È strano come corsi e ricorsi storici si inseguono, sui mari del mondo… dalla fine della seconda guerra mondiale molte cose sono cambiate nel Pacifico e, dopo un periodo di monopolio statunitense, in questi ultimi anni vecchie e nuove potenze marittime hanno rinnovato le loro costruzioni, costruendo unità portaeromobili, volendo confermare l’importanza della componente aeronavale nelle operazioni marittime del III millennio.
Ultimi eventi sono state le operazioni di due F-35B del Corpo dei Marines statunitense (USMC), appartenenti al Marine Fighter Attack Squadron 242 con sede in Giappone, a bordo della porta aeromobili giapponese JS Izumo.
L’importanza della componente aeronavale: un punto di forza da sempre della marina nipponica
Nel corso dell’ultima guerra mondiale, il Giappone dimostrò di possedere una forza aeronavale di tutto rispetto sia dal punto di vista tecnologico che tattico. Lo stato maggiore della marina nipponica si dimostrò efficiente e con una visione strategica incentrata sull’uso di diverse portaerei (la Kidō Butai).
Dopo la sconfitta la Marina imperiale giapponese (o 日本海軍 Nippon Kaigun per “Marina dell’impero del Grande Giappone”) fu sciolta nel 1947 dall’accettazione della Dichiarazione di Potsdam.
Le navi furono disarmate e alcune di esse, come la corazzata Nagato (nella foto durante il secondo test atomico nell'atollo di Bikini, ndr), furono acquisite dalle potenze alleate come riparazione dei danni di guerra. Le restanti navi furono impiegate in compiti di supporto e, in particolare, per lo sminamento delle migliaia di mine navali posate nell’area intorno alle coste giapponesi.
Il futuro della flotta fu limitato dalla nuova Costituzione giapponese, firmata nel 1947, che con l’articolo 9 specificò che il popolo giapponese rinunciava per sempre alla guerra come diritto sovrano della nazione e alla minaccia o all’uso della forza come mezzo per risolvere le controversie internazionali. Questo comportò che il Giappone fu autorizzato a mantenere forze militari solo a fini di autodifesa. Una limitazione che già si prevedeva temporanea, visto il corso della politica del nuovo Giappone sempre più orientato verso un rapporto preferenziale con gli Stati Uniti.
Dall’altra parte gli Statunitensi avevano mantenuto una presenza militare sul territorio, avevano intravisto una certa utilità a favorire lo sviluppo nella regione di forze amiche in grado di contribuire al mantenimento della sicurezza marittima.
Nel 1952, venne creata la Coastal Safety Force, costituita all’interno dell’Agenzia per la sicurezza marittima, incorporando la flotta delle unità di dragaggio con le poche unità di altura, per lo più cacciatorpediniere, fornite dal programma di cooperazione con gli Stati Uniti.
Nel 1954, in seguito all’approvazione della nuova legge sulle forze di autodifesa, fu creata la JMSDF (Japan Maritime Self-Defense Force) come ramo navale delle Forze di autodifesa giapponesi (JSDF).
Nel 1956, la cantieristica nipponica costruì il suo primo cacciatorpediniere di produzione nazionale dalla seconda guerra mondiale, l’Harukaze (foto).
Da quel momento le unità giapponesi diventarono, a similitudine di quelle dei Paesi membri della NATO, un’importante componente per la lotta contro i sommergibili sovietici nel Pacifico. In quel periodo furono anche avviati importanti progetti di unità da impiegare nel pattugliamento navale.
Dopo la fine della Guerra Fredda, il JMSDF incominciò ad inviare le sue unità nelle zone di conflitto, partecipando attivamente sia ad operazioni internazionali, sotto l’egida delle Nazioni Unite, sia a coalizioni nell’ambito delle operazioni di sicurezza marittima (antipirateria).
Nel 1993 il JMSDF commissionò il suo primo cacciatorpediniere, Kongō, equipaggiato con il sistema di combattimento integrato Aegis, un’unità che venne poi impiegata anche in esercitazioni navali congiunte con gli Stati Uniti. Il JMSDF continuò in quegli anni ad inviare un certo numero di cacciatorpediniere nell’Oceano Indiano in attività di scorta per le navi alleate nell’ambito dell’operazione Enduring Freedom delle Nazioni Unite.
Ci furono momenti di grande tensione, basti ricordare le operazioni contro le forze nordcoreane, quando unità giapponesi ingaggiarono ed affondarono, il 22 dicembre 2001, una nave spia nordcoreana nello scontro di Amami-Ōshima. Si trattò di uno scontro, che durò circa sei ore, tra quattro unità della Guardia Costiera Giapponese ed una nave armata nordcoreana, nei pressi dell’isola di Amami-Ōshima, nel Mar Cinese Orientale. Il peschereccio spia nordcoreano si rifiutò di fermarsi ed iniziò un violento scontro a fuoco che si concluse con l’affondamento del peschereccio.
L’evento avvenne oltre le acque territoriali giapponesi ma entro la zona economica esclusiva (ZEE), dove il Giappone può esercitare diritti esclusivi sulla pesca e l’estrazione mineraria.
Dai caccia alle porta aeromobili
Durante le operazioni di questi ultimi anni si è notata una rivisitazione del concetto operativo della marina giapponese, culminata con la pianificazione di una nuova classe di “portaelicotteri”, dichiarata come cacciatorpediniere classe Hyūga ma di fatto poi classificata come portaelicotteri dal Lloyd’s Register.
Questo suscitò un certo numero di polemiche in quanto, sempre facendo riferimento all’articolo 9 citato, l’impiego di portaerei fu visto come il voler riacquisire una capacità offensiva. Il JMDF ribatté che, a similitudine della marina statunitense, che considerava le grandi portaerei come portaerei di attacco mentre le portaerei minori (portaeromobili) come unità anti sommergibili, di fatto la nuova costruzione si identificava in una portaelicotteri quindi con compiti non offensivi.
Nel novembre 2009, il JMSDF annunciò i piani per una “portaelicotteri” più grande, il cacciatorpediniere per elicotteri classe Izumo. L’unità fu varata il 6 agosto 2013 ed ha recentemente ultimato la prima sosta di grandi manutenzioni (costata oltre 30 milioni di dollari) che ha permesso l’imbarco di aerei ad ala fissa. Grazie alle esperienze acquisite la nave gemella dell’Izumo, Kaga, sarà modificata probabilmente a partire da quest’anno.
Ma veniamo alla notizia che sembra concludere un lungo periodo dal dopoguerra: due F-35B del USMC sono atterrati con successo sull’Izumo, utilizzando la manovra standard degli aerei short take-off and vertical-landing (STOVL). Per i non addetti ai lavori, in parole semplici, il pilota converte l’aereo in modalità hover mentre vola di fianco della portaerei, quindi si sposta lateralmente sul ponte prima di appontare.
Le operazioni hanno avuto successo anche se, sembrerebbe che i due aerei, avvicinatisi sul lato sinistro dell’Izumo, abbiano avuto qualche problema per evitare il cannone di prua. Una manovra che potrebbe essere pericolosa in determinate situazioni operative per cui è già stato previsto che nei prossimi lavori, nel 2024, il cannone sarà spostato, di fatto liberando spazio sul ponte per le operazioni di volo.
In estrema sintesi, il JS Izumo ha dimostrato di essere in grado di effettuare operazioni di velivoli a decollo corto e atterraggio verticale (VSTOL), un fattore importante per svolgere operazioni aeronavali difensive e offensive in mare.
Questa nuova capacità viaggia in parallelo con l’acquisizione della Difesa giapponese di 42 F-35B per operare da Izumo e Kaga che imbarcheranno il primo velivolo dal 2023.
Nel frattempo, la collaborazione con i velivoli dell’USMC consentirà alla marina giapponese di addestrare gli specialisti di volo della Izumo in attesa dell’entrata in servizio degli F-35B giapponesi.
Le due rinnovate portaeromobili giapponesi certamente troveranno un utile impiego nel Pacifico dove si assiste ad un potenziamento offensivo della marina cinese che si è dotata di due portaerei (ne sta costruendo una terza). In un ipotetico conflitto le portaeromobili torneranno quindi ad essere significative per il controllo delle rotte, estendo il lungo braccio delle loro capacità offensive per una contesa che si combatterà ancora nei cieli dell’alto mare.
Una capacità che si spera verrà consolidata anche nella marina militare italiana, mettendo fine alla situazione di stallo attuale.
Foto: U.S. Marine Corps / Japan Maritime Self-Defense Force
(articolo originariamente pubblicato su https://www.ocean4future.org)