Israele ricorda al mondo che l’opzione di attaccare l'Iran è ancora sul tavolo

(di Tiziano Ciocchetti)
05/08/22

Con gli occhi del mondo puntati sulla guerra ucraina, spesso si dimentica che ci sono altri focolai pronti ad esplodere.

Sicuramente l’Iran è uno dei principali, in quanto il regime di Teheran sta proseguendo con il suo progetto di arricchimento dell’uranio e, ultimamente, ha stretto importanti accordi economici e militari con Mosca.

Lo scorso 18 luglio, il capo di stato maggiore israeliano, generale Kochavi, ha ricordato al mondo (e forse anche all’amministrazione Biden) che “Israele continua a preparare attivamente un attacco in Iran per essere in condizione di far fronte a ogni evenienza. I nostri preparativi per un’azione militare contro il progetto nucleare iraniano - ha aggiunto - sono al centro di tutti i nostri progetti militari in generale".

Ha inoltre sottolineato che “i preparativi israeliani includono una gamma di operazioni, di dislocazione di riserve, di rifornimenti di mezzi di combattimento adeguati, di intelligence e di addestramenti".

Il capo di stato maggiore israeliano si è così espresso poche ore dopo che da Teheran erano giunte le dichiarazioni di Kamal Kharazi, presidente del Consiglio Strategico per le relazioni internazionali, secondo cui "l'Iran ha le capacità tecniche per realizzare una bomba atomica", anche se in merito, ha aggiunto, "non ha ancora preso alcuna decisione definitiva".

L’Iran è una Potenza chiave del Medio Oriente, che potrebbe diventare uno stato nucleare in conflitto aperto con lo Stato ebraico.

Da anni nella “lista dei cattivi” di Washington (l’Iran nelle 2001 venne etichettata come parte di un asse del male), tanto che subito dopo l’11 settembre, alcuni “falchi” vicino a George W. Bush spinsero per un attacco militare al regime di Teheran. Tuttavia tale intento venne bloccato dall’allora segretario di Stato, generale Powell, il quale fece comprendere che una campagna aerea contro la Repubblica islamica avrebbe avuto effetti assai limitati e che un intervento di truppe terrestri avrebbe comportato un numero significativo di perdite.

Paradossalmente, l’operato americano ha contribuito non poco a far diventare l’Iran una potenza regionale. Infatti gli USA hanno eliminato il regime sunnita, al potere da decenni in Iraq, che aveva invaso l’Iran (guerra del 1980-88). Oggi la Mesopotamia è tornata a essere una area cuscinetto di fronte all’Iran, la quale ha la funzione di scoraggiare eventuali forze che volessero invadere il paese. Al contempo costituisce uno spazio politico per mezzo del quale Teheran può proiettare la sua influenza.

Le varie amministrazioni che si sono succedute alla Casa Bianca, dopo l’invasione del 2003, credevano (!) che la democrazia si sarebbe affermata prima o poi in Iraq, invece i leader della maggioranza sciita hanno lavorato sottobanco per assicurarsi il controllo del Paese. Le elezioni parlamentari del 10 ottobre 2021 hanno visto il Movimento Sadrista (sciiti nazionalisti) ottenere la maggioranza relativa dei seggi (73).

A Damasco è rimasto al potere il presidente Assad, che appartiene alla minoranza alawita, un’appendice dell’Islam sciita. Geograficamente la Siria è vicinissima a Beirut, dove ormai gli Hezbollah (addestrati e finanziati da Teheran) costituiscono la forza militare più grande presente nel Paese dei Cedri. Le milizie sciite controllano la maggior parte del Libano meridionale, ovvero la linea di confine con lo Stato ebraico.

A quanto pare la Repubblica Islamica è ormai a ridosso di Israele.

Le tensioni tra Stati Uniti e Iran hanno raggiunto il loro punto più alto quando venne eletto alla Casa Bianca Trump. Questi stracciò l’Accordo sul nucleare, ripristinò le sanzioni e “sconsigliò” i paesi europei (l’Italia era uno dei principali partner commerciali) dal continuare a fare affari con Teheran.

Nel 2019 avvenne l’abbattimento del RQ-4 Global Hawk da parte delle Guardie della Rivoluzione iraniane sul Golfo Persico. Una serie di attacchi aerei di ritorsione americani vennero annullati all’ultimo minuto.

Da un po’ di tempo, alcuni segnali, indicano come il potere a Teheran stia passando dalle autorità religiose ai militari, ovvero al corpo delle Guardie della Rivoluzione. I consigli d’amministrazione delle Spa iraniane sono ormai pieni di ex ufficiali delle Guardie. Molto importante è il loro coinvolgimento nella costruzione di infrastrutture pubbliche, come la metropolitana di Teheran. In teoria dovrebbero essere i “guardiani” della rivoluzione islamica, in pratica prendono denaro su ogni appalto pubblico. Cò non significa che i “guardiani” abbiano in progetto di prendere il potere, l’Iran è e resterà una teocrazia rivoluzionaria.

È indubbio che la corsa ad accaparrarsi l’arma atomica porterà presto o tardi l’Arabia Saudita a fare lo stesso. Israele sa benissimo che non può permettere che avvenga una proliferazione di armamenti nucleari nella regione. Tuttavia la situazione è totalmente diversa dal 1981, allorquando gli F-15 e gli F-16 con la stella di david colpirono il reattore iracheno (Operazione Babilonia). Gli impianti iraniani, che si stanno occupando dell’arricchimento dell’uranio, sono molti e diversificati, inoltre sono collocati in luoghi protetti, sorvegliati da sistemi missilistici superficie-aria (bolle A2/AD).

Probabile che ancora per un po’ continuerà questa sorta gi “guerra segreta”, in cui Gerusalemme condurrà attacchi ibridi, eliminando scienziati iraniani (il colonnello Hassan Sayad Khodayari, dell’Unità 840 della Forza Quds, è stato ucciso da colpi di arma da fuoco il 22 maggio scorso a Teheran), piuttosto che hackerare i server delle centrali nucleari.

Foto: Israeli Air Force