Mentre l’Unione Europea “blinda” le frontiere tra gli stati membri, per arginare la diffusione del COVID-19, le attività di trasbordo dei migranti verso l’Europa (ovvero l’Italia) continuano. Infatti la Marina Militare continua ad impiegare le sue unità più sofisticate (caccia DORIA e fregate FREMM) per trasportare probabili richiedenti asilo (escamotage pensato dalla Commissione Europea per consentirne l’accesso nell’Unione) nei porti italiani.
Quindi spendiamo ingenti fondi per rinnovare la nostra Flotta (e ancora ne servirebbero per colmare i vuoti), acquisendo unità altamente tecnologiche per poi trasformarle in semplici traghetti.
Di contro la Forza Marittima di Autodifesa giapponese (JMSDF), con l’approvazione del Mid-Term Defense Program 2019-23, sta trasformando i cacciatorpediniere/portaelicotteri classe IZUMO (foto) in vere e proprie portaerei, in grado quindi poter imbarcare i caccia di 5° generazione STOVL F-35B.
Da parte della stampa estera, questa scelta, ha suscitato non poche polemiche, in quanto la Costituzione giapponese vieta l’acquisizione di portaerei. Niente di più falso, infatti nella Costituzione c’è solo un vago riferimento al potenziale offensivo che dovrebbe avere il Giappone, non si parla di portaerei.
Si tratterebbe, quindi, di una limitazione interna, puramente formale, tanto che l’opinione pubblica sembra sostenere in tale scelta il Governo di Shinžo Abe, visto anche la crescente ingerenza cinese nell’area del Pacifico.
Proprio nel campo della comunicazione possiamo trovare alcune analogie con la situazione italiana.
Per rispettare l’orientamento difensivo delle Forze Armate giapponesi (la denominazione ufficiale è Forze di Autodifesa), si è utilizzato un espediente linguistico per identificare la trasformazione delle unità classe IZUMO, definendole cacciatorpediniere con capacità multifunzionali. Così come la Marina Militare ha dovuto giustificare, di fronte all’opinione pubblica italiana, l’acquisizione dell’unità d’assalto anfibio (LHD) TRIESTE, definendola una piattaforma navale da impiegare in caso di disastri naturali (nave dual use).
Precedenti alla classe IZUMO sono i cacciatorpediniere/portaelicotteri classe HYUGA, scaturiti dal Mid-Term Defense Program 2001-05.
Gli HYUGA (con un dislocamento di 19.000 t a pieno carico) hanno permesso alla Marina Militare giapponese di poter disporre di unità dotate dell’armamento standard di un caccia ma con la versatilità tuttoponte di una portaelicotteri.
La classe IZUMO ne rappresenta l’evoluzione, composta dalle unità gemelle IZUMO e KAGA (foto). Lunghe 250 metri, hanno un dislocamento a pieno carico di 27.000 tonnellate, spinte da un motore composto da 4 turbine a gas General Electric LM2500IEC in grado di sviluppare 112.000 CV di potenza e raggiungere la velocità di 30 nodi. L’armamento è composto da due sistemi Phalanx con cannone Vulcan da 20 mm e due lanciatori per missili superficie-aria corto raggio RIM-116 SeaRAM.
Nonostante la conversione in portaerei, il compito primario delle unità, secondo il Ministero della Difesa, sarà la lotta antisom. Infatti gli F-35B (per un numero massimo di 12) saranno imbarcati solamente se richiesto dal tipo di missione da svolgere. Il resto della componente di volo verrà costituita, prevalentemente, dagli elicotteri ASW SH-60K, costruiti su licenza dalla Mitsubishi. Tuttavia, visto che la Difesa giapponese ha in programma l’acquisto di 42 F-35B (su un totale di 147 velivoli), è ipotizzabile un impiego anche in basi terrestri, sfruttando così la conformazione insulare dell’Arcipelago giapponese (pensate per esempio al piccolo arcipelago delle isole Senkaku, contese con la Cina).
Inoltre fornirebbero copertura aerea ad una eventuale operazione anfibia (probabilità non tanto remota), condotta dai caccia IZUMO e HYUGA. I primi imbarcherebbero gli F-35B, mentre i secondi i convertiplani MV-22B, carichi di marines.
Allo stesso modo, una volta entrato in servizio il TRIESTE, la nostra Marina sta pianificando le future operazioni anfibie. Anche se disporremo di soli 15 F-35B per il Gruppo di Volo del CAVOUR (che vuol dire una disponibilità operativa di 10/12 macchine) e c’è il serio pericolo che il TRIESTE venga principalmente utilizzato per scopi umanitari.
Foto: U.S. Navy / Hunini