Il primo ministro australiano Anthony Albanese ha annunciato la più grande revisione della difesa del paese con la pubblicazione del Defence Strategic Review (DSR), reso noto il 24 aprile scorso. Questo documento, atto simbolico del nuovo governo laburista, vuole marcare la differenza con quello precedente (conservatore). In realtà i cambi strutturali annunciati sono molto pochi e vi sono molte conferme, con modifiche e adattamenti alla realtà strategica dell’Australia.
In termini generali, il documento, le cui indicazioni dovranno essere tradotte in realtà sottolinea le nuove priorità della difesa nazionali, dove spicca l’acquisizione di sottomarini d’attacco a propulsione nucleare, capacità di attacco a lungo raggio e rafforzamento delle installazioni militari nella parte settentrionale dell’Australia.
La strategia politica sarebbe quella di accrescere l’autosufficienza e le capacità nazionali per affrontare le minacce in evoluzione. La DSR attribuisce una maggiore importanza alla difesa continentale, alla produzione interna e a un processo di acquisizione di capacità più rigoroso, ma la sua tesi centrale è di riorientare le ADF (Australian Defence Forces, che includono l’AA - Australian Army, la RAN - Royal Australian Navy e la RAAF - Royal Australian Air Force) sulla preparazione del conflitto con la Cina, considerato come assai probabile.
Canberra, oltre a rafforzare i legami tra i dipartimenti della difesa e degli esteri, continua a legare la sicurezza nazionale alle decisioni prese dagli e con gli alleati e partners, in primis Washington*, ma anche Tokyo, New Delhi, Seoul, Parigi, Londra, UE, NATO e senza contare la rinnovata intesa con Wellington, che sembra uscire da un lungo tunnel pacifista, soprattutto grazie all’uscita della ex primo ministro Jacinda Arden.
Ma la sicurezza australiana si basa anche su una rete di accordi e intese, vecchie e nuove, come il FPDA (Five Powers Defense Agreement che include Australia, Nuova Zelanda, Gran Bretagna, Malaysia e Singapore), quello che resta dell’ANZUS (USA, Australia, Nuova Zelanda), Indonesia e Vietnam e la appena istituita AUKUS (Australia, Regno Unito, Stati Uniti).
Lasciando da parte la differenza ideologica con il governo precedente, anche Albanese è condizionato dai termini strutturali (territorio e spazi aeromarittimi amplissimi e popolazione scarsa, dipendenza dai mercati e traffici internazionali aeromarittimi) che hanno sempre caratterizzato l’Australia e ne hanno guidato scelte nel corso degli anni, specialmente a partire dalla Seconda Guerra Mondiale.
La geografia è un parametro forte nella definizione e messa in atto della sicurezza nazionale e della pianificazione economica dell'Australia, e mentre la tecnologia e la globalizzazione hanno reso il mondo molto più "piccolo", la geografia sembra avere ancora più importanza in questo periodo di grandi competizioni.
L’approccio dell'Australia deriva principalmente dalle preoccupazioni per la maggiore potenza militare e le ambizioni della Cina, il cui potenziamento militare è il più grande e ambizioso di qualunque nazione dalla fine della seconda guerra mondiale, come il rapido accumulo di armi nucleari da parte di Pechino (con il passaggio da circa 350 testate attuali a 1.500 entro il 2035), e la formazione della più grande marina del mondo (numericamente parlando, anche si registra un costante miglioramento tecnico), insieme a avanzate capacità di attacco di precisione a lungo raggio anche con sistemi ipersonici.
La nuova strategia sposterà il baricentro delle ADF, e ne farà un insieme focalizzato sulla proiezione di capacità a lungo raggio e di combattimento ad alta intensità, con una prevalenza operativa anfibia, aeromarittima e insulare. In particolare la DSR sottolinea che la RAN, essendo in prima linea nella difesa lontana e prolungata ha bisogno di maggiore letalità, nonostante i massicci programmi di rafforzamento, e questa si concretizzerà nei quasi 9 miliardi di dollari USA che saranno spesi per l'acquisto di un massimo di otto sottomarini a propulsione nucleare, definito a seguito della firma dell’AUKUS**.
Negli ultimi anni, la leadership politica e militare australiana ha preso atto che le certezze strategiche si stavano erodendo sia nell'Indo-Pacifico sia a livello globale, il che non vuole dire la guerra sia inevitabile. Ma un conflitto, catalizzato da un errore di calcolo strategico (come è palesemente successo in Ucraina a causa della errata valutazione di Mosca) o che potrebbe riproporsi tra Taiwan, il Mar Cinese Meridionale e la penisola coreana, è ora più probabile.
Di conseguenza, la DSR sottolinea la necessità di rapida acquisizione delle capacità militari necessarie per le operazioni costiere nell'Australia settentrionale e negli spazi marittimi regionali, nonché capacità di attacco a lungo raggio; ad esempio l’Australian Army sospenderà l’acquisto di semoventi d’artiglieria di costruzione sudcoreana (analoghi ai M109 Paladin) con lanciarazzi M142 High Mobility Artillery Rocket System (HIMARS) portando il suo raggio di letalità da 40 a 300 chilometri, mentre RAN e RAAF si doteranno di missili d'attacco di precisione, con gittata di oltre 500 chilometri.
Una questione di costi e persone
Il governo australiano opererà una revisione biennale della DSR, che ha un progetto di spesa quasi 13 miliardi di dollari USA in quattro anni (di cui però quasi 9 per i sottomarini nucleari summenzionati).
La DSR viene presentata per ragioni politiche come un grande cambiamento; in realtà da diversi anni le ADF sono impegnate in un massiccio programma di rafforzamento di tutte le sue componenti.
Questo programma vede un progressivo avvicinamento delle ADF a quelle statunitensi in termini di sistemi d’arma (la RAAF e i pattugliatori ad alla fissa della RAN utilizzano già quasi esclusivamente sistemi di origine USA), questo per migliorarne l’interoperabilità visto che verosimilmente dovranno operare insieme nell’area e anche in caso di proiezioni lontane. Segno di questa scelta di vicinanza, confermata dalla DSR, ha visto l’assottigliamento della presenza dei sistemi d’arma di origine europea, soprattutto nel settore degli elicotteri da trasporto, navali e d’attacco. Vi sono ovviamente vistose eccezioni, come le unità di superfice maggiori vedono due portaeromobili/navi d’assalto anfibio e tre caccia di costruzione spagnola (questi ultimi di modello USA), le 9 fregate, di modello inglese (la capoclasse è in costruzione), i 12 pattugliatori d’altura (di modello tedesco, modificato) e il progetto per l’acquisizione di veicoli da combattimento per fanteria cingolati e ruotati.
Ma la DSR si focalizza anche sulla necessità di personale. Infatti le ADF contano tra personale regolare e riserve, meno di 100.000 unità. Per fare fronte, e come prima iniziativa, in attesa di un pacchetto più organico, sarà subito offerto un bonus dell’equivalenza di oltre 33.000 dollari USA per ciascun militare che voglia firmare un altro contratto triennale. La positiva situazione economica dell’Australia e i migliori contratti offerti dal mercato del lavoro civile drenano la disponibilità di personale.
Il DSR indica che la disponibilità, preparazione e il rafforzamento delle basi settentrionali dell'Australia sono una priorità; il valore strategico delle basi aeree di Tindal e Darwin, vista la prossimità a possibili aree operative, è riconosciuto dall’ADF e dalle forze armate USA, che lavorano per installare nella prima un distaccamento a rotazione di bombardieri strategici B-52 e rafforzare il contingente di marines (a rotazione anche esso) nella seconda.
Tuttavia anche questo spostamento a nord, enfatizzato dalla DSR, sebbene non così massiccio, era in corso da diverso tempo con il progressivo spostamento di diverse installazioni concentrate nella area di massimo popolamento dell’Australia, cioè la sua parte sud orientale, verso la parte nord orientale e settentrionale.
Pechino ha, ovvio, rapidamente e duramente condannato la DSR affermando di sperare che "alcuni paesi non useranno la Cina come scusa per il rafforzamento militare e si asterranno dall'esaltare la narrativa della 'minaccia cinese'… La Cina persegue una politica di difesa nazionale difensiva e rimane impegnata per la pace e la stabilità nell'Asia-Pacifico e nel resto del mondo". (sic)
Il Primo test
Le forze armate australiane hanno condotto war games, con scenari come l'attivazione da parte della Cina di una base militare in una nazione del Pacifico meridionale. Le esercitazioni, descritte in una versione "riservata" della DSR, hanno tuttavia rilevato difficoltà a rispondere a determinati scenari plausibili e specifici. Tra gli scenari analizzati in dettaglio dagli esperti di sicurezza vi sono una guerra tra Stati Uniti e Cina per Taiwan mentre Pechino stabilisce una base militare nelle Isole Salomone (dove comunque opera già una missione di ‘consiglieri’ di polizia alle forze di sicurezza locali e il governo di Hoinara ha un trattato di amicizia con Pechino), confinante con l'Australia. In quest'ultimo scenario, la People's Liberation Army-Navy (PLA-N) si troverebbe a soli 2.000 chilometri dalla terraferma australiana.
Probabilmente l’esercitazione verrà ripetuta quanto prima per migliorare le performances delle ADF e il tempo stringe, visto che il momento critico, secondo fonti concordanti, dovrebbe collocarsi tra il 2025 e il 2027.
Una storia di - e nei - documenti
Dalla seconda guerra mondiale, le prospettive strategiche e la pianificazione della difesa dell'Australia sono state modellate in modo fondamentale dalla distribuzione globale del potere, e in particolare dal primato strategico degli Stati Uniti, che hanno svolto un ruolo di stabilizzazione in tutto il mondo e in particolare nella regione Asia-Pacifico.
Il dibattito sulla politica di difesa australiana è stato spesso definito come una scelta tra un approccio "continentale" o "difesa dell'Australia" e un approccio "globale" o "di spedizione". Tra il 1945 e il 1949, si sviluppa una politica estera la cui caratteristica principale era quella dell'idealismo basato su una nozione di internazionalismo liberale e la ricerca di una identità indipendente e il deciso smarcamento dal legame con la Gran Bretagna. Questo è emerso in occasione delle velenose polemiche sulla costituzione e partecipazione alla BCOF (British Commonwealth Occupation Force) a guida inglese in Giappone, oppure l’iniziativa diplomatica australiana, non coordinata con Londra, per la soluzione della guerra civile greca alle Nazioni Unite o, infine, le perplessità di Canberra per l’inserimento di unità australiane nella 1st british Commonwealth division, sempre a comando inglese, durante la guerra di Corea.
Pure lo smarcamento dalla Gran Bretagna non è mai stato completo e forze australiane operano a fianco a quelle britanniche in Malacca e Borneo contro i comunisti dal 1948 e ancora nel Borneo per fare fronte alla minaccia indonesiana negli anni ‘60. L’avvicinamento a Washington che si concretizza con la partecipazione alla guerra in Vietnam, pure non finì benissimo soprattutto quando Canberra non venne consultata da Washington quando gli USA decisero di sganciarsi (vi erano anche neozelandesi in Giappone, Corea, Malacca e Borneo).
Tra i vari libri bianchi australiani, spiccano per l’impatto sulle politiche generali di sicurezza (cioè l’insieme delle politiche estere e di difesa, ma anche con grande riguardo al tema dell’industria nazionale della difesa, cantieristica e aeronautica), quello del 1976, quale la prima vera dichiarazione di politica a porre come tema centrale la difesa autosufficiente della nazione e dei suoi interessi da parte dell'Australia, riflettendo la polemica chiusura della vicenda vietnamita. Inoltre la politica industriale della difesa era in una fase di difficile transizione: l'approccio semplicistico del passato alla produzione su licenza di aerei, navi e veicoli militari (soprattutto di origine britannica) in Australia non era più fattibile dal punto di vista economico o tecnologico e si inizia a guardare all’Europa (come per l’acquisto dei carri Leopard I, preceduti però di ben dieci anni prima dai Mirage III)***.
Il libro bianco del 1987 è forse quello con il più forte sguardo strategico, di visione ventennale e sviluppa un rapporto del 1986 che guarda a progetti industriali per la difesa locale che valorizzino le capacità nazionali (come i sottomarini Collins, le fregate ANZAC). Il libro bianco del 2009, ‘Defending Australia in the Asia Pacific Century: Force 2030’, delinea e guarda un orizzonte poi confermato da quello del 2016 e da quello del 2020, tutti delineando le sfide che cominciavano a delinearsi con sempre maggiore chiarezza e preoccupazione.
Tra dialogo e cooperazione
Come sempre le relazioni internazionali, e oggi ancor più, oscillano tra confronto e dialogo e gli interessi commerciali ne sono una pare ineludibile. L’Australia, non solo rafforza le sue difese e estende la cooperazione militare attraverso tutto l’IndoPacifico (e oltre), ma tiene aperta la porta del dialogo con Pechino. Don Farrell, il ministro del Commercio australiano, al ritorno di un viaggio a Pechino (svoltosi agli inizi di maggio) ha salutato "una fase positiva" nelle relazioni con la Cina, volta a porre fine alle tensioni commerciali tra i due paesi, in essere dal 2019. Le due parti si sono accordate per avviare un negoziato per risolvere le (molte) questioni pendenti e il ministro del Commercio cinese Wang Wentao visiterà l’Australia per affrontare, tra l’altro, i temi delle terre rare e delle esportazioni di veicoli e materiale elettronico.
Nel 2020, la Cina aveva imposto pesanti tariffe su importanti settori delle esportazioni australiane, come carne bovina, vino e orzo, al culmine di una crisi politica con il governo conservatore all'epoca al potere a Canberra. Pechino aveva agito in rappresaglia per una legge australiana contro le influenze straniere, che aveva privato la cinese Huawei dei contratti sulla telefonia 5G, e intendeva protestare contro i ripetuti appelli di Canberra alla World Health Organization per una indagine indipendente sulle origini del Covid-19.
La Cina ha poi smesso di acquistare importanti materie prime, compreso il carbone, dall'Australia, privando il paese di miliardi di dollari di entrate. E il tema della solidità economica è uno dei pilastri per la ricerca del consenso da parte del governo laburista australiano, in un paese che ha una crescita ininterrotta dal 1991e che quest’anno ha registrato, nonostante grandi programmi di spesa per i settori sociali, educativi e di armamento, un importante surplus di bilancio.
Conclusioni
Le novità della DSR australiana in realtà sono meno di quanto annunciate, e come spesso accade questo tipo di documenti, hanno una valenza interna e a sostegno del proprio approccio generale della politica di sicurezza nazionale. Nonostante la volontà di smarcarsi dalla precedente gestione (conservatrice), il governo a guida laburista in realtà conferma tutti gli aspetti e approcci (non solo quelli, ma anche quelli assai controversi in merito alle politiche di migrazione e accoglienza), a cominciare dalla vicinanza agli USA.
* Sul piano più strettamente tecnico, le ADF sono parte delle intese multilaterali nella cosiddetta ‘anglosfera’: ABCANZ (American, British, Canadian, Australian, and New Zealand Armies' Program) per le forze di terra; AUSCANNZUKUS, per quelle navali; ASIC (Air and Space Interoperability Council) per quelle aeree e spaziali; CCEB (Combined Communications-Electronics Board) per le attività di comunicazione ed elettroniche; TTCP (Technical Cooperation Program); UKUSA (United Kingdom – United States of America Agreement) per le intercettazioni elettroniche, conosciuto anche come Echelon o Five Eyes.
** AUKUS, è un patto di sicurezza trilaterale tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti, annunciato il 15 settembre 2021 per la regione Indo-Pacifico. In base al patto, gli Stati Uniti e il Regno Unito assisteranno l'Australia nell'acquisizione di sottomarini a propulsione nucleare. Il patto include anche la cooperazione su meccanismi informatici avanzati, intelligenza artificiale, tecnologie quantistiche, capacità sottomarine, ipersoniche e contro-ipersoniche, guerra elettronica, innovazione e condivisione delle informazioni. Il patto si concentrerà sulla capacità militare, ma separata dall’UKUSA/Echelon/Five Eyes. La costituzione del patto ha segnato la fine dell’accordo franco australiano per la costruzione di 12 sottomarini (classe Attack), una versione a propulsione convenzionale dei sottomarini nucleari classe Barracuda in costruzione per la Marine Nationale. La decisione australiana, presa dal predecessore di Albanese, origina una crisi diplomatica e politica con la Francia. Nonostante il governo a guida laburista abbia mantenuto l’impegno con l’AUKUS in merito ai sottomarini, nel corso di una visita di Albanese a Parigi nel luglio 2022 veniva pienamente sancita la riconciliazione con Parigi, già iniziata nel corso del NATO Summit di Madrid, di qualche giorno prima, al quale il primo ministro Australiano aveva preso parte (Canberra è un partner dell’Alleanza Atlantica). Inoltre l’Australia pagava la società cantieristica francese Naval Group di oltre 616 milioni di dollari per la cancellazione del contratto. Ma le ambizioni della RAN di dotarsi di sottomarini nucleari erano precedenti, infatti nel marzo 2021 il capo della marina australiana, il vice ammiraglio Michael Noonan, si è incontrato a Londra con il suo omologo britannico, l'ammiraglio Tony Radakin, e aveva chiesto assistenza al Regno Unito e agli USA per l'acquisizione di sottomarini a propulsione nucleare. A questo seguiva una discussione trilaterale tra il primo ministro britannico Boris Johnson, il presidente Joe Biden e il primo ministro australiano Scott Morrison al vertice del G7 del giugno 2021 in Gran Bretagna.
*** È utile sottolineare che il tema dell’industria della difesa, del suo sviluppo e del suo legame con quello più generale dell’economia nazionale ha avuto una attenzione non sempre coerente da parte dei policy makers, infatti il libro bianco più recente, specificamente destinato a questo tema, risale al 2007 ed è stato preceduto da un altro documento risalente al 1998.
Foto: Royal Australian Air Force