I caccia giapponesi nella seconda guerra mondiale: il Mitsubishi A6M (Zero)

(di Francesco Sisto)
27/03/23

Il Mitsubishi A6M fu denominato "Zeropoiché cominciò la sua attività nel 1940, anno corrispondente al 2600 del calendario nipponico. Si può affermare che il caccia Zero, fino alla conclusione del secondo conflitto mondiale, fu ritenuto l’immagine “per eccellenza” dell’aviazione dell’Impero giapponese.

Il primo Mitsubishi A6M prese il volo il 1°aprile del 1939 e venne pilotato da Katsuzo Shima. Il velivolo offrì una sublime prestazione, tuttavia vi furono alcune leggere imperfezioni: nel sistema della carburazione e la propensione a “tremare” dopo una determinata velocità.

Nonostante ciò, la Marina del Sol Levante decise di commissionare una decisa quantità di Mitsubishi A6M e, già nella prima produzione di serie, i difetti furono risolti.

Dal 1940 i Mitsubishi A6M vennero prodotti in 9 versioni principali e numerose sottoserie. È bene sottolineare che gli Zero furono ideati anche come idrovolanti d’alto mare e cacciabombardieri leggeri.

Lo Zero, notevole da pilotare e ben armato, aveva un punto debole: una totale carenza di corazzatura.

Agli inizi del 1940 il Mitsubishi A6M fu in salita uno dei caccia più celeri al mondo. Il velivolo poteva raggiungere una velocità ascensionale inziale di circa 957 metri al minuto. Persino per quanto riguarda la velocità orizzontale totale, furono fra i primi.

Secondo le stime più di 10.000 Zero presero parte alla guerra. La prova del fuoco per i caccia nipponici fu a Chongqing (Cina) nell’agosto 1940, in quella occasione debellarono numerosi caccia sovietici con insegne cinesi. È bene ricordare che in quel periodo l’aviazione statunitense non possedeva nessun tipo di caccia che riuscisse realmente ad opporsi agli Zero.1

I Mitsubishi A6M, dopo l’attacco a Pearl Harbor (7 dicembre 1941), furono per un discreto periodo i “padroni” dei cieli dell’Estremo Oriente del Pacifico. Gli Zero parteciparono alla battaglia del Mar dei Coralli (4-8 maggio 1942) e a quella delle Midway (4-7 giugno 1942). È bene precisare che la battaglia del Mar dei Coralli sul piano tattico fu una vittoria dell’Impero giapponese. Nonostante la perdita di numerosi aerei (circa 44), la portaerei Zuikaku rimase indenne e la Shokaku si salvò. La perdita della portaerei leggera Shoho fu un danno importante, ma non decisivo.

Gli Stati Uniti, invece, persero la portaerei Lexington, la petroliera Neosho, il cacciatorpediniere Sims e 33 aerei. Da un punto di vista prettamente materiale e tattico, il vantaggio stava dalla parte dei nipponici.

Tuttavia, dal punto di vista strategico la situazione era diversa. Sotto l’aspetto strategico la vittoria fu degli Stati Uniti perché il piano di invasione dell’Impero del Sol Levante non avvenne: lo sbarco a Port Moresby (Papua Nuova Guinea) non ebbe luogo e le mire giapponesi sulla Nuova Caledonia e sull’Australia poterono considerarsi concluse.

Nel Mar dei Coralli fu anche la prima volta che le squadre navali si diedero battaglia senza vedersi. Non fu sparato un solo colpo di cannone contro una nave di superfice; venne utilizzata “solamente” l’arma aerea.

La battaglia del Mar dei Coralli merita di essere definita la prima battaglia “al di là dell’orizzonte”.2

Per quanto riguarda Midway rimando a un mio precedente articolo: La guerra nel Pacifico: la battaglia delle Midway (1942).

È bene ricordare che intorno al 1943 il vantaggio tecnico-tattico degli Zero rispetto ai caccia statunitensi iniziò a scemare, sebbene i velivoli giapponesi fossero ancora impareggiabili in fatto di autonomia.

Nell’ultimo periodo del conflitto – in particolare quello tra il 1944-45 – gli Zero vennero impiegati a difendere la madrepatria dagli attacchi dei Boeing B-29 Superfortress del generale Curtis Emerson LeMay.

Lo Zero aveva un’apertura alare di 12 m e una lunghezza di 9,06 m. Il motore era costituito da 1 Nakajima NK1C. La potenza era di circa 1130 CV.

Il peso a vuoto era di 1680 kg, mentre a pieno carico 2796 kg. L’armamento era composto da 2 cannoni da 20 mm e due mitragliatrici da 7,7 mm.

L’autonomia era tra i 3100 e i 3110 km. La velocità massima era di circa 533 km/h a quasi 5000 m. La quota di tangenza era circa 10300 m.

1 Cfr. G. Bonacina, Lo Zero-Sen, in Storia Illustrata n°142, 1969, p.102

2 B. Millot, La guerra del Pacifico 1941-1945. Il più grande confitto aeronavale della storia, BUR, Milano, 2019, p.208

Foto: U.S. Navy / web