Il conflitto aperto tra Israele e Hamas è ormai un tragico dato di fatto. Mentre la comunità internazionale dibatte sulla legittimità delle modalità di operazioni svolte dall’IDF nella striscia di Gaza, gli attacchi continuano incessanti da entrambe le parti seminando morte e distruzione.
Sui media spesso si disquisisce in maniera superficiale sui metodi impiegati senza ricordare che i conflitti armati hanno anch’essi le loro regole stabilite, oltre che dal diritto consuetudinario, anche dal diritto internazionale umanitario; in particolare, esistono regole accettate dai Paesi che le hanno ratificate che sono contenute sia nelle Convenzioni di Ginevra del 1949 sia in due Protocolli addizionali del 1977. La difficoltà giuridica nello stabilire ciò che è “legittimo” in questo caso è molto complessa tenendo conto che lo stato palestinese legittimo, la cui qualifica di "Stato" è ancora controversa, ha ratificato sia le Convenzioni di Ginevra del 1949 che i Protocolli addizionali del 1977 mentre lo stato di Israele solo quelle di Ginevra.
Un altro problema è la determinazione se Gaza continui a far parte dello stato palestinese (che ha sede in Cisgiordania), posizione non accettata dalla Corte suprema di Israele che, nonostante il ritiro del 2005, considera la Striscia ancora un territorio occupato. Quale che siano le ragioni, le ostilità con Hamas potrebbero essere qualificate come un conflitto armato internazionale o interno.
Al di là delle legittimità reciproche, internazionalmente vi è una comune preoccupazione sia per una possibile intensificazione del conflitto sia per le conseguenze sulla popolazione della striscia di Gaza il cui numero di vittime civili sta aumentando in maniera preoccupante. Purtroppo al dolore del momento si somma la semina di un odio profondo, sia da una parte che dall’altra, che non farà che alimentare i conflitti futuri nell’area.
Il settore marittimo
Nel panorama degli ultimi giorni voglio segnalare due eventi avvenuti sul mare e dal mare che ritengo debbano essere noti e correttamente interpretati.
Il cacciatorpediniere lanciamissili classe Arleigh Burke USS Carney (DDG 64) è schierato nell’area operativa della 5a flotta degli Stati Uniti per contribuire a garantire la sicurezza marittima e stabilità nella regione del Medio Oriente.
Il Carney ha ingaggiato tre missili Houthi e un numero imprecisato di droni Houthi nel Mar Rosso, il 19 ottobre. Nonostante la destinazione finale di questi missili sia sconosciuta, essi hanno una portata di oltre 2.000 chilometri (circa 1.240 miglia) per cui potrebbero essere in grado di colpire obiettivi in Israele. Per quanto concerne i droni, gli Houthi hanno una vasta gamma di droni kamikaze a lungo raggio, acquisiti con l’assistenza iraniana, già impiegati in attacchi precedenti.
In particolare, sono considerati particolarmente insidiosi i missili cruise iraniani Hoveyzeh (or Soumar) e lo Shahed 136, un drone esplosivo pesantemente impiegato anche dalla Russia in Ucraina, che ha un raggio di azione maggiore di 2,500 chilometri.
È difficile dire se sia il preludio di un allargamento del conflitto o semplicemente azioni di “simpatizzanti” della causa di Hamas come nel caso delle azioni di fuoco effettuate recentemente dagli Hezbollah sul confine libanese.
Un secondo evento, che ha riguardato sempre il campo marittimo, è avvenuto martedì sera (24 ottobre) da parte di incursori appartenenti alle forze di Hamas contro una base israeliana. Hamas ha dichiarato: “Una forza di uomini rana affiliati alle brigate Al-Qassam è riuscita a infiltrarsi via mare e via terra sulle spiagge di ‘Zikim’ a sud di Ashkelon occupata, e ora si stanno verificando scontri armati con l’esercito di occupazione in quella zona” - comunicato pubblicato su Telegram intorno alle 20:30, ora locale (13:30 EST).
In risposta Israele ha ribadito, sempre su Telegram: “Oggi, le forze navali dell’IDF hanno individuato una cellula terroristica di Hamas che usciva da un tunnel sulla costa della Striscia di Gaza e tentava di infiltrarsi nel territorio israeliano via mare, vicino a Zikim” … “La Marina israeliana, l’IAF e i soldati di terra hanno colpito i terroristi e hanno contrastato il loro tentativo di infiltrazione. Aerei da combattimento dell’IDF e soldati della marina hanno colpito il tunnel e il magazzino di armi utilizzato dai terroristi nella Striscia di Gaza.”
Un’azione che non sorprende in quanto la milizia di Hamas ha da tempo creato un’unità navale dotata di battelli veloci e subacquei con il compito di operare occultamente in territorio israeliano per attaccare le basi dell’IDF.
Secondo fonti aperte, Hamas avrebbe acquistato equipaggiamenti, compresi scooter subacquei commerciali, sul mercato commerciale mentre gli istruttori, con probabile istruzione nel mondo civile, hanno nel tempo studiato e perfezionato tattiche di attacco occulto.
Non è la prima volta: nel luglio 2014, durante l’invasione israeliana di Gaza, quattro agenti di Hamas armati di armi automatiche, esplosivi e granate, nuotarono occultamente fino a riva vicino al Kibbutz Zikkim, sulla costa meridionale di Israele, e cercarono di distruggere un carro armato israeliano prima di essere uccisi.
Secondo un portavoce delle IDF, Daniel Hagari, nell’ambito dell’organizzazione palestinese è stato creato nel tempo un reparto di sommozzatori incursori composto da centinaia di uomini, divisi in singole unità da cinque a quindici persone, in possesso di equipaggiamenti commerciali di superficie e subacquei ad uso civile ma anche di piccoli mezzi veloci per operazioni occulte di sabotaggio ed attacco ad obiettivi israeliani.
Secondo Shaul Chorev, un ammiraglio israeliano in pensione, a capo del Centro di ricerca sulla politica e la strategia marittima dell’Università di Haifa, Israele negli ultimi anni è sempre più preoccupato della possibilità di Hamas di effettuare attacchi marittimi occulti contro bersagli militari, in particolare il sistema di difesa Iron Dome utilizzato per abbattere i razzi lanciati dai militanti a Gaza.
La Marina israeliana ha già sventato con successo molteplici tentativi di infiltrazione di Hamas via mare, sia durante che dopo la recente incursione nel sud di Israele all’inizio di questo mese. Ciononostante l’uso del mare, come canale di infiltrazione, rappresenta una sfida complessa che spesso può eludere anche le tecnologie di sorveglianza più moderne e sofisticate.
Nel frattempo continua il gioco degli ostaggi, un mezzo per prendere tempo con la speranza che altri gruppi si uniscano contro lo stato di Israele. Per il momento l’intervento dell’IDF è stato ritardato grazie ai tentativi internazionali di mitigare l’ennesimo spargimento di sangue tra le due parti in cui le vittime, come sempre, sono spesso innocenti civili.
La tensione è alta e, ora più che mai è necessaria un’azione urgente per affrontare la crisi umanitaria e cercare una strada percorribile verso una soluzione accettabile tra le due parti in quel tormentato territorio.
Foto: tasnimnews / U.S. Navy / web
* ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
(articolo originariamente pubblicato su https://www.ocean4future.org)