Il 24 di febbraio del 2022, alle ore 4.00 di notte in Italia, con un messaggio pre-registrato e diretto sia alla nazione che al resto del mondo, il presidente della Federazione Russa, Vladimir Vladimirovich Putin ha annunciato l'inizio di una massiccia “operazione militare speciale” contro lo stato ucraino a sostegno delle neo-riconosciute Repubblica Popolare di Donetsk e Repubblica Popolare di Lugansk. Il mondo intero ha ben presto scoperto che, sotto le mentite spoglie della “Operazione Militare Speciale” sbandierata dall'inquilino del Cremlino, si celava altresì l'invasione totale in grande stile dell'Ucraina.
Oggi, essendo ormai passata un'intera settimana dall'inizio delle ostilità, ed essendosi in parte diradata la “nebbia di guerra” che inevitabilmente regna suprema all'inizio di ogni conflitto, è possibile fare una prima analisi a 360 gradi della situazione sia sul terreno che nel suo contesto più ampio toccando tutti i punti più importanti e cercando di fare delle previsioni su come le cose possano evolvere fino alla loro conclusione. Ovviamente tali giudizi devono essere necessariamente “temperati” sia da quella che, in certi casi, è la scarsità di informazioni, sia da quella che potremmo definire “povertà di attenzione” da parte dei principali fornitori di notizie che, per una ragione o per l'altra, non riescono, non possono o non vogliono fornire tutti i dati necessari affinché il pubblico possa apprezzare il cosiddetto “sguardo d'insieme”.
Partiamo ora doverosamente ad analizzare il più importante dei “piani” sui quali si sta sviluppando questo evento storico: quello strettamente militare e delle operazioni sul campo.
L'invasione russa dell'Ucraina è scattata, congiuntamente alla messa in onda del discorso di Putin, con un bombardamento massiccio da parte sia delle forze missilistiche che aeree russe di tutto il territorio ucraino, dall'estremo est fino all'estremo ovest del paese. Secondo i dati forniti dal Ministero della Difesa della Federazione Russa, sono stati bombardati in quella prima ondata oltre 1150 obiettivi di diversa entità e importanza che vanno dalle basi aeree, alle basi navali, alle principali industrie facenti parte del complesso militare-industriale del paese e una miriade di altri siti di tutti i tipi.
Il bombardamento iniziale ha visto l'impiego, tra gli altri, di non meno di 150 missili balistici tattici del tipo 9K720 Iskander e OTR-21 Tochka (questi ultimi riattivati per l'occasione dagli ampi stock della riserva) mentre non trovano al momento conferma le voci sull'utilizzo degli R-11/R-17/R-300 Elbrus (meglio noti al grande pubblico come “Scud”). Le Forze Armate russe hanno utilizzato un grande numero di missili da crociera di tutti i tipi e versioni, lanciati dai velivoli delle Forze Aeree, dalla navi di superficie e dai sottomarini della Marina nonché dalle batterie terrestri delle Forze di Terra.
Tra le piattaforme aeree che hanno dato il maggior contributo nel corso di questo bombardamento iniziale vanno annoverati i 138 velivoli della Forza da Bombardamento Strategico della Russia (55 Tupolev Tu-95, 66 Tupolev Tu-22M e 17 Tupolev Tu-160) ognuno in grado di trasportare una pluralità di missili da crociera. Da evidenze risultanti da numerosi video postati da utenti originari dei luoghi del confronto militare, un ruolo di assoluta importanza lo hanno svolto, come già nel corso della Guerra Civile Siriana, varie tipologie di missili facenti parte della famiglia dei 3M-54 Kalibr (che, bisogna ricordarlo, è una “denominazione ombrello” che copre un'ampia gamma di missili), ma non sono stati affatto gli unici, come già descritto con dovizia di particolari nell'analisi intitolata “Sciame di Fuoco” che invito a rileggere. Come detto nell'analisi medesima, i russi hanno inoltre attaccato massicciamente le batterie missilistiche per la difesa aerea ucraine sia sotto il controllo delle Forze di Terra che sotto il controllo delle Forze Aeree al fine di raggiungere il pieno dominio dell'aria. L'offensiva missilistica ed aerea russa però, contrariamente alle dottrine di guerra dei paesi occidentali, ha coinciso in tutto e per tutto con l'inizio del conflitto di terra così come sui mari.
Ad impressionare maggiormente gli osservatori internazionali è stata la velocità con la quale i russi hanno proceduto almeno nelle prime ore dell'attacco. La lunga lista di obiettivi colpiti, così come il tempismo del movimento delle colonne corazzate e meccanizzate nel territorio dell'Ucraina fanno supporre un'eccellente preparazione a livello dell'intelligence che ha fornito ai vertici militari e politici una corretta rappresentazione del posizionamento degli obiettivi così come la dislocazione delle unità ucraine.
Come è noto, le più importanti agenzie di intelligence della Russia (il servizio segreto domestico, FSB, quello estero, SVR, e quello militare GU/GRU) hanno tutti incrementato esponenzialmente la loro presenza nel territorio dell'Ucraina a partire dagli eventi del 2014 ed è logico aspettarsi che la rapidità con la quale i russi hanno colpito gli ucraini in tutti i fronti sia in gran parte attribuibile ad un metodico “lavoro di preparazione nell'ombra” durato per molto tempo.
Dovendo valutare nel complesso le prestazioni ed i risultati ottenuti dai russi sul fronte aereo e missilistico possiamo dire che sono stati eccellenti.
Come correttamente anticipato nell'analisi “Sciame di Fuoco”, l'infrastruttura logistica di sostegno alle Forze Armate Ucraine è stata completamente devastata così come il sistema di difesa antiaerea il quale è stato in gran parte demolito nel corso della prima notte di operazioni nonostante avesse a disposizione un gran numero di batterie missilistiche e di radar di scoperta. Sì è pertanto verificato correttamente lo scenario paventato nella sopra citata analisi di un sistema antiaereo ricco di mezzi ma purtroppo non integrato in una IADS coerente e che non ha saputo agire all'unisono contro l'offensiva aerea e missilistica del nemico. Parallelamente anche la Forza Aerea Ucraina ha sofferto terribilmente a causa dell'attacco nemico nonostante gli ucraini avessero preventivamente disperso una parte dei loro assets in numerosi aeroporti secondari e persino su piste in terra battuta situate ai margini delle foreste dell'Ucraina occidentale.
Dopo sette giorni dall'inizio delle operazioni aeree, i velivoli di Kiev possono portare a compimento solamente attacchi mordi-e-fuggi compiuti da uno o due velivoli alla volta la cui capacità di sopravvivenza, per altro, diminuisce sempre più di giorno in giorno. Mentre i russi, ormai padroni dei cieli, possono far operare i loro velivoli a tutte le altitudini, in base al tipo di missioni che devono compiere (caccia libera, copertura, bombardamento, interdizione sul campo di battaglia, supporto tattico, ecc...) i velivoli ucraini ormai operano esclusivamente a volo radente per evitare di essere intercettati dai russi, ma così facendo, ogni qual volta tentano di attaccare le colonne corazzate e meccanizzate russe, lo devono fare letteralmente attraversando “tunnel” di missili e proiettili traccianti dell'antiaerea convenzionale che accompagna gli elementi corazzati di punta.
Tale tattica è già costata agli ucraini un numero inaccettabile dei loro velivoli e piloti superstiti senza per altro ottenere grandi risultati. I “colpi” migliori, da questo punto di vista, li hanno inflitti gli aerei da supporto tattico Sukhoi Su-25 e gli UAV armati Baykar Bayraktar TB2 che, pur infliggenti danni ai russi, non sono stati e non saranno in grado di fermare l'avanzata dei nemici. È vero che nell'ambito delle discussioni in sede europea relative alle forniture militari d'emergenza che la UE dovrebbe inviare all'Ucraina, vi è la possibilità di mettere a disposizione aerei che sono oggi in servizio oppure sono in magazzino, con le aeronautiche dei paesi dell'ex-Patto di Varsavia e oggi membri della NATO.
Più in dettaglio si parla di 44 Mig-29A/UB in servizio ed in magazzino in possesso delle Forze Aeree Polacche, 21 Mig-29AS/UBS in servizio ed in magazzino presso le Forze Aeree Slovacche, 19 Mig-29A/UB e 23 Su-25 in servizio ed in magazzino appartenenti alla Forza Aerea Bulgara, 28 Mig-29A/UB in magazzino appartenenti alle Forze Aeree Ungheresi, 21 Mig-29A/UB/S immagazzinati dalle Forze Aeree Romene e 25 Su-25K/UBK immagazzinati dalle Forze Aeree Ceche. È vero che, sulla carta, si tratterebbe della fornitura potenziale di ben 181 velivoli da combattimenti, tuttavia prima di farsi prendere dal facile entusiasmo è necessario ricordare che gli aerei immagazzinati da anni necessitano di lunghi e completi cicli di revisione prima di poter tornare a volare, mentre quelli che ancora volano sono logori dopo decenni di operazioni e voli d'addestramento.
Infine, la strumentazione elettronica e gli apparati IFF (Identification Friend or Foe) dei velivoli precedentemente o attualmente in servizio nelle aeronautiche dei paesi sopra citati non sono minimamente compatibili con le strumentazioni in servizio con la Forza Aerea Ucraina, perciò il loro utilizzo con letteralmente zero preparazione porterebbe solamente a danni e farebbe ulteriormente lievitare le già gravi perdite. Ecco perché l'autore delle presente analisi ritiene che la suddetta proposta di fornire velivoli ex-Patto di Varsavia all'Ucraina in definitiva non porterà a nulla. Sicuramente i velivoli e i piloti superstiti della Forza Aerea Ucraina continueranno a servire e combattere, distinguendosi e sfruttando ogni occasione per infliggere danni alle forze dell'invasore, ma con il passare dei giorni combatteranno fino alla progressiva “estinzione”.
Quanto fin qui affermato non significa però che gli aerei e gli elicotteri russi possano operare “impunemente” sopra i cieli dell'Ucraina, dovendosi comunque occasionalmente difendere dalle sortite dei velivoli e delle batterie missilistiche superstiti di Kiev, oltre che dalla contraerea convenzionale e dai missili antiaerei a corto raggio trasportabili a spalla (MANPADS), sempre onnipresenti, e che hanno già avuto modo di infliggere diverse lezioni sanguinose ai nemici. Tuttavia è altresì possibile affermare senza ombra di dubbio che, a conti fatti e considerando tutti gli elementi in nostro possesso, la V-VS ha conquistato stabilmente il dominio dei cieli.
Un ultimo elemento che ci fa capire l'importanza che il dominio dell'aria riveste in questa contesa riguarda il fatto che esso va a neutralizzare le forze d'élite dell'Ucraina andando a vantaggio di quelle della Russia. Rimasti infatti privi sia di aerei da trasporto che di elicotteri, sia i paracadutisti delle Forze da Assalto Aereo che gli operatori delle Forze per Operazioni Speciali di Kiev sono oggi costretti a combattere come semplice fanteria d'élite vedendo quindi grandemente ridotte, se non annullate, le possibilità di poter esprimere il proprio valore aggiunto nella guerra convenzionale.
Non così è invece per gli uomini delle VDV, le Forze Paracadutiste della Russia e per i loro colleghi delle Spetsnaz che possono invece raggiungere ogni angolo del territorio ucraino nella quasi totale impunità e diventando un eccellente moltiplicatore di potenza per le strategie russe.
Stesso identico discorso vale per il fronte navale. In previsione all'invasione dell'Ucraina, la Russia aveva concentrato nell'area del Mar Nero la più grande forza navale dal 1991, rinforzando la Flotta del Mar Nero ivi di stanza con altre ulteriori unità provenienti dalla Flotta del Nord, dalla Flotta del Baltico, dalla Flottiglia del Caspio e persino dallo squadrone dell'Oceano Indiano, oltre ovviamente al naviglio leggero messo a disposizione dalla componente navale alle dipendenze delle Guardie di Frontiera del FSB.
Allo scoppio delle ostilità, i russi hanno bombardato intensamente tutte le basi navali ucraine sia nel Mar d'Azov che nel Mar Nero, colando a picco le unità ivi presenti e devastando le infrastrutture. Il canto del cigno della componente navale ucraina è avvenuto il 25 di febbraio quando una forza di 16 unità diretta verso la cosiddetta Isola dei Serpenti occupata il giorno prima dalle forze navali russe è stata affrontata e dispersa da una bordata di missili antinave sparati dall'incrociatore Moskva e dal pattugliatore Vasily Bykov soffendo la perdita di 6-8 vascelli a seconda delle fonti.
Ignoto per il momento il destino della nave ammiraglia della flotta ucraina, la fregata “Hetman Sahaidachny”, ma secondo fonti russe sarebbe stata colata a picco dal suo stesso equipaggio per prevenirne la cattura. La Marina Ucraina ha ancora a propria disposizione alcune batterie di missili antinave tra i quali i Neptune con i quali ingaggiare le navi russe nel caso si avvicinassero troppo alle coste, mentre sembra che i velivoli dell'Aviazione Navale Ucraina siano stati distrutti al suolo nella loro base di Kherson. Anche la conquista del pieno controllo dello spazio navale è di fondamentale importanza per l'andamento delle operazioni belliche perché ciò garantisce la completa sicurezza della penisola della Crimea ed il suo ruolo come trampolino di lancio per le operazioni offensive nel cuore del territorio ucraino così come apre la possibilità di poter realizzare il tanto atteso sbarco anfibio che permetterebbe ai russi di dare l'assalto sia allo strategico porto di Odessa che alla finitima area della “Foce del Danubio”.
Dulcis in fundo, il dominio tanto del mare quanto dell'aria ha anche una valenza strategica perché impedisce agli ucraini di ricevere aiuti militari tramite ponte aereo e navale e permette ai russi di continuare ad utilizzare queste due “dimensioni” per procedere nella loro opera di bombardamento sia strategico che tattico nei confronti del nemico.
In conclusione, dopo la prima settimana di guerra possiamo affermare che la Forza Aerea, la Marina e le Forze di Difesa Aerea dell'Ucraina hanno cessato di esistere come forze organiche da combattimento e la loro resistenza residua è essenzialmente affidata ad elementi isolati.
Sino ad oggi, l'unica risposta a livello substrategico che le Forze Armate Ucraine sono riuscite a mettere a segno per controbilanciare lo strapotere russo è stata il bombardamento, mediante missili OTR-21 Tochka, della base aerea di Millerovo, situata a circa 80 chilometri da Lugansk che ha causato la distruzione di 1 o 2 velivoli Sukhoi Su-30 a seconda delle fonti. Più complessa si sta rivelando la situazione della contesa terrestre divisa sostanzialmente in quattro fronti.
Il “Primo Fronte”, quello che in realtà ha dato origine al conflitto, è il fronte del Donbass che, nel silenzio assordante della stampa mondiale sta vedendo i combattimenti più accaniti tra gli opposti schieramenti.
Alla vigilia dello scoppio della guerra si fronteggiavano su questo teatro 125.000 soldati ucraini (pari al 50% delle Forze Armate del paese) e 55.000 uomini delle Forze Armate Unificate delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk (anche dette “Forze Unificate della Novorossiya”) supportati da due corpi d'armata russi con altri 20.000 uomini. Nei giorni precedenti lo scoppio delle ostilità vere e proprie, a seguito dell'ordine di mobilitazione generale dell'intera popolazione maschile delle due repubbliche separatiste, le “Forze Unificate della Novorossiya” hanno visto gonfiare a dismisura i loro ranghi composti in larga parte da veterani del conflitto degli ultimi 8 anni. Dall'altra parte, i 125.000 uomini della Forze Armate Ucraine già presenti nel teatro, sono stati rinforzati nelle settimane precedenti allo scoppio delle ostilità da ben 225.000 riservisti, portando il totale delle forze di Kiev presenti nell'area alla ragguardevole cifra di 350.000 uomini.
Già nell'arco temporale compreso tra il 21 ed il 23 di febbraio, le forze sopra citate presenti nell'area del Donbass avevano iniziato ad ingaggiare i soldati ucraini posizionati lungo la “Linea di Contatto” (anche chiamata “Linea Zelensky”) al riparo delle loro munitissime opere difensive. Molto si è parlato negli ultimi giorni, dello schieramento in Ucraina da parte di Mosca di sistemi per il combattimento urbano e antibunker come i TOS-1 “Buratino” e varie altre tipologie di veicoli del genio ma, guardando attentamente i filmati provenienti da quell'area di guerra, si vede che già prima dell'inizio delle ostilità i russi ed i “donbassiani” avevano già concentrato un gran numero di tali mezzi, ad indicazione del fatto che si aspettavano l'inizio di una battaglia stile “Linea Sigfrido”. È così infatti è stato dall'inizio delle ostilità fino ad oggi, con gli ucraini che hanno tenuto la loro massiccia linea difensiva nonostante la pressione montante sia da terra che dall'aria e le forze congiunte russo-donbassiane che hanno continuato ad attaccare forti sia dell'esperienza che della superiorità in potenza di fuoco.
Solo a partire dal 28 di febbraio le linee ucraine nell'area del Donbass hanno cominciato a cedere nelle aree di Severodonetsk, Lysychansk, Novoaidar, Shchastia, Stanitsa Luganska, Volnovakha e Mariupol, ma non bisogna dimenticare che uno rapido sfondamento in quell'area non era mai stato preso in considerazione dagli strateghi di Mosca che, infatti, avevano pensato sin da subito di utilizzare la “battaglia della linea del Donbass” come una sorta di “battaglia d'arresto” per attirare in loco forze vitali che Kiev avrebbe potuto impiegare invece in maniera più proficua altrove, ed infatti gli eventi stanno oggi cominciando a dare ragione alla strategia dell'Alto Comando Russo, ma per poterlo apprezzare, bisogna vedere quanto sta avvenendo altrove.
Il “Secondo Fronte” della Guerra Russo-Ucraina è quello meridionale. Qui sin dall'inizio delle operazioni, i russi hanno lanciato all'attacco una forza meccanizzata di 12-17.000 uomini comprendente, tra gli altri, elementi della Fanteria di Marina subordinati alla Flotta del Mar Nero ed alla Flottiglia del Caspio.
Contrariamente a quanto affermato da numerosi mezzi di stampa, né lungo la cosa del Mare di Azov né lungo quella occidentale del Mar Nero è avvenuto finora alcuno sbarco anfibio “stile Seconda Guerra Mondiale” e le uniche unità russe infiltratesi per via navale o elitrasportate nel teatro delle operazioni sono state quelle delle Spetsnaz, sulle quali però non sono al momento disponibili dettagli esaustivi. La presenza di un terreno favorevole e l'intenso sostegno ricevuto dai velivoli sia ad ala fissa che ad ala rotante ha fatto sì che i russi siano riusciti ad avanzare speditamente in cinque direzioni:
-verso nord-ovest, in direzione di Nova Kakhovka, Kherson e Nikolayev;
-verso nord, in direzione di Energodar e della sua centrale nucleare;
-verso nord-nord-est, in direzione di Tokmak e Zaporozhye;
-verso nord-est, in direzione del Donbass;
-verso est in direzione di Melitopol, Berdiansk e Mariupol.
L'avanzata russa non è stata una “marcia trionfale”, tuttavia gli armati di Mosca sono riusciti ad ottenere risultati eccellenti in rapporto alle forze impiegate. Gli sviluppi nella zona meridionale devono essere tenuti attentamente sotto osservazione perché se l'avanzata verso nord-ovest, una volta superata la resistenza di Kherson e Nikolayev punterà prevedibilmente su Odessa, togliendo all'Ucraina qualsiasi sbocco al mare e permettendo alle forze russe di congiungersi a quelle della Transnistria, l'avanzata verso nord-est in direzione del Donbass minaccia di tagliare qualsiasi via di ritirata ai 350.000 uomini di Kiev che ancora difendono con le unghie e con i denti la “Linea Zelensky”.
Fino ad ora non sono avvenuti episodi di sbandamento tra le file ucraine ma non è detto che le cose non possano virare verso lo scenario peggiore nel caso l'offensiva delle truppe russe del fronte sud continui ad avanzare verso nord-est e venga appoggiata da un analogo sfondamento nella zona di Kharkhov.
Contrariamente a quello che direbbero i “generali da tavolo”, gli alti ufficiali ucraini hanno fatto benissimo fino ad ora ad ordinare alle loro truppe di tenere le linee del Donbass perché una ritirata tattica in presenza di una pressione operata dai russo-donbassiani e sotto la minaccia costante dell'artiglieria e, soprattutto dell'aviazione russa, avrebbe potuto trasformare tale ritirata in una rotta completa, senza contare il fatto che, molto probabilmente, le Forze Armate Ucraine non hanno a disposizione un numero sufficiente di mezzi meccanizzati e motorizzati per riuscire a ritirare tempestivamente 350.000 uomini. Il problema è che, più passano i giorni, più il pericolo che la “Linea Zelensky” si trasformi in una micidiale trappola per i suoi difensori diventa reale. Il metodico annientamento di una forza di 350.000 riecheggerebbe nella Storia come e quanto quello della 6a Armata della Wehrmacht durante la battaglia di Stalingrado nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Per questa ragione è bene che a Kiev si facciano venire in mente delle idee, e pure in fretta!
Il “Terzo Fronte” della Guerra d'Ucraina è il più vasto ed è quello che sia prima che durante la guerra, fino ad ora ha riservato le sorprese più “interessanti” sia per i russi che per il pubblico internazionale. Esso comprendente tutta l'area dell'Ucraina nord-orientale facente parte degli oblast' di Kharkhov (la seconda città dell'Ucraina), Sumy e Chernigov. Nelle zone della Russia prospicienti a questa vasta area dell'Ucraina, nei mesi precedenti allo scoppio del conflitto, le Forze Armate della Federazione Russa avevano schierato una imponente forza di 200.000 uomini rincalzati da 100.000 riservisti (il famoso schieramento del quale tutti i mezzi di informazione hanno parlato più e più volte e che tutti abbiamo imparato a memoria). Sembrava che dovesse essere questa la forza destinata a dare il “colpo del K.O.” all'Ucraina tuttavia l'offensiva russa nell'area ha fallito per diversi giorni nel tentativo di acquisire la spinta e la grinta necessaria per portare a compimento la missione assegnata.
Le ragioni di questa umiliante debacle sono state diverse quali: l'incompetenza degli alti ufficiali messi a capo delle truppe del settore, una valutazione completamente errata delle difficoltà logistiche che una tale massa di truppe avrebbe incontrato incanalandosi lungo pochi e ben distanti assi stradali, la gagliarda resistenza offerta dalle forze ucraine presenti nella zona. La scelta di pochi e prevedibili assi di avanzata ha fatto sì che la massa di truppe russe si incolonnasse in “carovane” lunghe chilometri ben identificate dalle foto satellitari ormai ampiamente disponibili sul web e che tutt'oggi intasano il traffico lungo le arterie stradali degli oblast' russi di Bryansk, Kursk, Belgorod e Voronezh.
Questo stato di cose ha fatto sì che, sino ad oggi solamente 45.000 uomini tra quelli assegnati all'offensiva del “terzo fronte” siano stati effettivamente ingaggiati in combattimenti contro gli ucraini mentre tutti gli altri sono semplicemente “incolonnati” sprecando carburante, lanciando improperi e facendo impazzire i loro ufficiali, già sotto pressione da parte degli Alti Comandi. L'avanzata delle truppe russe in questo settore ha incontrato l'accanita resistenza delle forze sia regolari che irregolari di Kiev le quali, complici anche l'incompetenza e le difficoltà logistiche, hanno inflitto gravi perdite umane e materiali all'avversario. A tal proposito è interessante notare che la gran parte delle immagini e dei video circolanti in Internet e raffiguranti un gran numero di mezzi russi di tutti i tipi distrutti nei combattimenti o semplicemente abbandonati dai loro equipaggi per mancanza di carburante o per guasti meccanici provengano proprio da questo teatro operativo. La resistenza ucraina si è inoltre rivelata assai coriacea e ha sfruttato in maniera eccellente le manchevolezze dell'avversario amplificandole fino al parossismo.
Le forze di Kiev sono riuscite mediante attacchi laterali a “canalizzare” i russi verso le principali città della zona quali: Chernigov, Shostka, Krolevets, Konotop, Sumy, Akhtyrka, Kharkov, Kupiansk e diverse altre dove le hanno ingaggiate in estenuanti combattimenti urbani. Solamente negli ultimi due giorni pare che gli ufficiali russi siano riusciti a riprendere il controllo della situazione (e dei loro uomini) e dopo aver superato la resistenza della città di Konotop hanno lanciato le loro forze all'attacco lungo i due assi costituiti dall'autostrada M02 e dall'autostrada H07. Qualora gli ucraini non riuscissero ad organizzate una resistenza all'altezza delle cittadine di Nezhin e Pryluky, le colonne meccanizzate di punta dovrebbero (il condizionale qui è d'obbligo) infine raggiungere il sobborgo kieviano di Brovary entro i prossimi due giorni, chiudendo in due enormi sacche le forze ucraine impegnate nella difesa dell'oblast' di Chernigov.
Altrove lungo la linea di combattimento, le forze russe stanno lentamente circondando la città di Sumy ed hanno dato l'assalto alla città di Akhtyrka nelle vicinanze della quale, secondo quanto affermato dalle autorità ucraine, sarebbe stato lanciato un esemplare di ordigno ATBIP (denominata anche FOAB, acronimo che sta per “Padre di Tutte le Bombe”), pesante 7,1 tonnellate ed in grado di sprigionare una potenza equivalente a 44 tonnellate di esplosivo TNT convenzionale ed un'esplosione termobarica caratterizzata da un raggio di 300 metri. Inoltre sono impegnate in un'aspra battaglia per la città di Kharkhov, ma al momento non è chiaro se cercheranno di prenderla oppure di circondarla. Qualora i russi dovessero superare gli ostacoli costituiti da Sumy e Akhtyrka, si dirigerebbero poi allo volta di Poltava e da lì verso Kremenchuk, situata sull'omonimo lago facente parte del corso del Dnepr. Una volta neutralizzata Kharkhov, avanzerebbero invece fino a Dnipropetrovsk e da lì a Zaporozhye, entrambe anche'esse sul Dnepr, congiungendosi in tal modo con l'avanzata del già citato “Secondo Fronte” e portando così alla caduta di tutta l'Ucraina a est e a sud del Dnepr.
L'ultimo fronte di battaglia, e quello che dall'inizio del conflitto fino ad ora ha catturato maggiormente l'immaginario collettivo dei media e del pubblico internazionale è stato però il “Quarto Fronte”. Nel corso delle primissime ore del conflitto, mentre gli aerei con la stella rossa colpivano una miriade di obiettivi posti attorno alla capitale, le forze russe entravano in Ucraina da nord attraversando la cosiddetta “Zona di Esclusione Totale” situata a cavallo tra l'Ucraina e la Bielorussia tutt'attorno all'ex-centrale nucleare di Chernobyl e un'unità aviotrasportata russa, probabilmente composta da una forza mista di paracadutisti e spetsnaz, di entità ignota veniva trasportata da una forza di 34 elicotteri direttamente sulle piste dell'aeroporto di Gostomel, controllato dal colosso del comparto aeronautico Antonov al fine di farne una base di lancio avanzata per l'assalto su Kiev.
L'azione improvvisa degli incursori russi, così come l'attacco inaspettato attraverso la “Zona di Esclusione Totale” hanno funto da catalizzatori per una delle più violente ma allo stesso tempo controverse battaglie del conflitto fino ad ora: la battaglia dell'aeroporto di Gostomel.
A seconda che si consultino le fonti ufficiali russe, quelle ucraine oppure si interroghino i residenti dell'area (come ha fatto l'autore della presente analisi) si otterranno risposte diverse e contraddittorie e, probabilmente, molto tempo passerà prima che gli storici militari abbiano la possibilità di consultare tutte le informazioni necessarie a tracciare un profilo esaustivo di questo titanico scontro.
Tra le tante ipotesi ed illazioni, i seguenti elementi costituiscono una pur minima certezza:
- primo: i russi hanno organizzato un'ambiziosa operazione al limite della loro capacità di proiezione;
- secondo: i russi hanno notevolmente sottostimato la capacità e la rapidità di reazione degli ucraini;
- terzo: la battaglia che ne è scaturita è stata molto violenta e causato la devastazione di gran parte delle infrastrutture e dei velivoli lì custoditi, incluso l'unico esemplare esistente dell'iconico Antonov An-225 Mriya, è durata un paio di giorni e si è conclusa con la vittoria delle forze russe che adesso stanno utilizzando lo scalo come punto di sbarco e rifornimento avanzato per le loro forze impegnate nelle operazioni di progressivo accerchiamento ed assalto a Kiev.
In ogni caso, nonostante la loro scaltrezza e plateale audacia, i russi hanno fallito nel loro tentativo di ripetere il colpo di mano di “Kabul 1979” e sono ora impantanati in una serie di protratte e dispendiose operazioni militari alle porte della capitale nemica. Le principali ragioni di questa vistosa battuta d'arresto stanno nella scelta del territorio, assolutamente inadatto per condurre un assalto lampo da parte di un'armata meccanizzata e nella sottovalutazione delle capacità di Kiev di reagire al colpo di mano moscovita. In ogni caso la Russia ha attualmente impegnati su questo fronte circa 30.000 uomini che, se per il momento hanno fallito nel loro obiettivo principale di prendere Kiev, nondimeno stanno allargando una importantissima testa di ponte in vista di future operazioni e stanno attirando le ultime riserve delle Forze Armate Ucraine in una gigantesca “battaglia di attrito” che, per ragioni numeriche, queste ultime non possono in alcun caso vincere.
Come descritto già in passato in un'altra analisi, alla vigilia dell'esplosione del conflitto, le capacità di mobilitazione di tutte le forze militari e paramilitari dell'Ucraina erano di circa 1.610.000 uomini così divisi:
- Forze Armate: 250.000 soldati più 900.000 riservisti;
- Guardia Nazionale: 50.000 uomini;
- Guardia di Frontiera: 50.000 uomini;
- Servizio di Emergenza dello Stato: 60.000 uomini;
- forze paramilitari del Servizio di Sicurezza dell'Ucraina, SBU: 30.000 uomini;
- Polizia Nazionale: 130.000 poliziotti;
- Forze di Difesa Territoriali: 10.000 uomini in servizio attivo più 130.000 volontari.
Nonostante tale apparentemente mastodontica cifra, pare che gli ucraini abbiano già superato la soglia di mobilitazione sopra riportata, e che sia proprio questa la ragione per la quale, in base alle normative della “direttiva sulla mobilitazione generale e la legge marziale”, a tutti gli uomini di età compresa tra i 18 ed i 60 anni è in questo momento vietato lasciare il paese.
Si badi bene, fino a questo momento gli ucraini si sono battuti eccezionalmente bene e, per certi versi, sono riusciti a tenere testa ai russi, seppure non in tutti i fronti del conflitto. Tuttavia, come anche i loro colleghi nel campo avversario hanno compreso molto in fretta, “la guerra è una terrificante industria che tritura senza sosta uomini, mezzi e risorse finanziarie. In questo momento l'Ucraina è già in una situazione di mobilitazione generale mentre la Russia, come dimostrano i dati citati nel corso del testo, ha nei primi sette giorni di ostilità portato avanti le sue azioni offensive impiegando (al netto dei “donbassiani”) circa 112.000 uomini sui 367.000 mobilitati all'inizio delle ostilità (pari a circa il 31%).
Alla luce dei rovesci subiti le autorità russe hanno lanciato in tutto il paese una vasta campagna di rischiamo dei riservisti ed espanso la base della coscrizione obbligatoria per quest'anno in modo tale da poter liberare il maggior numero possibile di unità operative delle forze di terra, il 70% delle quali è in questo momento in fase di ridispiegamento sui vari fronti della Guerra d'Ucraina. Non solo, numerosi indizi sul terreno fanno pensare che molto presto anche la Bielorussia e la Transnistria si uniranno all'alleanza capeggiata da Mosca, aprendo in tal modo due ulteriori fronti che finirebbero così per obbligare Kiev a disperdere ulteriormente le sue forze in via di progressivo assottigliamento. Mentre nei primi tre giorni di guerra le unità di manovra delle Forze Armate Ucraine contrattaccavano i nemici ad ogni occasione in modo da ricacciarli indietro o anche semplicemente logorarli, successivamente gli analisti britannici facenti capo al Royal United Services Institute hanno segnalato come “ora l'esercito regolare di Kiev non è più in grado di operare in formazioni funzionanti ma sta ripiegando largamente su un sistema di difese fisse e deve fare sempre più affidamento sull'arruolamento di volontari armati”.
È chiaro però che questo può rappresentare solamente un palliativo pro-tempore perché non è in grado di colmare in maniera sostenibile e continuativa il divario esistente in potenza di fuoco, specialmente ora che i russi possono godere di una superiorità aerea assoluta e quasi incontrastata con la quale aumentare la pressione sugli ucraini fino a schiacciarli, lentamente ma inesorabilmente. Un ultimo commento riguarda le cifre relative alle perdite.
La Guerra d'Ucraina si sta rivelando un autentico carnaio come l'Europa non vedeva da decenni. È difficile fornire dei dati precisi dato che entrambe le parti mantengono un sostanziale regime di stretta censura militare su questo delicato argomento al fine di non minare il morale delle truppe e delle rispettive opinioni pubbliche interne. Tuttavia non è peregrina l'ipotesi fornita all'autore della presente analisi da alcune fonti tedesche le quali parlano già di 14.000 morti tra le file delle Forze Armate Russe e dei separatisti del Donbass e di un numero di morti tra le fila ucraine oscillante tra le due volte e mezza e le cinque volte quello dei russi e dei “donbassiani” (quindi una forchetta compresa tra 35.000 e 70.000).
Se queste cifre fossero veritiere e tale massacro dovesse andare avanti per tutto il mese di marzo ed eguagliare per durata temporale la Seconda Guerra del Nagorno-Karabakh (44 giorni), e ci sono ottime probabilità che sarà così, allora noi tutti potremmo trovarci di fronte alla lugubre prospettiva di assistere alla più sanguinosa guerra mai accaduta nel continente europeo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Foto: MoD Fed. Russa