Gli Stati Uniti stanno mettendo alla prova una grande varietà di sistemi d’arma nel Pacifico, nell’eventualità che dovesse scoppiare un conflitto con la Cina.
La U.S. Navy e il Corpo dei Marines stanno testando modi radicalmente nuovi di operare nel Pacifico inviando navi sperimentali senza pilota, nel contesto di esercitazioni molto articolate. Lo scopo di tali esercitazioni riguarderebbe la stesura di piani d’attacco finalizzati a permettere alle forze americane la possibilità di “saltare” da un’isola all’atra in tempi molto rapidi.
Lunedì scorso, la III Flotta del Pacifico ha dato inizio alla prima fase al largo della costa californiana: un cacciatorpediniere classe Zumwalt (foto) ha coordinato il dispiegamento di una varietà di unità navali e velivoli unmanned.
Le esercitazioni includeranno il progetto Super Swarm, pianificato dall’Ufficio di Ricerca Navale al fine di impiegare sciami di piccoli droni, vedrà tra l’altro l’impiego di UAV MQ-8B Fire Scout e MQ-9 SeaGuardian lanciati da un’unità Littoral. Le due tipologie di droni saranno integrate con le unità della U.S. Navy e dei Marines.
Se tali manovre avranno esito positivo, la U.S. Navy metterà in piedi un nuovo comando operativo incaricato di sviluppare e testare nuove dottrine operative, entro il 2022, per una nuova generazione di unità di superficie senza equipaggi.
A loro volta i Marines sono impegnati nella loro sperimentazione. La scorsa settimana hanno pubblicato il loro manuale, provvisorio, per operazioni EAB (Expeditionary Advanced Base), ovvero operazioni condotte a partire da basi avanzate expeditionary, che servirà da linea guida per sviluppare le tattiche che gli permetteranno di combattere sulle isole del Pacifico Meridionale.
Il comandante dei Marines, il generale David Berger, ha affermato di voler vedere i primi elementi EAB messi in pratica entro il 2023.
Tutto ciò che i Marines faranno dal Pacifico all'Artico nei prossimi due anni avrà al centro questa nuova sperimentazione, ha detto il tenente generale Eric Smith, comandante del dipartimento per lo sviluppo al combattimento e all’integrazione.
Fondamentalmente, il documento di 180 pagine è inteso come il primo passo nel tentativo di creare una serie di piccole unità, altamente mobili, incaricate della difesa aerea, della guerra antinave e sottomarina e dell’occupazione e del rifornimento di piccole basi temporanee, come parte di una campagna da un'isola all'altra nel Pacifico Meridionale in cui le unità continuano a muoversi, fornendo al contempo un obiettivo assai difficile da colpire da parte del fuoco nemico.
Dal punto di vista dei materiali, si evidenzia una trasformazione nel modo in cui i Marines si stanno equipaggiando, mettendo sul campo una gamma di nuovi sistemi e procedendo al rapido sviluppo di mezzi che si adattino meglio ai futuri scenari operativi.
Entro il 2030, il piano prestabilito indica che il Corpo dei Marines avrà più di 100 navi di superficie senza pilota a lungo raggio, inquadrate nella U.S. Navy, che eseguiranno missioni di sorveglianza e attacco utilizzando piccoli droni armati e guidati sugli obiettivi con precisione, in grado di poter, all’occorrenza, “vagare” sul bersaglio prima di schiantarsi contro di esso.
Foto: U.S. Navy / U.S. Marine Corps