La Marina Militare deve riprendere il suo ruolo di guida dell’innovazione nel settore marittimo anche per l’ambiente

(di Giuseppe De Giorgi)
28/10/19

Nel periodo 2012/2016 la Marina aveva assunto un ruolo di leader per la protezione dell’ambiente progettando nuove classi di navi dotate di sistemi avanzati per il contenimento delle emissioni nocive e sperimentando/adottando, su un crescente numero di navi della flotta, miscele di gasolio verde prodotto da oli vegetali e in prospettiva da microalghe. Nel 2016 tale impulso si è spento, mettendo a rischio gli investimenti e l’esperienza messi in campo negli anni precedenti.

Ora è tempo di invertire rotta. È tempo per la Marina Militare di ripartire anche in questo settore, con coraggio, per il bene del Paese, nella consapevolezza del ruolo del mare per la prosperità e sicurezza dell’Italia. Dobbiamo avere il coraggio di agire oggi, anche se gli effetti si vedranno quando chi ha preso tali decisioni non ne beneficerà direttamente.

Lo sconvolgimento climatico non determina solo la perdita di ecosistemi a danno della fauna selvatica, cosa di per sé gravissima, ma può incidere anche sulla stabilità sociale e quindi sulla pace delle regioni maggiormente affette dalle sue conseguenze. Basti pensare alle tensioni per il controllo delle risorse idriche che andrebbero perdute con l’invasione delle falde acquifere da parte dell’acqua marina per l’innalzamento del livello medio del mare, oltre che alla perdita di territorio costiero di pregio (es. Venezia e le terre costiere dell’alto Adriatico, etc.).

Fra le minacce che dovremo affrontare nel medio termine (si parla di effetti gravi già apprezzabili nel 2050) vi sono indubbiamente le conseguenze del riscaldamento globale per la crescita incontrollata dei livelli di CO2 e di altri gas nocivi nell’atmosfera.

Tra i maggiori contributori all’immissione di CO2 e di altri gas nocivi nell’atmosfera vi è il settore dei trasporti. La parte del leone la fa il trasporto marittimo, attore principale nel commercio mondiale.

Più dell'80% di tutte le merci è trasportato via mare. Il settore marittimo consuma più di 330 MTOE (tonnellate petrolio equivalenti) all'anno ed è responsabile del 2-3% della CO2 a livello globale, 4-9% di emissioni di Ossido di Zolfo e 10-15% di Ossido di Azoto.

Fra gli elementi più inquinanti prodotti dai motori marini vi sono le particelle di Zolfo contenute nei combustibili navali e rilasciate nell'atmosfera (in navigazione e in porto).

L'International Maritime Organization ha emesso norme stringenti sui livelli di Ossido di Zolfo ammessi negli scarichi dei fumaioli, attivando aree controllate denominate "Emission Control Areas", soggette a limiti molto severi, nelle acque costiere del Nord America, dei Caraibi, dell'Europa e dell'Asia. Dal 2020 anche le navi dirette in acque esterne alle ECAs saranno soggette a limiti verosimilmente molto bassi in termini di ossido di zolfo. L'applicazione di norme sempre più stringenti renderà la gran parte del combustibile oggi prodotto "fuori norma". Si stima che il 70% del combustibile non sarà rispondente alle norme in vigore dal 2025. Non possiamo quindi farci trovare impreparati vista la centralità del trasporto marittimo per l’economia nazionale.

Mentre il trasporto su terra si sta lentamente adattando all'utilizzo di nuovi prodotti maggiormente attenti all'ambiente il settore marittimo rimane ancorato al passato. Il problema è il maggior costo del combustibile verde rispetto a quello fossile. Tale resistenza potrebbe essere superata “obtorto collo” per l’effetto di nuove e più stringenti normative imposte a livello internazionale. Per accelerare l’adozione dei nuovi combustibili è comunque indispensabile investire in ricerca per sviluppare nuovi metodi di produzione (migliorando il rapporto costo/efficacia dei processi) e per sperimentare/certificare su larga scala i bio combustibili per uso marino, dissipando la diffidenza degli armatori. Non è la prima volta che il settore marittimo si rinnova compiendo balzi in avanti sia culturali che tecnologici. Accadde nella transizione dalla vela al vapore alla fine dell’800, dal carbone al gasolio ai primi del ‘900, nell’adozione dell’elica per citare alcuni esempi. In tutti quei passaggi furono le Marine Militari a guidare il cambiamento.

Le Marine Militari possono contribuire in maniera significativa nello stimolare la ricerca, la certificazione e la sperimentazione di nuovi prodotti, in linea con la loro vocazione storica per l'innovazione tecnologica in ambienti operativi impegnativi.

La Marina USA è stata la prima a livello mondiale a utilizzare gasolio verde sia per le sue unità che per i suoi aeromobili, già dal 2010. La Marina Militare italiana è stata invece la prima a livello europeo a sperimentare e impiegare bio combustibile verde (prodotto in Italia) sulle proprie navi.

Nel 2012, per volontà del mio predecessore l’Ammiraglio Binelli, l'ENI e la Marina Militare iniziavano una collaborazione per la produzione di un nuovo tipo di F76 (denominazione NATO del gasolio navale per uso militare) ottenuto utilizzando una miscela al 50% di Diesel verde e 50% di Diesel F76 fossile caratterizzata da un livello di zolfo di molto inferiore rispetto all'F76 normale, aderente alle più stringenti normative sulle emissioni EU, in grado di ridurre di oltre il 50% l'impronta CO2 rispetto all'F76 tradizionale.

L’impiego effettivo di biocombustibili in Marina iniziava nel gennaio 2014, con la sperimentazione a bordo di Nave Foscari (foto) di una miscela 50/50 di gasolio fossile e di “green diesel”, prodotto proprio nella raffineria di Porto Marghera (VE), ricavato da olio di palma (di recente l’ENI ha messo a punto un processo per estrarre gasolio verde anche da micro-alghe, molto promettente).

Per condurre tale sperimentazione non è stato necessario alcun adeguamento/modifica dei motori e degli impianti combustibile; i risultati sono stati incoraggianti: meno residui carboniosi nelle camere di combustione e minori emissioni inquinanti (CO2, Ossido di Zolfo e Ossido di Azoto) nell’ambiente.

Nell’Aprile 2014, in riconoscimento dell’iniziativa e dal ruolo leader assunto dalla Marina italiana in Europa, la Marina USA, per mano del Segretario di Stato alla Marina On. Mabu, firmava un accordo di cooperazione con la Marina Militare, in materia di bio combustibili per uso navale.

Aprile 2014 firma dell'accordo di cooperazione fra la USN e la MMI. Nella foto il Segretario alla Marina USA e il CSMM A.S. De Giorgi

Successivamente, nel 2015, l’utilizzo di miscele con bio gasolio verde si estendeva a Nave CAVOUR, Nave DUILIO, Nave MAESTRALE e al Sommergibile GAZZANA

Nel giugno 2016 Nave ETNA effettuava un rifornimento bilaterale di “green diesel” con due navi della US NAVY in navigazione (alla presenza del sottoscritto e del Segretario alla Marina USA On. Mabu), a sottolineare in modo concreto l’importanza attribuita dagli USA alla collaborazione con la Marina Militare nel settore dei combustibili alternativi sancito appunto nell’accordo firmato nel 2014.

Visti i risultati incoraggianti e in sintonia con la politica del Governo italiano di maggiore attenzione alla tutela ambientale avevo fissato per la Marina Militare l’ulteriore estensione dell’impiego di miscele di F76 verde alla metà della Flotta entro il 2020. Purtroppo, nell’estate del 2016, con il termine del mio mandato alla guida della Marina Militare, tale direttiva veniva di fatto abbandonata per il triennio successivo, almeno sino al maggio del 2019, quando il Vespucci impiegava circa 30 tonnellate di gasolio verde.

La speranza è che con la recente nomina dell’Ammiraglio Cavo Dragone come Capo di Stato Maggiore della Marina, l’attività di sperimentazione possa riprendere con rinnovato slancio.

Un intervento del Ministro della Difesa di sostegno a tale iniziativa sarebbe certamente determinante per dare impulso e continuità alle attività di sviluppo e acquisizione di combustibili non fossili da parte della Marina Militare e delle altre Forze Armate, naturalmente ove possibile e applicabile. Una direttiva Ministeriale eviterebbe che con il periodico cambio dei vertici e delle loro sensibilità in materia, il lavoro e le risorse già investite rischino di andare disperse. Sarebbe un segnale importante anche dal punto di vista politico, coerente con le politiche a tutela dell’ambiente annunciate dall’attuale Governo.

Foto: Marina Militare / U.S. Navy