Tra il 4 ed il 7 giugno del 1942 nei pressi dell’atollo Midway si infranse il mito dell’imbattibilità dell’impero giapponese. Da lì in poi le sorti nel Pacifico sarebbero cambiate a favore degli Alleati.
Dopo l’attacco di Tokyo (aprile 1942) effettuato da 16 bombardieri guidati dal colonnello James H. Doolittle l’esercito e la marina imperiale giapponese ritennero necessario evitare che questi eventi potessero ripetersi. Questo poteva essere ottenuto, solamente, allontanando ancora più a est gli Stati Uniti. Così lo stato maggiore imperiale giapponese concordò nell’attaccare il nemico nel Pacifico centrale.
L’obiettivo scelto fu l’atollo delle Midway (situato a mille miglia dalle Hawaii).
Molti si potrebbero chiedere perché un piccolo atollo fosse diventato così importante, ma in guerra anche la più piccola “isoletta” può cambiare le sorti di un conflitto.
Questo atollo, che apparteneva agli americani dalla fine del diciannovesimo secolo, rivestiva un’importanza strategica molto rilevante dal punto di vista geografico. Infatti dopo l’attacco di Pearl Harbor del 7 dicembre 1941 e il crollo di tutte le basi alleate nel Pacifico centrale, Midway divenne la prima base avanzata statunitense di fronte al Giappone.
L’ammiraglio Yamamoto (foto) ebbe il compito di organizzare il piano d’attacco. Era, quindi, fondamentale creare una flotta gigantesca che fosse in grado di sbaragliare gli americani.
Nel mese di maggio del 1942 fu messa a punto la pianificazione. Infatti il piano verteva nel cogliere di sorpresa gli statunitensi e conquistare Midway con uno sbarco anfibio, e mettere fuori combattimento quello che rimaneva della flotta americana. Quello che, però, non sapevano i giapponesi è che l’intelligence della U.S. Navy riuscì a scoprire i loro progetti d’attacco (previsti per gli inizi di giugno). Infatti gli statunitensi furono in grado di decifrare il codice segreto nipponico. I giapponesi nei loro messaggi indicavano un luogo con la sigla "AF" come l’obiettivo di grandi preparativi d’invasione.
L’intelligence ebbe il sospetto che si trattasse di Midway. Così decisero di verificare: trasmisero alla radio, da Midway, un messaggio che indicava come la "distillazione dell’acqua di mare fosse in avaria". Esattamente il giorno seguente i messaggi cifrati giapponesi iniziarono a trasmettere che "AF" era a corto di acqua dolce. Adesso per gli Stati Uniti rimaneva “solamente” attendere l’attacco. Inoltre, a fine maggio, gli statunitensi vennero a conoscenza che ci sarebbe stata una seconda invasione giapponese nelle isole Aleutine, ma che si sarebbe trattato solo di un diversivo.
L’ammiraglio Yamamoto (a bordo della corazzata Yamato) condusse personalmente l’attacco, e prese il mare con la più grande flotta che avesse potuto radunare; l’ammiraglio Nimitz avrebbe seguito le operazioni dal quartier generale di Pearl Harbor e diretto i movimenti degli ammiragli Spruance e Fletcher (comandanti rispettivamente delle Task force 16 e 17).
La flotta della marina imperiale giapponese era davvero impressionante e comprendeva: 11 corazzate (compresa la Yamato), 4 portaerei con quasi 300 velivoli a bordo, circa 13 incrociatori pesanti e 5 leggeri, una sessantina di cacciatorpediniere e più 20 sommergibili.
La flotta della U.S. Navy era così formata: 3 portaerei, 8 incrociatori, circa 14 cacciatorpediniere e 20 sommergibili oltre all’appoggio delle forze aeree di Midway e delle Hawaii.
Il 3 giugno l’ammiraglio Fletcher (a bordo della portaerei Yorktown - foto) prese posizione circa 200 miglia a nord-est delle Midway, pronto per parare l’attacco.
La marina giapponese si avvicinò in tre gruppi: a nord c’era il viceammiraglio Naguno con tutte e quattro le portaerei, seguito da due navi da battaglia, incrociatori e cacciatorpediniere. L’obiettivo dell’ammiraglio era quello di sopraffare gli aerei di base a Midway e ogni possibile resistenza che potesse verificarsi da parte di velivoli lanciati da, possibili, portaerei presenti nelle vicinanze.
Intorno alle 9, 25 del mattino del 3 giungo, idrovolanti statunitensi avvistarono il convoglio nipponico. Così dalle Midway fu lanciato il primo attacco aereo, intorno alle 12,30, con 9 bombardieri ma questa sortita fu un totale fallimento a causa della distanza. Ci fu anche un attacco notturno ma venne colpita solamente una nave cisterna, senza creare troppi problemi al convoglio di navi giapponesi.
Alle prime luci dell’alba del 4 giungo le portaerei nipponiche si trovavano a circa 200 miglia a nord dell’isola (non notate da nessuno), e da quella posizione lanciarono un centinaio di bombardieri scortati da una cinquantina di caccia.
In seguito le pattuglie aeree di Midway riuscirono ad avvistare gli aerei giapponesi e le portaerei. Iniziava la battaglia.
Intorno alle 9, 30 del mattino gli aerei statunitensi, decollati dalla portaerei Hornet, attaccarono la squadra navale dell’ammiraglio Nagumo. All’inizio sembrò che l’offensiva americana portasse ad un nulla di fatto, ma andò diversamente.
Intorno alle 10, 26 un attacco condotto da 37 aerei Dauntless (foto) partiti dalla portaerei Enterprise ebbe effetti devastanti per la flotta imperiale nipponica.
Le portaerei giapponesi in quel momento erano, completamente, vulnerabili dato che i loro ponti erano ingombri di aerei, contenitori di carburante e bombe. Nel giro di dieci minuti i bombardieri statunitensi mandarono a picco tre delle portaerei presenti: una bomba centrò l’aviorimessa della portaerei Akagi facendo esplodere il deposito siluri, mentre un’altra spazzò il ponte di lancio. Stessa sorte toccò alla Kaga colpita da quattro bombe.
In seguito altri Dauntless colpirono la Soryu, che affondò. Rimase illesa solamente la Hiryu. Intorno alle 10,55 questa portaerei iniziò a lanciare il primo contrattacco contro le forze statunitensi, colpendo la Yorktown, che alle 14, 45 dopo un paio di attacchi fu gravemente danneggiata in maniera tale che non ci fu più nulla da fare (affonderà il 7 giugno colpita da un siluro giapponese).
Le altre due portaerei americane, la Enterprise e la Hornet, non subirono danni, e così furono nella possibilità di sferrare un ulteriore attacco alla Hiryu, che andò a picco portando con lei l’ammiraglio Yamaguchi, che per le sue abili doti era considerato da molti il possibile successore di Yamamoto. Per la marina imperiale giapponese fu un completo “disastro” navale.
L’ammiraglio Yamamoto si rese conto di che tragedia fosse stata la perdita delle portaerei, e dopo aver segnalato la ritirata generale, diede l’ordine di un bombardamento navale di Midway; probabilmente per salvare la faccia dalla terribile sconfitta, e per coprire la ritirata. Anche in questo caso, però, fu un insuccesso: due incrociatori (Mogami e Mikuma), dei quattro destinati destinati all’operazione, entrarono in collisione dopo aver tentato di evitare un sommergibile della U.S. Navy. Il piano d’attacco venne abbandonato e gli incrociatori si ritirarono.
Il 6 giugno la Enterprise e la Hornet riuscirono ad avvistare e bombardare i due incrociatori (già danneggiati), e mentre il Mikuma (foto) affondò il Mogami riuscì a portarsi in salvo.
Quando la flotta superstite tornò in Giappone vennero informati della terribile sconfitta solamente l’imperatore Hirohito e pochi alti ufficiali della marina.
Anche ai comandi dell’esercito, per un po’, non fu detto nulla al riguardo; a dimostrazione di come i rapporti fra marina ed esercito fossero molto “difficili” (per usare un eufemismo). Al popolo giapponese, invece, fu detto che avevano conseguito una vittoria.
La battaglia delle Midway fu una di quelle che decisero le sorti del conflitto nel Pacifico.
L’impero nipponico, dopo la sconfitta, non riuscì più a prendere l’iniziativa; il vantaggio che si era creato all’inizio con l’attacco di Pearl Harbor fu "cancellato". Con questa brillante vittoria la flotta statunitense, invece, fu in grado di ristabilire la parità con la marina giapponese; inoltre nel giro di pochi anni gli Stati Uniti sarebbero stati in grado di poter schierare decine di nuove portaerei e centinaia di navi da battaglia (cosa che il Giappone non fu in grado di fare).
Gli statunitensi, dopo Midway, iniziarono a “riprendersi” il Pacifico.
Riferimenti bibliografici:
Guido Gerosa, Midway. La battaglia degli ammiragli, Storia Illustrata, n°233, Mondadori, Milano, 1977
Sergio Masini-Riccardo Masini, Le battaglie che cambiarono il mondo, Rusconi, Santarcangelo di Romagna, 2018
Bernard Millot, La guerra del Pacifico 1941-1945. Il più grande conflitto aereonavale della storia, BUR, Milano, 2019
Fabio Riggi, I grandi condottieri della Seconda guerra mondiale, Newton Compton, Roma, 2018
Oliver Warner, Storia mondiale dei conflitti navali. 1571-1944. Da Lepanto alla riconquista americana del Pacifico, Res Gestae, Milano, 2014
Nicola Zotti, Un duro colpo all’impero del Sol Levante, in Le grandi battaglie navali, Sprea, Cernusco Sul Naviglio, 2019
Foto: U.S. Navy / web