Una “Caserma Virtuale”: storie e ricordi che riconnettono generazioni di commilitoni

(di Gianluca Celentano)
13/09/24

I social, ormai, sono diventati la via principale per acquisire informazioni e condividere le proprie idee e il proprio lavoro. Se si riesce a evitare l'abisso delle fake news che talvolta li contaminano, le piattaforme online, con la loro rapidità e capillarità, hanno persino superato l’ormai nostalgica televisione, diventata un sottofondo di compagna.

Sebbene il funzionamento degli algoritmi rimanga spesso un mistero, è interessante osservare fenomeni di successo come quello della pagina Facebook privata "Ricordi di vita militare", creata nove anni fa per ricongiungere ex commilitoni. Conta oltre 26 mila membri, tutti legati da un passato comune nelle Forze Armate. Per accedervi, occorre documentare il proprio trascorso militare, meglio con una foto e con l’indicazione del proprio scaglione o blocco. Ce ne sono molte altre di successo e interessanti nelle ricerche, alcune legate a specifici corsi, corpi o specialità, come i paracadutisti.

In un'epoca dove si pretende tutto e subito, queste piattaforme offrono l’opportunità di riconnettersi con i vecchi compagni d’armi, i vicini di branda nonché i fratelli di mille avventure. Più difficili sono le vere e proprie rimpatriate.

In questo contesto vorrei riproporre un episodio della mia esperienza aggiungendo dei particolari, un piccolo tassello alle tante foto e racconti affascinanti di chi ha servito il Paese.

Il campo invernale

Era gennaio o febbraio del 1989, quando il mio battaglione, il 3° Trasmissioni Spluga, partecipò a un campo invernale nei pressi di Ponte della Priula, in provincia di Treviso. In quell'occasione, eravamo aggregati alla Voloire, l’Artiglieria a Cavallo.

Io, volontario in ferma prolungata, ero il capo squadra di tre operatori ponti radio. Giunti sul luogo designato per installare le antenne RX e TX del complesso radio PR5, posizionammo il nostro ACM80, adeguatamente mimetizzato, in un avvallamento. Con noi c’erano due sottufficiali esperti di collegamenti radio, tra cui il sergente maggiore Rapisarda. La nostra parte al campo era stata organizzata già al battaglione dal maresciallo Formica, un esperto di trasmissioni.

Il PR5 era un complesso radio campale abbastanza ingombrante, dotato di quattro canali telefonici e un vecchio telefono grigio della SIP. Per mantenerlo operativo, utilizzavamo il GE205, un rumoroso generatore a benzina monocilindrico a 4 tempi che faceva compagnia ai nostri turni di guardia, alimentando le apparecchiature durante le gelide notti invernali, dove la temperatura scendeva fino a -20 gradi. Dormivamo nel cassone del camion, senza tende o riscaldamenti moderni, sui materassini beige (per fortuna non bucati) avvolti nei sacchi a pelo e vestiti con l’indimenticabile “superpippo” in lana. Al mattino, il ghiaccio all'interno degli anfibi, è un ricordo ancor oggi vivo.

Ricordo anche le rare docce al campo base e il cibo sempre saporito e piccante, fornito con puntualità.

La vita sul camion, il nostro "monolocale" improvvisato, aveva un ritmo duro seppur circondati dal silenzio della natura. Avevo con me la fondina per la Beretta 9 corto anche se dubito che qualcuno si sarebbe avventurato in quel luogo sperduto. Al campo base c’era il corpo di guardia, dove si effettuava l’ispezione dell’arma e munizioni, ma si poteva raggiungere solo in specifici orari; tutto era gestito dall’artiglieria. Sul prato erano stesi lunghi metri di fili per le comunicazioni telefoniche di campo, e non era difficile inciampare.

Durante la notte, uno dei nostri compiti era rifornire il generatore, un’operazione non sempre gradita, soprattutto alle due di notte. Il caporale Torriglia, genovese, aveva paura di farlo con il motore acceso, ripetendo continuamente: “C'è la candela, c'è la candela!” Nonostante i suoi timori, non abbiamo mai preso fuoco.

Il mitico ACM80

Ricordo anche una discesa molto ripida dell’ACM su un davanzale di terra che mi lasciò perplesso. Il capitano Romeo, ben conscio delle capacità del nostro ACM80, ci ordinò di proseguire. Io, non altrettanto convinto, gli dissi con tono acceso: “Capitano, si ribalta!” Lui mi guardò senza parlare, mentre il conduttore era visibilmente teso trovandosi quasi in verticale. Ma alla fine, il camion non si ribaltò in avanti, come ben sapeva il capitano. Davvero sorprendenti le qualità di quell’autocarro icona militare degli anni ‘80, costruito seguendo le esigenze specifiche militari; punto di non poco conto.

Il colonnello

Uno degli episodi più curiosi accadde quando ricevemmo la tanto attesa chiamata di controllo sul telefono grigio della SIP, unico oggetto vagamente riconducibile alla vita civile in quello sperduto contesto operativo. Risposi con disinvoltura, forse per esorcizzare lunghi giorni di isolamento: “Pronto, buongiorno.” Dall'altro lato una voce disse: “Celentano, come vanno le cose?” Senza riconoscere la voce, chiesi: “Scusi, con chi parlo?” La risposta fu secca: “Come con chi parla, sono il comandante!” Era il tenente colonnello Giuliano Laghi, il mio comandante di battaglione. Pensai di essere incenerito seduta stante, ma per fortuna rimase soddisfatto del nostro lavoro e non ci furono conseguenze. Lui, un ufficiale molto capace, fu promosso generale.

Giovani attivi e sicuri

Nonostante durante il servizio di leva la maggior parte dei giovani contasse i giorni mancanti al congedo e si mostrasse critico verso il militare, a distanza di anni dal congedo, per molti sembra subentrare una sorta di conversione etica verso quell'anno dedicato alla nazione.

La mia è solo una semplicissima storia delle tante che noi cinquantenni di oggi possiamo raccontare con un certo orgoglio, un frammento di giovinezza vissuto con sacrificio e dedizione; utile per affrontare le sfide della vita.

Grazie alle piattaforme online, possiamo rivivere quei momenti, apprezzando anche il progresso delle Forze Armate, che oggi offrono condizioni di lavoro più sicure e attrezzature moderne. Un viaggio nel passato che richiama in servizio i nostri ricordi e, in un certo senso, permette di riabbracciare virtualmente i nostri compagni d'avventura, riscoprendo le emozioni e le sfide di quei giorni all’interno di una “caserma virtuale”. Insomma, un richiamo in servizio che riesce a trasmettere quel fascino che inevitabilmente l’ambiente militare trasmetteva, e che oggi ferma il tempo facendoci sentire ancora giovani e attivi.

Foto: autore