L’Iran, con la retorica di sempre, continua a minacciare l’Occidente, a pochi giorni della riunione del P5+1, a Ginevra, per provare a trovare un accordo definitivo sul programma nucleare iraniano prima della scadenza della proroga. Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, Russia e Cina, il 24 novembre scorso, congelarono la “situazione iraniana”, considerando l’impossibilità di trovare un accordo con Teheran in tempi brevi. Proprio quello stallo nella trattativa ha permesso all'Iran di sottrarsi alle sanzioni imposte dall'Occidente e di garantire una produzione di circa 70 missili.
Se gli Stati Uniti attaccassero – ha detto Mojtaba Zonnour, alto funzionario delle guardie rivoluzionarie iraniane – colpiremmo per rappresaglia le basi in Bahrain o la Diego Garcia nell'Oceano Indiano.
La Diego Garcia è una delle basi più importanti della US Navy (con annessa struttura gestita dalla CIA e dall’MI6), un atollo al largo della punta meridionale dell'India, il più grande dell'arcipelago delle isole Chagos. Se il regime di Teheran fosse davvero in grado di colpire la base, questo significa che i missili iraniani hanno raggiunta una portata di almeno tremila miglia. Un colpo per le stime in possesso dei servizi segreti occidentali che hanno sempre parlato di missili (non affidabili) e con una portata massima di 1000/1500 miglia.
Le affermazioni di Zonnour sono chiaramente una risposta alla politica USA ed all’ultimo discorso del presidente Obama sul programma nucleare iraniano. Per rispettare gli accordi – ha detto Obama - useremo ogni opzione disponibile.
L’Iran, dicevamo. Teheran non è nuova a tali affermazioni, ma è la prima volta che menziona la base Diego Garcia per un potenziale attacco missilistico.
La Diego Garcia è un potente avamposto, nato per combattere l’influenza sovietica e per difendere gli interessi petroliferi in Medio Oriente. I Piloti americani la chiamano la "portaerei". Sebbene le sue attività siano coperte da segreto militare, si sa che presso la Diego Garcia sono schierati caccia multiruolo F-15 ed F-16, intercettori F-22 per la superiorità aerea ed una forza strategica formata da bombardieri B-52, B-1 e B-2. Nel 2007 il Pentagono spese 32 milioni di dollari per realizzare una base per i sottomarini d’attacco a propulsione nucleare.
Dalla base sono partite le missioni contro l’Iraq e l’Afghanistan. Se si scatenasse una controffensiva contro l’Iran, Diego Garcia sarebbe in prima linea. A riprova di ciò, sarebbe opportuno ricordare quanto detto dal maggiore generale dell’Air Force russa, Alexander Mordovin, in un intervista alla Pravda nel 2011. In un ipotetico attacco contro l’Iran – disse Mordovin - gli Stati Uniti, considerando che la maggior parte dei missili sono all’interno di silos posti in profondità nel terreno, dovrebbero utilizzare l'aviazione strategica negli attacchi, con bombe in grado di distruggere grandi strutture sottoterra.
Nel 2010, alcune esplosioni distrussero l’immenso complesso sotterraneo di “Imam Alì", sito di lancio dei missili Shahab-3B. Le cause non furono mai chiarite anche se si parlò di uno sconosciuto corpo d’élite americano: l’allora segretissimo Seal Team Six.
La Diego Garcia, secondo Mordovin, sarebbe dotata di munizionamento pesante e non compatibile con la tipologia di missioni effettuate in Afghanistan. Secondo una tesi condivisa dagli addetti ai lavori, la Diego Garcia sarebbe in grado di garantire un attacco contro un paese come l’Iran in modo del tutto autonomo, con la capacità di distruggere 10000 bersagli in poche ore senza alcun tipo di rifornimento. La base potrebbe scatenare e forse vincere, una piccola guerra.
Secondo l’Occidente il regime iraniano sta aumentando la propria capacità di arricchire l'uranio per scopi militari, avendo (secondo gli USA) superato di gran lunga il reale fabbisogno per l’utilizzo del nucleare per scopi pacifici. Il problema resta insito nella politica iraniana. Perché non prendere sul serio un paese che dichiara di volere distruggere Israele e gli Stati Uniti e che sta facendo di tutto per sviluppare i mezzi per portare a compimento tale minaccia?
Franco Iacch
(foto: DoD USA)