Ali italiane nei conflitti del dopoguerra: gli MB-326 dello Zaire nel conflitto contro i ribelli del Katanga

(di Manuele Serventi Merlo)
21/05/20

L’MB-326 si rilevò nel breve giro di tempo dalla sua entrata in servizio una macchina estremamente robusta e versatile, di buona facilità di utilizzo e di manutenzione, nonché dai costi d’esercizio contenuti. Era inevitabile, pertanto, che suscitasse fin da subito numerosi “appetiti” presso quelle forze aeree di dimensioni medio-piccole con scarso budget ma con velleità “combat” di un certo livello.

Fra queste, molte appartenevano al continente africano dove divamparono nel secondo dopoguerra numerosi conflitti ascrivibili sia al lungo processo di decolonizzazione dai principali paesi colonizzatori europei, che all’imperante logica dei blocchi contrapposti USA-URSS.

Fu così che la Aermacchi ottenne alcune importanti commesse da parte di diversi stati del Continente Nero. Tra quelle più importanti si cita abitualmente l’ordinativo del Sud Africa allora impegnato intensamente contro i movimenti armati filocomunisti in Namibia sostenuti e finanziati da diversi paesi del Blocco dell’Est.

Ma accanto al Sud Africa possiamo annoverare altri stati africani acquirenti dell’MB-326 meno noti. È il caso del fu Zaire di Mobuto Sese Seko, oggigiorno più comunemente conosciuto come Repubblica Democratica del Congo.

Salito al potere nel 1965 con un colpo di stato sfruttando abilmente i gravi conflitti interni su base etnica che fin dall’indipendenza caratterizzarono la vita del neonato stato congolese e forte del sostegno occidentale in chiave anticomunista contro i sostenitori di Patrice Lumumba, fautore dell’indipendenza del paese nel 1960, il nuovo uomo forte di Kinshasa iniziò fin da subito un deciso potenziamento delle forze armate nazionali.

Rimaste fino ad allora ben poca cosa e dedite soprattutto ad impieghi antiguerriglia contro i combattenti delle formazioni armate antigovernative e separatiste come quella della regione del Katanga, le ff.aa. dello Zaire iniziarono ad essere equipaggiate con materiale bellico decisamente più prestante e adatto a conflitti ad alta intensità con altre entità statuali o simili.

Tale processo di deciso miglioramento e potenziamento non poteva non riguardare anche l’Aviazione militare locale (denominata in francese Force Aérienne Zaïroise).

Nata sfruttando i pochi velivoli ereditati dalla Force Publique, la gendarmeria coloniale del Congo durante il periodo belga, con l’avvento di Mobutu al potere venne inizialmente rinforzata con l’acquisto di addestratori armati ad elica T-6 Texan e T-28 Trojan ed aerei da trasporto DC-3 statunitensi assieme ad almeno sei elicotteri Alouette SA 318.

Successivamente, tuttavia, ambendo a posizioni di potenza regionale in funzione anticomunista, Mobuto ne decise un ulteriore rafforzamento con jet di ultima generazione.

Proprio in tale contesto avvenne l’acquisizione da parte dello Zaire a fine anni ’60 di diciassette MB 326, localmente denominati affettuosamente “Sukisa”, unitamente a dodici Siai Marchetti SF 260 MC.

La versione prescelta era quella siglata “GB” adatta sia all’impiego addestrativo che, soprattutto, a quello di appoggio tattico.

Dal punto di vista organizzativo, i velivoli italiani appena acquisiti avrebbero dovuto essere inquadrati nel 2° Gruppo della Force Aérienne Zaïroise in sostituzione di quelli di produzione statunitense precedentemente citati in quanto “ritirati” dagli USA per essere riutilizzati nel ben più famoso teatro del Sud-Est asiatico.

Nonostante il continuo supporto tecnico ed addestrativo straniero, però, gli sforzi per ottenere dei valenti piloti e tecnici locali per i nuovi aerei in numeri adeguati ebbero scarsi successi. A titolo esemplificativo, dei 720 candidati aspiranti piloti alla locale accademia aeronautica nel 1971, soltanto 20 vennero accettati e di questi appena 13 vennero inviati in Italia per l’addestramento sull’MB-326.

In Italia vennero addestrati a Lecce in quella che allora era ancora denominata Scuola Volo Basico Iniziale Aviogetti (S.V.B.I.A.).

Ad ogni modo, seppur con tutte le difficoltà già segnalate, i primi tre MB-326 raggiunsero l’aeroporto città di N’Dijili il 24 novembre 1969.

Iniziò così la carriera operativa sotto le insegne dello Zaire dell’MB-326 con il continuo supporto tecnico e formativo italiano anche in loco con specialisti della nostra A.M.I. e di alcuni piloti stranieri mercenari.

Una carriera il cui battesimo del fuoco avvenne nel marzo 1977 quando le forze del FLNC (Front de libération nationale congolaise), fondato da ribelli separatisti originari della regione del Katanga, e supportati politicamente e militarmente dall’Angola, si infiltrarono nel paese dai suoi confini meridionali riuscendo ad occupare diversi centri urbani importanti nella regione citata (che dal 1971 al 1996 era denominata amministrativamente Shaba).

In quell’occasione il velivolo italiano trovò ampio impiego attaccando ripetutamente dall’aria a supporto alle forze di terra franco-marocchine schierate in aiuto di Kinshasa (Operazione Verveine) le posizioni dei ribelli katanghesi a Mutshatsha, Dilolo, Kasagi, Sandao e Kisenge assieme ai Mirage 5M, punta di diamante dell’Aviazione di Mobuto, acquistati in Francia.

Le operazioni si conclusero a fine maggio dello stesso anno con successo allorché le forze del FLNC si ritirarono nei loro santuari sicuri angolani. Tuttavia, appena un anno dopo, i ribelli katanghesi si sarebbero rifatti prepotentemente sotto.

Nel maggio del 1978, infatti, circa 2.500 combattenti Katanghesi infiltratisi in Zaire sempre dal confine con l’Angola occuparono ancora una volta la città di Mutshatsha per poi spingersi fino alla conquista di Kolwezi. Nel locale aeroporto si trovavano allora diversi velivoli militari della Force Aérienne Zaïroise, tra cui alcuni MB-326. Proprio due di questi vennero distrutti al suolo dalle forze katanghesi quando conquistarono l’aeroporto (matricole militari FG – 468 e FG-471) mentre altri tre vennero danneggiati.

Gli MB-326 ancora operativi si ritrovarono così nuovamente impiegati in operazioni belliche come già accaduto l’anno prima a supporto questa volta di truppe franco-belghe intervenute precipitosamente a riportare la situazione sotto controllo su richiesta di Mobuto ( n.d.r. – È in tale contesto che avvenne il celeberrimo aviolancio dei paracadutisti della Legione Straniera francese su Kolwezi più conosciuto come “Operazione Bonite”).

Nel complesso, quindi, gli MB-326 sotto le insegne dello Zaire volarono nel biennio 1977/1978 circa 300 sortite di guerra contro i ribelli separatisti del Katanga. I piloti dei velivoli italiani, però, si dimostrano parecchio timorosi nell’impiegare tutte le potenzialità della macchina anche per la supposta presenza degli assai temuti sistemi antiaerei spalleggiabili SAM-7. Tutto ciò si riverberò immancabilmente anche sulla precisione degli attacchi compiuti. In diverse occasioni accadde infatti che l’obbiettivo militare designato venisse completamente mancato e fossero invece colpiti civili inermi in diversi villaggi di confine con l’Angola e lo Zambia. Per simili “gesta”, raccontano le cronache, alcuni piloti finirono davanti a delle corti marziali.

L’MB-326 si dimostrò comunque un buon mezzo anche a quelle latitudini. A dimostrazione di questo nel 1983 lo Zaire acquistò pure la versione monoposto da attacco al suolo MB-326 “K” in numero di sei esemplari.

Tre di questi vennero impiegati subito in Chad a supporto delle forze locali contro i ribelli sostenuti dalla Libia. Non è stato però possibile reperire informazioni più dettagliate in merito al loro impiego operativo in quel teatro.

Ad ogni modo, poteva dirsi oramai concluso l’impiego operativo di questo aeroplano sotto le insegne dell’Aviazione di Mobuto. Con un’operatività sensibilmente minata dall’incapacità di garantire un livello manutentivo decente, gli ultimi otto MB-326 “GB” e “K” superstiti vennero messi in deposito senza più volare agli inizi degli anni ’90 all’aeroporto di N’Dijili. Poco prima di questa mesta fine, però, i velivoli italiani erano stati utilizzati per la pomposa parata che intendeva festeggiare i vent’anni dalla salita al potere di Mobuto nel luglio 1986.

Leggi anche:

Ali italiane nei conflitti del dopoguerra: gli MB326 sudafricani nella “Bush war”

Ali italiane nei conflitti del dopoguerra: il caso del Siai Marchetti SF-260 in giro per il mondo

Ali italiane nei conflitti del dopoguerra: gli MB339 argentini del conflitto delle Malvinas/Falkland

Ali italiane nei conflitti del dopoguerra: gli MB339 eritrei nella guerra di confine con l’Etiopia

Ali italiane dei conflitti del dopoguerra: i G91 portoghesi nelle colonie