Taiwan e Ucraina legate da un filo di finanziamenti. E non solo...

(di Giuseppe Morabito)
02/08/23

A quanto pare da notizie di stampa, il presidente americano Biden chiederà al Congresso di finanziare armamenti a favore della Repubblica di Cina - Taiwan come parte di una richiesta di bilancio supplementare a favore dell'Ucraina: questo, si ipotizza, nel tentativo di accelerare la fornitura di armi all’isola vittima della crescente minaccia di invasione da parte della Cina Popolare.

L'Office of Management and Budget includerebbe finanziamenti per Taiwan nella richiesta supplementare come parte di uno sforzo per accelerare la fornitura di armi all’isola culla della democrazia nell’Indo Pacifico (cosa che è mal “digerita” dal vertice del partito comunista cinese a Pechino).

Se la proposta fosse approvata dal Congresso, Taiwan otterrebbe per la prima volta armi attraverso un sistema finanziato dai contribuenti statunitensi noto come "finanziamento militare estero".

La Casa Bianca dovrebbe presentare la richiesta questo mese e tale azione presidenziale nei confronti del Congresso arriva sulla scia dell'annuncio della Casa Bianca secondo cui gli Stati Uniti forniranno per la prima volta 345 milioni di dollari di armi (dalle scorte) a Taiwan, nell'ambito di un sistema noto come "autorità presidenziale" che è già stato utilizzato per inviare armi all'Ucraina.

La decisione di includere i finanziamenti di Taiwan nel budget supplementare per fornire armi sottolinea una crescente sensazione che ci sia urgenza di aiutare Taipei. Si ipotizza che analisti/gruppi di pressione che agiscono negli USA a favore della Repubblica di Cina - Taiwan abbiano esortato Washington a fornire armi più rapidamente mentre la Cina Popolare aumenta l'attività dell’apparato militare e minaccia militarmente costantemente Taipei.

"Questo sarebbe un passo monumentale che segnala fino a che punto il governo degli Stati Uniti è ora disposto a spingersi per accelerare la deterrenza attraverso lo Stretto di Taiwan", ha affermato Eric Sayers, amministratore delegato di Beacon Global Strategies, una società di consulenza di Washington.

“Per decenni abbiamo scelto di vendere solo attrezzature militari a Taiwan, ma ora stiamo assistendo al dispiegamento sia di armi sia del finanziamento militare proprio come ha avuto tanto successo in Ucraina", ha aggiunto Sayers.

Secondo l'US-Taiwan Business Council, un gruppo di pressione pro-Taiwan, Taipei parrebbe ancora in attesa della consegna di 23 miliardi di dollari di vendita di armi, inclusi missili antiaerei e droni di sorveglianza, che sono stati approvati dalle successive amministrazioni statunitensi. Molti analisti e comandanti militari statunitensi hanno spesso espresso frustrazione per la lentezza delle forniture delle armi che necessitano a Taiwan per migliorare la propria sicurezza. La Casa Bianca ha rifiutato di commentare o rivelare dettagli su quanti fondi sarebbero stati chiesti per destinarli a Taiwan e, comunque, l'eventuale approvazione del Congresso sul bilancio supplementare - che si concentrerà prevalentemente sulla nuova assistenza militare per l'Ucraina - sarà la prima prova del sostegno a Kiev nell'attuale Congresso.

Un gruppo di Repubblicani della Camera ha recentemente cercato, non riuscendo, di utilizzare il disegno di legge annuale sulla difesa per limitare il sostegno degli Stati Uniti all'Ucraina, segno che anche un piccolo gruppo di legislatori potrebbe mettere in pericolo o ritardare l'assistenza futura. Non sbaglia chi ipotizza che Biden nell’includere Taiwan nel “piano di spesa” blocchi ogni tentativo al ribasso degli aiuti all’Ucraina dato che le due cose sono legate.

Il partito comunista cinese ha, da sempre, indipendentemente da quale governo stesse tenendo le redini della Repubblica di Cina - Taiwan, sostenuto la necessità di annettere l’isola facendo forza sul principio “Una sola Cina” perché’ l’isola è arbitrariamente considerata da Pechino una “provincia ribelle”.

In Cina Popolare la propaganda di partito recita che sarà anche necessario combattere (e morire) per convincere i ribelli a divenire parte del paese. Una azione che vorrebbe, quindi, che il governo democratico di Taipei, pressato e teso a non accettare di entrare in guerra, si arrendesse a Pechino e acconsentire, di conseguenza, a similitudine dell’odierna realtà che si vive a Hong Kong, di trasformare la “provincia” in un’isola occupata e amministrata con le regole del regime comunista.

Al momento, per fortuna, a Taipei c’è la certezza che chiunque, al governo, accettasse la teoria e le pressioni di Pechino sarebbe visto come un traditore della Patria e sarebbe costretto alle dimissioni. I taiwanesi si sentono parte di un paese indipendente che non è, e non vorrebbe essere, controllato di un regime comunista e la stragrande maggioranza dei taiwanesi pensa tuttora che Cina Popolare e Taiwan rappresentano due differenti paesi.

La posizione della Cina Popolare rimane sempre la stessa: “la Repubblica di Cina – Taiwan non esiste da quando ha perso la guerra civile nel 1949 e ha quindi cessato di essere uno stato sovrano”. Negli anni è apparso evidente come per l’autarchia che governa Pechino l’obiettivo non sia quello di mantenere lo status quo e l’armonia ma solamente l’annessione dell’isola a qualsiasi costo.

Il partito comunista ha continuato ideologicamente, durante le sue riunioni oceaniche, a dare mandato al governo di Pechino di usare le maniere forti sia mantenendo la minaccia missilistica verso l’isola sia investendo in modo importante nello strumento militare a ribadire, se ce ne fosse ancora bisogno, che le parole che devono guidare la politica dello Stretto sono due “Deterrenza e Intimidazione”.

Per quanto riguarda il nostro paese, nel recente incontro del presidente Meloni con il presidente Biden è stato confermato che i due paesi si consulteranno bilateralmente sulle sfide poste da Pechino. Anche per il nostro governo è vitale l’importanza del mantenimento della pace e della stabilità nello stretto di Taiwan.

Foto: Taiwan MoD / Twitter / presidenza del consiglio dei ministri