Olimpiadi: Enrico Porro, un marinaio d’oro

(di Mario Veronesi)
18/07/24

La quarta edizione dei Giochi Olimpici moderni si tenne a Londra, nel 1908, in contemporanea con l’Esposizione Franco-Britannica, iniziò il 27 aprile e terminò il 31 ottobre. L’Italia partecipò con una delegazione composta da 68 atleti, e colse quattro podi, due medaglie d’oro e due d’argento, piazzandosi al nono posto del medagliere.

Enrico Porro comune di 1a classe in servizio di leva a La Spezia a bordo della nave scuola torpedinieri Castelfidardo, conquista la medaglia d’oro nella lotta greco romana categoria pesi leggeri, dopo aver battuto il campione russo della specialità Nikolay Orlov. È la prima medaglia d’oro che la Federazione Italiana vince alle Olimpiadi, e Porro diventa leggenda.

Enrico Porro era un discolo di Milano Porta Ticinese, ma nativo di Lodi Vecchio il 16 gennaio 1885. Di carattere irrequieto ed agitato, Enrico col crescere divenne rissoso e quasi violento tanto che la madre, disperata e presa sempre più col lavoro nel ristorante, per vedere di correggerlo un poco e sull'esempio di altri, lo fece imbarcare ancora ragazzo come mozzo. Si fece i primi muscoli, così, sulle navi, ma non durò molto perché a Buenos Aires, scappò rifugiandosi dal cugino tipografo. Anche lì si fermò poco non andando d'accordo con la moglie di questi e, dopo l'ennesimo diverbio, ritornò a Milano. Qui iniziò a frequentare la palestra del suo rione conosciuta col curioso nome: “el paviment de giass” (il pavimento di ghiaccio), dato che d'inverno faceva così freddo che la leggera patina d'umidità si congelava.

Enrico si specializzò nella lotta greco-romana, quella più antica dove sono permesse solo le prese con le braccia e non sotto la cintola, e ben presto si fece conoscere. A diciassette anni partecipò a Legnano al suo primo torneo ufficiale conquistando la medaglia d'oro. La lotta gli piaceva, poteva sfogare la sua esuberanza e sarebbe andato alle Olimpiadi di S. Louis del 1904, ma gli venne impedito dal fatto che stava prestando il servizio di leva in Marina che durava cinque anni, imbarcato sul cacciatorpediniere Castelfidardo.

Nel 1905 partecipò al campionato italiano nella categoria dei pesi leggeri, dove vinse il suo primo titolo. Aveva venti anni e l'anno successivo si riconfermò campione d'Italia, conquistando anche un europeo, la strada per le Olimpiadi era spianata.

Era ancora marinaio a La Spezia quando lo scesero per le Olimpiadi di Londra. Vinse contro tutti (anche contro la giuria) e finì per conquistare la simpatia del pubblico. Venne premiato dalla regina Alessandra di Danimarca che il giorno prima riservò lo stesso onore a Dorando Petri, eroe sfortunato della maratona. La regina ebbe parole di complimento ed elogio nel cingergli la medaglia d'oro. Il giorno successivo arrivò l'oro di Alberto Braglia.

Rientrato a Spezia, per le ultime settimane di servizio, accolto da una grande folla, dall’ammiraglio Lucifero, comandante in capo del dipartimento e dalla fanfara della Marina, sarà ricevuto dal re Vittorio Emanuele III che lo premierà con una medaglia d’oro. Si racconta che al re scappò un sorriso quando, venne condotto al suo cospetto il marinaio Enrico Porro. Vittorio Emanuele III non poté infatti fare a meno di notare che l’uomo che aveva di fronte, vincitore qualche settimana prima di un oro olimpico a Londra nella lotta greco-romana, era alto… quanto lui. Ricorda, Porro, che quella visita inaspettata (fu infatti rintracciato in una balera dove stava festeggiando allegramente la vittoria e rimesso in fretta e furia in condizioni appena decenti), si concluse con molte lodi da parte del sovrano e una più tangibile “medaglia d’oro grossa come una michetta” come soleva dire.

Porro continuò ad allenarsi e a vincere, ma la sua ascesa si arrestò con le Olimpiadi del 1920 e del 1924, quando non ottenne risultati anche a causa dell’avanzare dell’età. Si ritirò, decidendo di mettersi ad insegnare e divenne un maestro per tanti ragazzi.

Negli ultimi anni della sua vita fu colpito da atrofia muscolare, grave malattia che gli paralizzò le braccia rendendogli difficile l'accudirsi.

Morì il 14 marzo 1967, all'età di 82 anni. Al suo funerale c'era tutto il mondo della lotta italiana.