(Continua) Mettendomi nei panni di un lettore curioso che non conosce l’ambiente militare, né tantomeno l’ampio spettro della Guerra Elettronica, comprendo lo stupore per l’eccesso di tensione, rabbia e probabilmente maledizioni lanciate dagli artiglieri ai trasmettitori per un telefono a disco che non squilla o non si sente correttamente.
In realtà non è affatto una banalità: servono continue conferme prima di un'azione, anche di fuoco. Un esempio più facile da comprendere, per un lettore estraneo al mondo della difesa, è forse immaginare carri armati senza munizioni sulle linee nemiche o un aereo in volo a corto di carburante.
Filippo, mentre continua il suo racconto, sembra aver fatto un salto nel tempo, appare apprensivo e chiede di non riassumere troppo: è nei particolari riportati che si trovano dettagli importanti. Insomma, capisco che sta rivivendo la tensione che lui e i suoi uomini hanno provato nella simulazione, conscio che - se si fosse trattato di un’allerta vera e propria - avremmo perso una battaglia.
Il furore del comandante e della sua compagnia
“Il terzo giorno fin dal mattino ci furono problemi d’interferenza sui tutti i ricevitori e per risolverli interrompemmo provvisoriamente tutti i collegamenti e iniziammo con difficoltà a cambiare le frequenze di lavoro. Quando sembrava che tutto funzionasse sorsero altri problemi. Infatti se la parte radio funzionava, la parte telefonica aveva di nuovo problemi, qualche telefono funzionava di nuovo a tratti. Il nervosismo da parte di tutti incominciava a farsi sentire.
Questa volta anziché cambiare i telefoni incominciammo a cambiare i canali dell’apparecchiatura a frequenze vettrici e, per ogni canale, dovevamo interrompere quella linea telefonica o telegrafica. Sostituimmo anche tutti i cordoncini telefonici che collegavano il telefono. La tensione anche tra noi operatori aumentava e il nostro comandante di compagnia era sotto la pressione da parte dei capi ufficio che non riuscivano a svolgere con regolarità le loro funzioni.”
Qualcosa nell’aria stava cambiando
Filippo non lo dice ma stava scendendo, seppur marzialmente mascherato, il PANICO. Cosa stava capitando di tanto strano che non era mai successo prima? Da protocollo tutte le problematiche hanno delle risposte, ma qui… no.
“La sera tutti i sistemi funzionavano perfettamente perché l’inquinamento delle frequenze nell’atmosfera diminuiva con la chiusura delle aziende.
Il quarto giorno fu un giovedì nero, fin dal mattino: c’erano problemi nei collegamenti radio, il segnale del nostro corrispondente spariva dai nostri ricevitori coperto da altri segnali più forti e muti poi, dopo pochi minuti, spariva sia il segnale forte sia quello del nostro corrispondente. All’improvviso non funzionò più niente per diversi minuti.
Provammo a cambiare tutte le nostre apparecchiature, si andava per esclusione ma non bastava, eravamo tutti disorientati e, anche a livello psicologico, incominciavamo a dubitare dell’operato dei corrispondenti e dei materiali. Non ci era mai trovati in una situazione di questo tipo!
È impossibile spiegare tutti i risvolti a tutti i livelli: punizioni, cazziatoni e molto, molto stress. Oltre alla delusione ci furono anche accese discussioni tra i colleghi.
L’ultimo giorno accaddero le stesse cose del giorno precedente. L’esercitazione per noi trasmettitori, nonostante le ore di lavoro, di impegno e le arrabbiature non andò bene. Anche per gli artiglieri andò male: riuscirono soltanto parzialmente a svolgere il loro lavoro.”
Non oso pensare all’incazzatura tra trasmettitori e artiglieri e ai tanti insulti lanciati tra ufficiali...
Adunata
“Finita l’esercitazione dopo circa un’ora tutti i partecipanti furono chiamati a presenziare ad una riunione dentro il capannone dove c’era il comando dell’artiglieria. Al posto delle scrivanie, il salone era pieno di sedie. Non sapevamo il motivo di questa riunione, ci sedemmo e all’improvviso entrò il comandante del battaglione di Guerra Elettronica di Anzio.”
“Capii immediatamente cosa era successo”
“Il comandante ci spiegò che in questa esercitazione erano operativi anche loro e, tutto quello che era successo era merito loro: furono utilizzate tecniche di disturbo e interdizione e altro ancora.
Ci fece sentire la registrazione di tutto quello che ci eravamo detti sia noi operatori sia tutto quello che si dicevano al telefono gli operativi. Il nastro era pieno di BIP perché furono dette parole grosse.
Questo resoconto, fece riflettere molto trasmettitori (parlo di operatori per ponti radio), non avevamo mai studiato e non conoscevamo le tecniche di guerra elettronica, nessuno sapeva esattamente come operavano e quali erano gli effetti sulle telecomunicazioni.
La sorpresa più grande fu successivamente, quando nessuno si pose il problema di addestrare il personale su questa importantissima materia.
Rievocare - oggi - fatti accaduti 40 anni fa potrebbe far ridere ma, in quell’occasione, non vi fu nemmeno un mezzo sorriso”.
Non conosco la preparazione attuale dei nostri tecnici su questa materia e non conosco nemmeno i materiali che hanno in dotazione, tuttavia penso che - oggi - con l’avvento di computer sofisticati, i satelliti e l’intelligenza artificiale sia molto più difficile contrastare questo fenomeno.
Tutti erano all’oscuro durante l’esercitazione, tutti non avevano capito, neppure i colonnelli.
Tutto secondo i piani
“Il comandante del battaglione di Guerra Elettronica ci disse che per loro l’esercitazione era andata benissimo, che il nastro registrato era perfetto e che sarebbe diventato materiale di studio.”
Stando al racconto, nei reparti la criticità non diverrà realmente materia di studio. Almeno fino al termine del servizio attivo del sottufficiale, avvenuto alla soglia del nuovo secolo.
Leggi prima parte: I racconti del luogotenente: un campo come tanti...
Leggi la seconda parte: la situazione si fa tesa...
Leggi: I racconti del luogotenente: il "sergente Hartman" (prima parte)
Leggi: I racconti del luogotenente: il "sergente Hartman" (seconda parte)
Leggi: I racconti del luogotenente: il caffè
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