Nel corso dell’ultimo periodo della Guerra Fredda, le Potenze occidentali svilupparono e costruirono MBT dalla massa elevata (il British Army, già negli anni ’50 e ’60 del XX secolo, aveva intrapreso questa strada con i carri pesanti Centurion e Chieftain, rispettivamente con una massa di 51 e 56 t), aumentandone lo spessore della corazzatura stratificata. Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 dello scorso secolo fecero la loro apparizione l’americano M-1 Abrams, il britannico Challenger e il tedesco occidentale Leopard 2. Tali MBT, nel corso dei successivi decenni, vennero sottoposti a un processo di sviluppo che ne aumentò ulteriormente il peso.
Nel 2020 lo U.S. Army ha introdotto in servizio la versione più recente dell’Abrams, denominata M-1A2 SEPv₃ (System Enhancement Package version 3) che raggiunge la massa di 73.500 kg. L’aumento esponenziale della protezione è frutto dell’insegnamento appreso nei recenti teatri operativi, che hanno visto la proliferazione di sistemi d’arma assai letali per i corazzati (vedi l’utilizzo dei droni “suicida” nel recente conflitto del Nagorno Karabakh).
Ovviamente, gli MBT di tali dimensioni costituiscono un aggravio non indifferente sia dal punto di vista dei costi di produzione che della logistica, anche per gli eserciti più moderni. Per fare un esempio, un LCAC (hovercraft) ha carico massimo di 60 t quindi risulta impossibilitato a trasportare le ultime versione dell’Abrams. Anche per questo motivo, il Corpo dei Marine, stia dismettendo gli MBT, in quanto la loro movimentazione nel Pacifico Meridionale, per mezzo degli LCU (Landing Craft Utility), sarebbe troppo lenta e quindi andrebbero a costituire un facile bersaglio per i sistemi missilistici cinesi.
Va inoltre considerato che, secondo gli studi effettuati dai Marines e dallo U.S. Army, i futuri teatri operativi saranno prevalentemente dominati dagli ambienti urbani. Ciò condizionerà inevitabilmente le caratteristiche tecniche dei futuri veicoli corazzati, i quali dovranno avere dimensioni e pesi contenuti, protezione attiva a 360°, minore lunghezza della bocca da fuoco, mitragliatrici a comando remoto, munizionamento programmabile e guidato, ecc.
Ecco perché appare quanto mai poco funzionale la decisone della Difesa italiana di aggiornare un carro come il C-1 Ariete (foto), il quale era già antiquato quando venne presentato alla stampa nel 1987. Nel corso dell’anno dovrebbero essere ultimati i tre carri prototipi, al costo di 36 milioni di euro (per quanto riguarda gli interventi cui saranno sottoposti gli Ariete rimandiamo ai precedenti articoli).
Proprio tenendo conto dei futuri scenari operativi si dovrebbe puntare a un mezzo più funzionale. Rheinmetall ha presentato un carro medio basato sulla piattaforma del veicolo corazzato da combattimento per la fanteria Lynx KF41, armato con cannone LLR (Light Low Recoil) L47 da 120 mm (in grado di sparare il munizionamento di ultima generazione DM11). Una simile soluzione offrirebbe in termini di mobilità, potenza di fuoco e protezione prestazioni nettamente superiori rispetto al C-1 Ariete, con costi decisamente inferiori. L’industria nazionale potrebbe partecipare al programma fornendo il sistema di protezione attiva (sistemi Trophy).
Altra necessità impellente riguarda la sostituzione dei vetusti IFV Dardo. Anche in questo caso la soluzione potrebbe essere l’adozione del Lynx KF41 con torretta armata con cannone da 35 mm (vedi articolo).
In pratica si potrebbe creare un binomio MBT Lynx/AIFV Lynx con i quali equipaggiare le brigate corazzate/pesanti Ariete e Garibaldi. In modo tale da poter disporre di due grandi unità equipaggiate con mezzi all’altezza degli attuali e futuri scenari operativi.
Foto: Rheinmetall / U.S. Army