In Siria ed in Iraq è in corso un’altra guerra che, probabilmente, non interessa all’opinione pubblica, ma che è di fatto in atto dalla prima missione aerea contro lo Stato islamico. Una guerra silente, ma essenziale per acquisire preziose informazioni che potrebbero sancire la vittoria nei conflitti futuri.
Tra le innumerevoli piattaforme schierate nella Regione, gli USA hanno optato per alcuni Raptor. La storia dell’F-22 è nota. Il miglior caccia del mondo e primo velivolo della storia per cui è stato coniato il termine di “dominio aereo” è stato costruito in pochi esemplari. Il Pentagono ha acquistato soltanto 187 F-22, ma solo 123 sono stati convertiti al combattimento. Il resto dei caccia sono classificati come macchine di inventario, destinati ad attività di test o fuori servizio.
Il problema principale è che l’Air Force, considerando le minacce attuale ed i contesti dove è necessaria la presenza di una piattaforma di quinta generazione, avrebbe bisogno di 382 Raptor. Nonostante questi numeri impietosi, gli Stati Uniti hanno schierato nella Regione il Raptor. Appare evidente che il contributo del caccia di quinta generazione è stato limitato per lo più alla scorta, con il suo potentissimo apparato software al servizio degli altri aerei della coalizione a cui è demandato il “lavoro sporco”. I suoi sensori contribuiscono a proteggere l’intera flotta e sono determinanti per scovare i nemici oltre il raggio visivo, anche se appare evidente che il Raptor non è stato progettato per ruoli contro-insurrezionali.
Sarebbe corretto rilevare, però, che il cielo dell’Iraq non rappresenta un’ambiente con un alto livello di minaccia. Per farla breve: anche l’F-15 avrebbe potuto assolvere (e lo sta facendo) questo ruolo, senza la necessità di schierare gli esigui Raptor a disposizione.
Diversa la situazione siriana con l’attivazione di una nuova linea stratificata di difesa russa terra-aria. La linea S-300/S-400 non è stata schierata di certo contro la forza aerea del Califfo: quest’ultima non esiste. Ma tramite quei sistemi è reale, invece, la possibilità di carpire, catturando le emissioni elettromagnetiche del Raptor, i segreti del caccia ad oggi più potente del mondo. E la Siria, nonostante Russia ed USA non siano in guerra, rappresenta un valido teatro dove testare i propri sistemi, affinando le proprie capacità e migliorando le piattaforme ancora in via di sviluppo (primo tra tutti il futuro T-50).
Inutile sottolineare che le operazioni di volo degli F-22 potrebbero svelare informazioni fino a poco prima dell’impegno in Siria, soltanto ipotizzate dall' intelligence russa. Dati essenziali per migliorare, ad esempio, gli algoritmi di monitoraggio dei sistemi di Mosca. Gli Stati Uniti si trovano dinanzi la necessità strategica di nascondere le caratteristiche dei propri sistemi d’arma, limitando l’utilizzo di avionica avanzata che, proprio in Siria, non è necessaria.
L’F-22 è stato progettato per eccellere in situazioni estreme di combattimento aria-aria, grazie ai suoi sistemi di difesa aerea ed al profilo stealth, in un contesto che potremmo definire quasi ideale tra potenze aeree.
La soluzione? Impiego massiccio dei A-10, il velivolo più adatto per questo tipo di ambiente operativo e per le sue caratteristiche: potenza di fuoco e tecnologia di fascia medio-bassa.
Il rischio? Semplice. “Regalando” al nemico l’avionica di ultima generazione e le tattiche operative, gli USA rischiano di perdere la prossima battaglia per un avversario che saprebbe già come adattarsi alle sue piattaforme di ultime generazione a cui, in teoria, sarebbe demandato il primo (e forse più importante) attacco.
(foto: Lockheed Martin)