Nazioni che possiedono una visione geostrategica di maggiore ampiezza hanno già individuato quelle che potrebbero essere delle nuove dottrine operative di contrasto alle varie minacce illustrate.

Nel merito, si sta consolidando una nuova dottrina che risulta essere un connubio tra la riformulazione di una “vecchia” dottrina, a suo tempo impiegata dall’OSS statunitense (Office of Strategic Service - l’antesignano della CIA) e conosciuta come “Guerra di Soglia” (Liminal Warfare), ed una recente dottrina di “fusione operativa” definita “Guerra a Mosaico” (Mosaic Warfare).

Una precisazione: il termine “Warfare” viene universalmente tradotto come “Guerra” ma in realtà si deve invece intendere come “metodologia per una specifica forma di combattimento” (es. Guerrilla Warfare, Anti-submarine Warfare, Amphibious Warfare…).

La Guerra di soglia, o liminale, è una metodologia che va a stabilire dei “criteri di soglia” entro od oltre i quali è opportuno che una operazione militare, gestita da un Paese democratico, sia condotta in modo palese (overt) oppure in modo occulto (covert) In tale contesto esistono quattro livelli di soglia, chiamati “strati di azione”: lo strato di azione “superliminale” (overt), dove sia l’operazione che il mandante sono evidenti; lo strato di azione “subliminale ambigua” (subliminal), dove sia l’operazione che il mandante sono presunti ma non certi; lo strato di azione “subliminale occulta” (covert), dove l’operazione è occulta ma, se scoperta, deve rimanere segreto ad ogni costo il mandante; lo strato di azione “subliminale clandestina” (covert clandestine), si tratta di una operazione occulta totalmente segreta (compreso il mandante) definita anche come “black operation”.

A livello di Comando strategico o operativo, la soglia può anche stabilire, per una specifica missione, quali siano i criteri per i quali l’operazione stessa possa proseguire oppure debba essere annullata: in base percezione della propria presenza da parte del nemico o in base alla propria scoperta e/o eventuale identificazione, con la conseguente individuazione del mandante. Per inciso, per assolvere una missione su un particolare obiettivo, per una questione di specifica competenza operativa e di specificità dell’obiettivo stesso, viene attivata una determinata unità operativa piuttosto che un’altra (l’importanza delle definizioni!). Per esempio, una unità demandata ad effettuare azioni di Antiterrorismo (attività e misure di carattere difensivo e di reazione tese a ridurre la propria vulnerabilità ad eventuali attacchi terroristici) difficilmente verrà mandata ad effettuate azioni di Controterrorismo (attività e misure di carattere offensivo tese a produrre prevenzione, deterrenza e risposta ad eventuali attacchi terroristici, prevedendo anche operazioni di proiezione, ricerca e soppressione dei terroristi “a casa loro” o presso i loro fiancheggiatori).

Come già anticipato, la Guerra di Soglia si va a calettare con la innovativa Guerra a Mosaico. L’idea di Guerra a Mosaico nasce da lontano, da un progetto dell’agenzia DARPA (Defence Advanced Research Projects Agency) relativo ad un processo di acquisizione, valutazione e diramazione di informazioni (integrazione tra cyber-defence/offence e net-centric warfare) per favorire le attività di “comando e controllo” di Forze “costituite a pacchetto”. Tale idea di “Forze a pacchetto” si è sviluppata e concretizzata nell’attuale dottrina della Guerra a Mosaico, dottrina che prevede la costituzione e l’impiego di una o più forze operative dedicate ad operare nell’ambito di conflitti asimmetrici e alla presenza di minacce multiple. Ogni Forza è una “Forza di fusione operativa”, è come un mosaico formato da varie “tessere”, ovvero dai vari “gruppi operativi” che possono essere rapidamente acquisiti grazie alla loro precostituita disponibilità da parte della Forza Armata di appartenenza. Questo significa che la Forza che si va a creare può avere a disposizione sia quegli uomini che quei mezzi ritenuti più idonei per l’assolvimento della specifica missione assegnata nel pieno rispetto dei parametri operativi richiesti.

Dette Forze, di limitata consistenza, hanno il grande vantaggio di essere rapidamente rimodulabili, possiedono una elevata flessibilità di impiego, sono strutturate per azioni isolate in un contesto di conflitto “non dichiarato”, asimmetrico, e possono avere elevate capacità di proiezione anche a lungo raggio. In caso di impiego in operazioni occulte possono avvalersi, per la loro natura modulare, anche di distaccamenti operativi di contractor, forniti dalle numerose compagnie militari private, le cui attività militari, proprio in ragione della loro natura privatistica, non possono essere ufficialmente attribuite a specifici Governi, Agenzie parastatali o Organizzazioni filogovernative.

In definitiva, l’integrazione tra la “Guerra di Soglia” e la “Guerra a Mosaico” stabilisce sia l’assetto strutturale di una Forza operativa innovativa e sia la sua metodologia di possibile impiego nelle aree più pericolose, caotiche, instabili ed ingovernabili del pianeta.

In estrema sintesi: “Pensare globalmente per agire glocalmente, ovvero pensare strategicamente per colpire tatticamente”.

Foto: Twitter / U.S. Army / U.S. Coast Guard / Marina Militare / Asianewsphoto / Combating Terrorism Center / USAF