Con l’insediamento di Biden Israele teme le mosse dell'Iran

(di Tiziano Ciocchetti)
19/01/21

I servizi segreti israeliani temono che, con la nuova Amministrazione Biden, gli americani perdano interesse per l’Iraq, con la conseguenza di un’ingerenza sempre più marcata da parte di Teheran.

Questa preoccupazione sarebbe a fondamento dei recenti attacchi della IAF contro obiettivi iraniani nella Siria orientale. Quella di martedì scorso è stata la quarta incursione israeliana nelle ultime due settimane.

Anche se i vertici politici cercano di farli passare sotto silenzio, fonti delle IDF affermano che gli attacchi sono avvenuti sulle posizioni degli iraniani al confine siriano-irakeno.

Le valutazioni dei servizi di Gerusalemme nel 2019 indicavano che le forze iraniane, presenti in Siria, avrebbero avute grosse difficoltà ad installarsi ad ovest di Damasco, visto i massicci bombardamenti da parte dei cacciabombardieri con la stella di David. Quindi Teheran, nell’ultimo anno, ha preferito spostare le sue truppe al confine con l’Iraq, una zona totalmente sotto il controllo di Teheran, dove ha costruito numerose infrastrutture. Sempre in questa zona gli iraniani hanno insediato miliziani appartenenti a vari gruppi, compresi gli Hezbollah.

Il raid di martedì è andato a colpire proprio quelle infrastrutture e quei gruppi jihadisti che gli iraniani ritenevano al sicuro.

Sempre secondo i servizi segreti israeliani Teheran sta rafforzando il confine siriano-irakeno installando missili da crociera, come l’Hoveyzeh con una gittata massima di 1.200 km, e strutture per permettere ai droni di attaccare il territorio israeliano.

Il governo di Gerusalemme teme che l’Amministrazione Biden si ritiri totalmente dall’Iraq, trasformandolo in uno stato vassallo dell’Iran. Sussiste la reale possibilità che gli Stati Uniti rientrino nell’accordo sul nucleare con Teheran, con la conseguenza di un significativo alleggerimento delle sanzioni contro l’Iran. Gli analisti israeliani temono che tali combinazioni di avvenimenti porterebbe le Guardie Rivoluzionarie (i Pasdaran) ad aumentare gli attacchi contro lo stato ebraico.

Inoltre, proprio il resuscitare l’accordo sul nucleare sarebbe interpretato da Teheran come un via libera per compiere azioni convenzionali, ovvero metterebbero in atto azioni finalizzate a far salire la tensione nella regione, soprattutto utilizzando le milizie degli Hezbollah: Israele risponderà con fermezza ad ogni provocazione.

Il messaggio che vogliono lanciare agli Stati Uniti è che Israele ha tutto l’interesse nel mostrare che non accetterà nessuna distinzione tra il programma nucleare e le altre iniziative che gli iraniani prenderanno in Siria: comunque, per ogni governo israeliano, il regime di Teheran rappresenta una minaccia per la sopravvivenza del popolo ebraico.

Qualora le azioni degli Hezbollah dovessero aumentare d’intensità, le IDF allungherebbero il loro raggio operativo, collocandosi un gradino sotto al livello di guerra.

Due settimane fa, il capo di stato maggiore delle IDF, Aviv Kochavi (foto), ha elogiato diverse unità che hanno operato (anche operazioni clandestine) in teatri lontani dalle madre patria, tra cui una flottiglia di sottomarini tascabili impegnati nel Golfo Persico. Gli incursori della Marina (Shayetet 13) sono stati citati per aver compiuto una serie di missioni non convenzionali in ambienti non permissivi.

Le altre nazioni dell’area mediorientale sanno benissimo che lo Stato d’Israele è l’unico in grado di opporsi all’Iran. La normalizzazione dei rapporti diplomatici con gli stati del Golfo Persico ha permesso a Gerusalemme di poter monitorare più da vicino le iniziative della Repubblica Islamica.

Foto: IDF