La Marina nella Guerra di Liberazione: il capitano di fregata Jerzy Sas Kulczycki e il motorista navale Gerolamo Spezia

(di Marina Militare)
24/04/23

Durante la Guerra di Liberazione grande fu il contributo dato dalla Marina con gli oltre 10.000 uomini immolatisi, sia a bordo sia a terra, tra l'8 settembre 1943 e l'8 maggio 1945, in combattimento così come nella silenziosa resistenza tra quanti furono fatti prigionieri dai Tedeschi a Venezia, Pola, in Francia, nei Balcani, in Grecia, a Creta, in Egeo, molto spesso dopo aver duramente combattuto, e successivamente internati in Germania, Polonia, Austria, Francia e Jugoslavia.

In regime di cobelligeranza, la Marina Italiana eseguì 63.398 missioni, percorrendo 4.518.175 miglia, pari a 209 volte la lunghezza dell'Equatore; il naviglio perduto ammontò a 24 unità, per un totale di 6.959 tonnellate, senza contare i mezzi requisiti dai tedeschi e le 199 navi e battelli da guerra in allestimento che furono sabotati affinché non cadessero nelle mani del nemico.

L'impegno e il sacrificio del personale della Regia Marina, venne riconosciuto con la concessione di 52 Medaglie d'Oro al Valore Militare e di circa 3.000 decorazioni al valore.

La Marina ricorda i suoi caduti e tutti i combattenti che, con la loro fedeltà all’Istituzione, hanno svolto un ruolo determinante nella Guerra di Liberazione.

In memoria dei loro sacrifici e della loro determinazione si ricordano, in occasione del 25 aprile, due esempi tra i tanti valorosi di quel conflitto: uno dei più esperti comandanti, e uno dei più giovani combattenti, ambedue decorati di Medaglia d’Oro al Valor Militare

Jerzy Sas Kulczycki - capitano di fregata

Nacque a Roma il 24 dicembre 1905. Di origine polacca, fu allievo all'Accademia Navale di Livorno dal 1921 e nel 1927 conseguì la nomina a guardiamarina.

Il suo coinvolgimento nella storia della liberazione nazionale iniziò dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, quando, imbarcato sulla nave Conte di Cavour nel grado di capitano di fregata, organizzò i primi gruppi di militari per la resistenza nella Regione Veneta. Diventò prima comandante delle Forze Armate Della Patria (FADP), ma la sua opera fu però bruscamente interrotta per l’arresto, il 22 dicembre 1943, a Venezia, di alcuni suoi collaboratori e il sequestro di molto materiale relativo alle FADP.

Si trasferì a Milano, e diede vita ai Volontari Armati Italiani (VAI), un corpo concepito e voluto come un unico blocco di tutte le forze patriottiche con caratteristiche esclusivamente militari e apolitiche del quale fu nominato capo di stato maggiore. Il VAI ebbe diramazioni in tutta l’Italia settentrionale e sembra raggiungesse la consistenza non trascurabile di 5000 uomini, che svolsero un ampio servizio informativo a favore delle armate alleate e operarono con attività di guerriglia e di sabotaggio. Due altri motivi rinforzano la convinzione che si trattasse di un’organizzazione seria e importante: l’interessamento della Repubblica Sociale, che ritenne opportuno segnalare ai tedeschi l’attività del comandante Kulczycki, e la grossa taglia (inizialmente mezzo milione e, successivamente, un milione di lire) che fu messa sulla testa dello stesso comandante.

Nell’organizzazione si infiltrò una spia, che, per denaro, fece arrestare dalle SS, a Genova, il 31 marzo, altri collaboratori vicini a Kulczycki. Caddero in mano tedesca anche tutti i capi del VAI milanese. Kulczycki fu catturato a Genova, il 15 aprile 1944, e subito trasferito nel carcere di San Vittore a Milano, da dove riuscì ancora a continuare la sua opera di fervente patriota. Fu successivamente trasferito nel famigerato campo di concentramento di Fossoli, ove resistette a tutte le torture e fu fucilato il 14 luglio 1944. Fu decorato di Medaglia d’Oro al Valore Militare alla memoria.

Di seguito la motivazione per il conferimento della "Medaglia d’Oro":

"Ufficiale superiore di eccezionali virtù militari e morali, già distintosi in operazioni di guerra e pervaso da profondo amor patrio, faceva fronte all’Armistizio ai nemici della Patria iniziando senza indugio l’organizzazione dei primi Gruppi militari di resistenza nella regione veneta.

Riconosciuto successivamente capo di stato maggiore del movimento dei Volontari Armati Italiani, dava vita nelle Regioni Settentrionali a notevole attività militare e di sabotaggio contro l’oppressore ed i suoi accoliti.

Sottoposto a grossa taglia, indifferente ai rischi incombenti, svolgeva durante sette mesi opera fattiva di animatore e di capo. Attivamente ricercato, veniva arrestato solo in seguito a delazione. Superbo esempio ai presenti per serenità e grandezza d’animo di fronte al plotone di esecuzione, donava alla Patria una esistenza tutta dedicata alla sua grandezza ed al proprio dovere di Soldato e di Marinaio".

(Fossoli, 14 luglio 1944)

Gerolamo Spezia - motorista navale

Nacque a Vezzano Ligure (La Spezia) il 21 giugno 1925. Apprendista operaio tornitore nell'Arsenale M.M. di La Spezia, iscritto alla leva di mare, idoneo alla visita d'arruolamento ed iscritto alla chiamata dopo l'assegnazione della matricola e della categoria (Motorista Navale) e posto in congedo illimitato in attesa della chiamata della classe. Alla dichiarazione dell'armistizio dell'8 settembre 1943, abbandonato il posto di lavoro per non collaborare con il tedesco invasore, si dava alla lotta clandestina di resistenza, aggregandosi ad una formazione partigiana sorta nella zona di Vezzano Ligure - Calice al Cornoviglio, nell'ambito della quale assunse prima l'incarico di comandante di squadra e poi di compagnia, con il grado parificato di sottotenente. Partecipò a numerose azioni di guerra contro reparti armati tedeschi e cadde in combattimento l'8 ottobre 1944, mentre si opponeva arditamente a superiori forze germaniche che, mediante un'azione di accerchiamento, miravano all'annientamento del battaglione di cui egli faceva parte. 

Fra i primi ad iniziare la lotta per la liberazione della Patria, alimentava, nel dolore cocente per l'iniqua fucilazione del padre, il fiero sdegno contro la tirannide straniera. Superbamente audace, mai esitava innanzi al rischio e numerosi furono gli atti di sabotaggio da lui compiuti, armato di bombe a mano e di esplosivi, portando scompiglio e distruzione nelle retrovie nemiche.

Al comando della sua squadra partigiana, lottando strenuamente contro l'incalzare delle orde tedesche, ne sosteneva per lunghe ore l'urto e, benché ferito rifiutava ogni soccorso per restare a fianco del suo comandante di battaglione e battersi leoninamente a protezione del ripiegamento dei compagni, finché colpito al cuore, cadeva fulminato offrendo la giovane vita in supremo olocausto per la liberazione dell'Italia.

Zona Ligure, 8 settembre 1943 - 8 ottobre 1944