L'avvento di una nuova arma nucleare russa

(di Andrea Gaspardo)
28/11/19

Un popolare aneddoto del periodo della Guerra Fredda narra che, dopo il riuscito test della “Bomba Zar”, ordigno termonucleare in grado di sprigionare una potenza di 50 megatoni, il vecchio Igor Tamm, padre insieme ad Igor Kurchatov della bomba atomica sovietica, si recò in visita dal suo ex-allievo prediletto, Andrey Sakharov, che proprio della “Bomba Zar” era stato il creatore. Anziché festeggiare con il suo vecchio mentore, il quarantenne Sakharov gli mostrò i nuovi progetti sui quali stava lavorando, tra i quali nuovi ordigni dalla potenza superiore ai 100 megatoni che, sostituendo il tradizionale riflettore di neutroni all'uranio-238 con uno in piombo, avrebbero permesso al processo di fusione di combinarsi con l'azoto presente nell'aria (è bene ricordare che l'aria è composta solo per il 23% da ossigeno e per oltre il 74% da azoto!) provocando una reazione a catena virtualmente illimitata. Tamm sbiancò di paura e, prima di andarsene, si rivolse così al suo ex-allievo: “Fermati subito, Andrey Dmitrevich! Perché grazie al tuo genio rischi di creare qualcosa totalmente fuori controllo”.

Poco tempo dopo, Sakharov venne escluso dal programma nucleare sovietico, diventando successivamente un attivista per il disarmo nucleare e vincendo il Premio Nobel per la Pace nel 1975.

In contemporanea con la sua dipartita professionale, anche molti dei suoi progetti vennero messi in soffitta, soprattutto grazie al fatto che il successivo periodo del “Disgelo” e la progressiva riduzione degli arsenali nucleari sembravano aver finalmente, se non cancellato, almeno ridotto il pericolo di conflitto nucleare. Sfortunatamente, il dopo Guerra Fredda ha fallito nel realizzare le promesse alle quali tutti avevano creduto.

Alla nuova realtà geopolitica non è seguito un nuovo paradigma politico-ideologico e gli Stati Uniti d'America ed i loro alleati/satelliti occidentali, anziché coinvolgere positivamente la Russia nella creazione di un nuovo ordine mondiale, hanno invece accentuato la pressione su Mosca nel tentativo di mantenere lo stato russo in una perpetua condizione di debolezza e sudditanza violando, una dopo l'altra, tutte le promesse e le linee rosse che erano state faticosamente negoziate tra il 1985 ed il 1991 da Mikhail Gorbachev con Ronald Reagan prima e George H. W. Bush poi. Tale politica è risultata pagante fintanto che la Russia era in una condizione di debolezza ma, a partire dal 2007, e dopo aver risolto i problemi più pressanti di stabilizzazione del fronte interno, Vladimir Putin ha cominciato a contrattaccare.

In questo scenario di crescendo delle tensioni vanno inscritte le nuove politiche nucleari che sia gli Stati Uniti che la Russia stanno formulando. Per gli Stati Uniti lo scopo è quello di raggiungere un perfetto bilanciamento tra la realizzazione di un efficiente Scudo Anti-Missili Balistici (Anti-Missile Ballistic Defence), lo sviluppo di un sistema di attacco istantaneo mediante missili convenzionali e da crociera a lunghissima gittata (Prompt Global Strike - PGS) ed il mantenimento di una triade nucleare flessibile che, in congiunzione con le forze armate convenzionali, porti alla soppressione di qualsiasi nemico, anche di grandi potenze quali la Russia o la Cina.

Per la Russia invece, si tratta semplicemente di conservare un credibile strumento di deterrenza che garantisca al paese di non cadere vittima di un “first strike” americano e di mantenere l'indipendenza politica da Washington. In questa cornice si spiega, per esempio, lo sviluppo del missile balistico pesante RS-28 Sarmat (SS-X-30 Satan 2 secondo la nomenclatura NATO) capace di portare tra le 10 e le 24 testate e, pare, dotato di “sistema di bombardamento orbitale frazionale”. O lo schieramento dei missili balistici RSM-56 Bulava (SS-NX-30 o SS-NX-32 secondo la nomenclatura NATO) sui più moderni sottomarini lanciamissili balistici della marina russa: i “classe Borei” (“classe Dolgorukiy” secondo la nomenclatura NATO).

Benché tali programmi abbiano senza dubbio giovato al processo di potenziamento delle forze strategiche russe, essi non possono comunque essere considerati decisivi. Infatti, il continuo avanzamento del programma anti-balistico statunitense è tale che il continuo affinamento delle caratteristiche tecnologiche dei radar e dei software delle difesa aerea americana, unito alla fisiologica riduzione del numero delle testate nucleari in possesso alla Russia, fa sì che non sia assolutamente peregrina l'ipotesi che, dopo il 2020, gli Stati Uniti possano trovarsi nella situazione di affrontare una guerra nucleare “vincibile”, ossia che garantisca la distruzione totale della Russia o di qualsiasi altro paese dotato di armamenti nucleari ma al prezzo di “solo” pochi milioni di morti per gli Stati Uniti. Cadrebbe in questo modo la dottrina della “Mutual Assured Destruction” che ha garantito la pace tra le grandi potenze dal 1945 ad oggi.

Contro una simile eventualità, la risposta della Russia è stata intelligente e “asimmetrica”, rispolverando uno dei vecchi progetti lasciati in sospeso da Sakharov e adattandolo alle esigenze odierne. Negli anni Cinquanta infatti, quando ancora la tecnologia missilistica sovietica era in fase di maturazione e la superiorità americana in campo aeronautico avrebbe reso quasi impossibile la missione dei bombardieri strategici sovietici di colpire gli Stati Uniti, il fisico sovietico propose di sviluppare un siluro pesante (denominato “T-15”) armato di una testata nucleare della potenza pari a quella di una delle super bombe da lui progettate. Lo scopo era quello di colpire gli Americani in maniera asimmetrica, generando tsunami di grandi proporzioni che avrebbero devastato le coste distruggendo al contempo l'industria ittica.

A quasi settant'anni di distanza sembra che l'evoluzione tecnologica abbia finalmente permesso alla Russia di tramutare il progetto di Sakharov in realtà, con la possibilità di ottenere una resa operativa ancora maggiore. Verso la fine del 2015 infatti, sia le TV che i quotidiani moscoviti cominciarono a diffondere alcune immagini raffiguranti un nuovo tipo di arma per sottomarini che stava venendo sviluppato dalla marina russa. Dopo un lungo periodo durante il quale è stata ritenuta solamente un'abile mossa di disinformazione, l'esistenza di quest'arma è stata finalmente confermata dalla CIA e dal Pentagono a gennaio del 2018 in contemporanea con l'annuncio della nuova strategia nucleare americana per gli anni a venire.

Conosciuto ufficialmente con il nome di “Status-6 Oceanic Multipurpose System” ed informalmente come “Poseidon” (“Kanyon” nella nomenclatura NATO), il sistema d'arma non è propriamente un siluro, bensì un veicolo sottomarino senza pilota di progettazione stealth con portata massima di 10.000 chilometri, capace di viaggiare ad una profondità di 1.000 metri e fino ad una velocità di 185 chilometri orari grazie ad una propulsione rivoluzionaria affidata ad un reattore nucleare miniaturizzato azionante un piccolo idrogetto. Tale piccolo reattore nucleare fungerebbe anche da detonatore per la massiccia testata nucleare da 100 megatoni posizionata sull'ogiva del siluro/drone. La potenza dell'esplosione termonucleare causata da tale testata risulterebbe doppia rispetto a quella della “Bomba Zar” progettata da Sakharov, producendo un'area di distruzione totale del diametro di 72 chilometri (quanto due volte la città di Parigi), che salirebbero a 150 tenendo conto anche di quella di distruzione parziale. Inoltre, le particolari caratteristiche tecniche e la profondità di lancio del “Poseidon” farebbero sì che esso possa inoltre generare onde di tsunami alte fino a 500 metri che spazzerebbero vasti tratti di costa.

Pare inoltre che la testata nucleare montata sul “Poseidon” sia dotata di un rivestimento di cobalto-59, minerale di per sé innocuo ma che, se sottoposto a processo di fusione nucleare esplosiva, si trasforma nel pericolosissimo isotopo radioattivo cobalto-60 il quale renderebbe inquinate le acque costiere statunitensi per un periodo di almeno cinque anni e sarebbe anche più pericoloso per la terra ferma, i fiumi e le sorgenti di acqua dolce che verrebbero interessati dalle ondate di tsunami provocate dalle esplosioni termonucleari. Onde di tsunami di tale altezza avrebbero infatti la capacità di viaggiare per centinaia o addirittura migliaia di chilometri a seconda dell'orografia del terreno e distribuirebbero l'acqua inquinata su una superficie vastissima rendendola inabitabile per un tempo pari al decadimento del cobalto-60 in nichel-60.

I vettori di lancio che la marina russa utilizzerebbe per portare a termine un attacco mediante i “Poseidon” sono i sottomarini nucleari appartenenti alla “classe Antey” (“classe Oscar II” secondo la nomenclatura NATO) e quelli della “classe Yasen” (“classe Severodvinsk” secondo la nomenclatura NATO) ciascuno dei quali può essere equipaggiato con 4 esemplari del “Poseidon”, lanciabili attraverso i tubi dei siluri oppure agganciabili allo scafo del sottomarino.

È notizia di questi giorni che il primo sottomarino della “classe Antey” specificamente adattato per operare con i “Poseidon”, il “K-329 Belgorod” (foto seguente) ha terminato il lungo processo di test operativi ed è pronto per essere consegnato alla marina russa. È assai probabile che nei prossimi anni anche gli altri 8 “classe Antey” attualmente in servizio verranno modificati per utilizzare il “Poseidon”, così come lo saranno i 10 “classe Yasen” in corso di realizzazione. Le caratteristiche tecniche, la tangenza operativa e la capacità di viaggiare sott'acqua rendono il “Poseidon” immune a tutti i tipi di difesa antimissile, armi laser o cannoni a rotaia che potrebbero essere utilizzati per abbattere i missili balistici e l'unico modo possibile per evitare un attacco sarebbe, ad oggi, quello di affondare il “sottomarino madre” prima che esso possa trovarsi nella posizione di lanciare un attacco.

Per quanto riguarda l'impiego operativo di tali siluri/droni, possiamo immaginare che essi verrebbero lanciati in ondate successive, con una parte dei “Poseidon” destinati ad esplodere sotto costa annientando i porti e le città situate lungo le coste degli Stati Uniti, così come le piattaforme petrolifere situate intorno al Golfo del Messico, le industrie ittiche, i cantieri navali e le basi della marina americana. Oltre a questo, la prima ondata provocherebbe anche le temute onde anomale i cui effetti sono stati descritti sopra.

La seconda ondata invece verrebbe diretta contro le montagne sommerse della cosiddetta “Dorsale Medio-Atlantica” (una catena montuosa sottomarina situata nelle profondità dell'Oceano Atlantico che supera in altezza le montagne dell'Himalaya). La finalità di tale mossa sarebbe quella di provocare dei crolli tali da generare moti circolari nell'acqua che, espandendosi grazie alla distanza ed al normale moto rotatorio delle correnti marine genererebbero tsunami di dimensioni tali da spazzare tutta la parte orientale e meridionale del Nord America, dalla costa orientale fino alle Montagne Rocciose.

Se tale scenario può a prima vista sembrare bizzarro ed esagerato, è necessario tenere a mente che il terremoto del 2004 che causò il tremendo tsunami nel sud-est asiatico responsabile della morte di oltre 250.000 persone aveva provocato onde alte “solo” 15 metri e non 500 come si sono riproposti i progettisti del “Poseidon”.

Supponendo un attacco concentrico da parte di una ventina di sottomarini russi allineati lungo il Golfo del Messico e la costa orientale degli Stati Uniti, ognuno dotato di 4 siluri/droni “Status-6”, otterremmo un numero totale di 80 armi in grado di sprigionare una potenza complessiva di 8.000 megatoni, equivalenti a 25.120.000 volte l'energia combinata delle “Bombe A” che distrussero Hiroshima e Nagasaki, 1.600 volte l'energia complessiva di tutti gli esplosivi convenzionali utilizzati nel corso della Seconda Guerra Mondiale e 40 volte quella sprigionata dall'eruzione del vulcano Krakatoa nel 1883.

Non solo, le caratteristiche di elevata autonomia e propulsione nucleare rendono tale siluro/done anche un'arma particolarmente “infida” perché potrebbe essere lanciato alla massima distanza di 10.000 chilometri e viaggiare alla ridottissima velocità di 37 chilometri orari (a tale velocità il “Poseidon” è semplicemente impossibile da individuare perché farebbe pochissimo “rumore”) e colpire il bersaglio designato dopo giorni dal lancio garantendo quindi alla marina russa il possesso di un'arma dalla notevolissima flessibilità operativa.

Per quanto riguarda lo stato d'avanzamento del progetto, a partire dalle indiscrezione rilasciate dal Pentagono, l'arma dovrebbe essere attualmente in avanzato stato di collaudo a bordo del sottomarino sperimentale “B-90 Sarov”, un'unità modificata apposta per testare i nuovi armamenti prima che vengano schierati sulle unità navali, e si prevede che divenga pienamente operativa nel corso del 2020 parallelamente alla consegna del “K-329 Belgorod”.

In conclusione, l'apparizione del sistema d'arma “Status-6 Oceanic Multipurpose System - Poseidon” rappresenta letteralmente una pietra miliare nell'evoluzione della tecnica militare comparabile con l'invenzione della polvere da sparo o del motore a reazione.

Pur basandosi su un progetto nato nel periodo della Guerra Fredda e appoggiandosi a tecnologie preesistenti (bomba termonucleare, tecnologia dei siluri), i Russi sono riusciti a creare un'arma dal potenziale distruttivo al momento insuperabile e che, per giunta, interagisce con l'ambiente utilizzandolo come moltiplicatore di potenza tanto da diventare anche una vera e propria “Bomba Ambientale”. Il suo potenziale sia reale che di deterrenza è tale che il “Poseidon” possa essere considerato separatamente dalle altre “Armi Strategiche” in dotazione oggi nel mondo ed essere invece collocato in una nuova classe di armi da esso stesso inaugurata.

Foto: web / MoD Fed. russa