Spiegare un giuramento è sempre cosa ardua, perché i sentimenti sono sempre difficili da spiegare. Da parecchi anni seguo direttamente o indirettamente il giuramento degli allievi del primo corso al Morosini di Venezia. E come sempre apprezzo le attività preparatorie, il cerimoniale impeccabile e l'eccellente lavoro svolto dagli ufficiali e dall'Assomorosini.
Come da tradizione gli allievi creano il loro vessillo. Questo anno gli allievi del primo corso si riconoscono nel nome di ᾿Αιθήρ, Aithḗr (greco antico), Etere nella traduzione in italiano. Si tratta di una divinità primigenia della religione e della mitologia greca che raffigura non solo l’aria superiore, riservata al solo respiro da parte degli Dei, ma anche la potenza del cielo più puro e la luminosità del giorno.
Etere viene indicato come figlio di Erebo (Ερεβος, le Tenebre) e Nyx (Nύξ, la Notte) e fratello di Emera (Ἠμἐρα, il Giorno). La scelta di questa divinità garantisce quindi il collegamento con il terzo corso e con il Dio Helios, in quanto Etere rappresenta la zona inaccessibile del cielo, dove vivevano gli Dei e dove era racchiusa la luce, ed inoltre perché sposò la sorella Emera con la quale generò la figlia Talassa, la cui paternità, secondo alcuni mitografi, è attribuibile invece proprio ad Helios. Così il vessillo di colore verde raffigura, al centro, la Divinità Etere con le ali spiegate. Le ali armoniose sono composte dallo stesso numero di piume degli allievi presenti nel corso. Il Dio non indossa l’armatura in omaggio alla “purezza” che incarna, il suo cinturone è guarnito da una testa di leone, sia simbolo dei valori di coraggio e perseveranza, sia in ricordo della vittoria di Etere nella lotta con la belva. Alle spalle una potente fonte di luce, rafforza le caratteristiche di sacralità e purezza della Divinità.
Naturalmente non poteva mancare il motto: “impossibilia somniare, incogitata pervenire” (sognare l’impossibile, raggiungere l’impensabile).
Ma, mercoledì, la cosa che più ha colpito molti ospiti presenti e gli allievi è stato il discorso del presidente dell'Associazione Allievi Scuola Navale Militare Francesco Morosini, dottor Francesco Businaro. L'ex morosiniano ha spiegato, con parole adeguate ai giovani, l'alto significato del giuramento.
Difesa Online offre agli affezionati lettori la possibilità di essere in media res nella cerimonia con la cruciale spiegazione...
Ammiraglio, comandante, autorità civili e militari, signori ospiti, genitori, allievi… pivoli, come tradizione tocca a me, rappresentante degli allievi che vi hanno preceduto, dire le prime parole per spiegarvi cosa vi accingete a fare oggi.
Lo farò come sempre, con la schiettezza appresa in questo luogo, con la franchezza del Marinaio.
Nella vostra esistenza di adulti, nel vostro futuro, molte saranno le giornate che lasceranno un segno indelebile nelle vostre memorie. Oggi è indubbiamente una di quelle.
Oggi, giorno del vostro Giuramento, se saprete esserne degni, sarà uno dei momenti della vostra vita che ricorderete con più commozione!
Quando, tra 40 o 50 anni, vi volterete a guardare la vostra vita, alla nostalgia si mescolerà l’orgoglio e vi renderete conto che quanto state per fare qui, ora, avrà determinato il vostro percorso professionale, la vostra dignità, il vostro essere Uomini e Donne di questo straordinario Paese.
Vi esorto quindi a vivere questi istanti con la consapevolezza che state compiendo qualcosa che resterà con voi per sempre e che vi guiderà negli anni a venire.
Oggi, siete entrati da quella porta come giovani adolescenti che indossano lo stesso abito; ne uscirete come giovani adulti facenti parte a tutti gli effetti della grande e nobile famiglia della Marina Militare, e quell’uniforme assumerà un valore diverso perché sarà con voi per sempre, tatuata nella vostra anima.
State per giurare davanti a una moltitudine di persone che rappresentano quella Nazione che oggi vi impegnerete a onorare, a difenderne le Istituzioni, a seguirne le Leggi.
Ne siete consapevoli?
Vi siete chiesti se siete pronti?
Avete chiare le implicazioni che ciò comporterà?
Ve lo chiedo perché so che a 15, 16 anni, le cose possono non essere percepite nel loro completo significato, quindi vesto i panni di un premuroso super anzianissimo per cercare di rendervi chiaro cosa sta per succedere, nel caso non abbiate analizzato le parole della formula del giuramento. A partire dalla parola stessa: giuramento, dal latino "iuramentum" ossia promessa, voto, con la quale si invocano gli Dei a testimoni della verità di quanto si afferma, richiamando su di sé la maledizione divina nel caso si sia pronunciata menzogna. In senso più attuale è una forma solenne di promessa, che impegna la propria coscienza di fronte agli altri, ma soprattutto di fronte a sé stessi.
Una promessa fatta sul proprio onore.
È da settembre scorso che siete qui e so di avervelo già chiesto. Lo faccio nuovamente ora: quante volte avete guardato quella scritta là fuori: “Patria e Onore”?
Avete riflettuto su cosa voglia dire essere persone onorevoli?
Ebbene, oggi giurate sul vostro Onore di essere servitori della Patria, di essere cittadini probi, di essere, in definitiva, persone per bene.
Perché questo è quello che la gente si aspetta da chi indossa una divisa: di essere una brava persona, altruista, corretta, leale, onesta, coraggiosa.
Tutti noi ci aspettiamo che siate un esempio, un incoraggiamento a pensare che questo Paese può ancora produrre una gioventù pulita, animata da buoni sentimenti, integra.
Questo che oggi vi caricate sulle spalle è un fardello pesante e che non ha scadenza: oggi giurate, molti di voi forse lo faranno di nuovo come militari o come civili, ma non sarà altro che un ripetere l’impegno che prendete oggi.
Un ribadirlo, un ricordarlo, con una maturità diversa forse, ma è oggi che lo fate per la prima volta.
Voglio che ne siate consapevoli, perché oggi vi si chiede di essere Adulti, vi si chiede di cominciare a pensare ma, soprattutto ad agire da Adulti.
Oggi finisce l’era del “voglio”, inizia l’era del “do”.
I vostri anziani e i vostri anzianissimi mi hanno già sentito citare questo esempio, meglio, repetita juvant. Ora lo racconto a voi.
Conoscete il comandante Salvatore Todaro? La sera del 16 ottobre del ‘40 era in Atlantico al comando del sommergibile Cappellini.
Avvista un mercantile, il Kabalo, e lo affonda. È la guerra, sono gli ordini, ma Todaro è soprattutto un Marinaio.
Osserva in silenzio l’equipaggio superstite del mercantile affondato stipato in un’unica scialuppa; 26 uomini destinati ad andare incontro a morte sicura.
Si avvicina, dà assistenza medica e fornisce cibo e acqua.
Li prende a rimorchio, il mare monta, la scialuppa affonda. Allora li raccoglie a bordo, non può più immergersi, rimane esposto agli attacchi aerei e di superficie.
L’approdo più vicino è alle Azzorre, a 750 miglia, e ci sono i cannoni Inglesi.
A cinque alla volta li sbarca col battellino di bordo, salvandoli tutti.
Al comandante in seconda del Kabalo che gli chiede che razza di uomo sia per aver corso quel rischio risponderà: “sono solo un uomo di mare”.
Non riceverà medaglie per questo se non quelle della riconoscenza di quegli uomini e delle loro famiglie.
Una donna portoghese gli scriverà: “Felice la nazione che ha uomini come voi”.
È questo l’impegno che vi assumete oggi.
Quello di essere Uomini e Donne di cui la Nazione possa andare fiera, di cui voi stessi possiate essere fieri, della vostra coscienza, del vostro onore,
Oggi giurate fedeltà alla Patria, ai suoi valori fondanti, alle tradizioni della Marina.
Oggi vi impegnate a rendere sacre le parole che campeggiano là fuori sancendo il vostro perseguire valori che molti irridono, ma di cui quest’Italia ha un disperato bisogno.
È Italia alla quale affidate la vostra promessa.
E l’Italia siamo noi, è la gente che incrociate per strada, i vicini di casa, il tizio al bar, quello che vi ha appena spinto per montare in vaporetto. I contribuenti, i connazionali, inclusi quelli che non vi piacciono.
Vorrei vi ricordaste questo giorno, vorrei ne foste fieri.
Vi auguro di proseguire il vostro non facile cammino con entusiasmo ancora maggiore, con la certezza che avete voluto fare qualcosa di davvero straordinario, eccezionale, che nessun vostro coetaneo vive. Qualcosa di indimenticabile, che apparterà solo a voi.
E allora vi garantisco che un domani, per quante cose belle e diverse avrete fatto nella vostra vita, il vostro pensiero e il vostro cuore continueranno a correre a queste mura, ai vostri compagni di corso, ai vostri comandanti. A quella grande scritta bianca.
Come tutti gli ex vi renderete conto che questo posto non lo avrete mai lasciato, che è qui dove siete diventati Uomini e Donne.
E se interrogandovi sulle vostre azioni sarete capaci di rispondervi, “sono solo un uomo di mare” allora vorrà dire che avrete vissuto una buona vita, e che valeva la pena di viverla.
Per voi, e per chi avuto la fortuna di incontrarvi.
Viva il Morosini, viva la Marina, viva l’Italia!