La casistica delle infrazioni era sterminata e comportava anche colpe obiettivamente lievi come il non salutare per distrazione, la malavoglia nell’eseguire un ordine o il non mantenere il silenzio quando era prescritto. Si può invece essere d’accordo sulle pesanti sanzioni per colpe considerate molto gravi come il non osservare le debite cautele nel maneggio delle polveri e delle fiamme libere, le assenze che non ricoprissero gli estremi della diserzione, il dormire o distrarsi durante i turni di guardia (che per un ufficiale erano puniti sempre con gli arresti di rigore) o abbandonare il posto senza permesso.
Alcune infrazioni erano tipiche dell’epoca velica come il passeggiare sul cassero sopravento, trovarsi o sedersi in certi punti della nave riservati agli ufficiali superiori o al personale di guardia ed erano puniti i sottufficiali che si presentavano privi del berretto e senza giunco in mano, emblema della loro autorità, di cui volentieri facevano uso sferzando i subordinati poco zelanti.
Vi era molta attenzione a proposito dell’ordine dell’uniforme e della propria persona che riguardava anche il personale civile imbarcato che non portava la divisa ma che doveva essere sempre decentemente vestito (1). L’entità del castigo spettava al giudizio di chi infliggeva le punizioni, ma la normativa era vaga ed, eccetto pochi casi, la scelta fra queste era sostanzialmente arbitraria.
Incorrevano nello stesso tipo di sanzione, generalmente, tanto gli ufficiali che l’equipaggio, anche se in certi casi per gli ufficiali la colpa veniva aggravata: così, come già detto, il dormire o abbandonare il posto di guardia o non essere in ordine con l’uniforme comportava sempre gli arresti di rigore, mentre per i gradi inferiori le sanzioni erano più miti.
Molte infrazioni erano previste solo per la bassa forza.
In primo luogo va ricordata l’ubriachezza e il testo si preoccupa di precisare che … non si fa menzione degli ufficiali, guardie marina e allievi mentre non è da supporre che si possano avvilire al punto di rendersi colpevoli di tale degradevole mancanza.
Lo stesso principio valeva anche per le risse. Venivano puniti solo i guardiamarina e i marinai per “non tenere in ordine il proprio posto”, e “vendere effetti di vestiario”, mancanze che non potevano essere imputate agli ufficiali perché costoro avevano alloggi privati e pagavano di tasca propria l’abbigliamento di cui quindi potevano disporre.
Viceversa venivano puniti sempre con gli arresti, anche di rigore, solo gli ufficiali e i guardiamarina, che avevano a disposizione entrambi un proprio quadrato, quando facevano a tavola discorsi atti a turbare la morale o intorpidare il buon regime della gamella.
Agli ufficiali era proibito fumare per le strade cittadine i locali pubblici mentre – se non si tratta di un’omissione – alla bassa forza era permesso farlo liberamente e comunque a bordo non c‘erano restrizioni per il fumo, a parte le ovvie precauzioni.
Una mancanza che getta una luce inedita sulla vita di bordo era quella commessa da chi usava la cucina per cucinarsi o cuocersi qualcosa. Non che fosse vietato, ma bisognava richiedere il permesso al sottufficiale incaricato della sorveglianza del servizio. Probabilmente questa abitudine era tollerata in considerazione della monotonia del rancio, spesso insufficiente per l’appetito dei giovani e, chi poteva, integrava le razioni con qualcosa acquistato a terra o ricavato con la pesca.
Venivano puniti, anche con il rimprovero in pubblico e fino agli arresti di rigore, l’ufficiale o il sottufficiale colpevoli di usare modi o parole ingiuriose verso gli inferiori di grado, specialmente se dirette a intaccare l’onore personale o quello del paese della nascita, ma naturalmente era vietato anche ai marinai pronunciare fra loro parole ingiuriose o in disprezzo del servizio.
Infine esistevano anche alcune sanzioni che oggi potremmo definire “amministrative” previste per coloro che avevano determinate incombenze: vi erano multe o ritenzioni dallo stipendio per coloro che non rispettavano le norme contabili, i rendiconti o la tenuta del giornale o dei documenti di bordo, oppure erano responsabili di errori o ritardi nella corresponsione delle paghe. È ovvio che poteva rendersi colpevole solo il ristretto numero di coloro che sapevano leggere e scrivere, partendo quindi dal primo luogotenente, cioè dal comandante in seconda e finendo con i sottufficiali di grado più elevato.
(Modalità per l’esecuzione della pena dei ferri secondo il Codice di disciplina della Regia Marina del 1893)
Era infine considerata una colpa grave il matrimonio senza permesso: per gli ufficiali e i sottufficiali “brevettati” esso doveva essere richiesto al Re mentre per il personale dei restanti gradi veniva informalmente concesso dai propri superiori. Nel primo caso la trasgressione comportava una comunicazione al ministro cui spettava una decisione che poteva arrivare alla revoca dall’impiego mentre il malcapitato veniva posto agli arresti in attesa di questa.
Per l’equipaggio c’erano i ferri e la prigione con in aggiunta il divieto di essere visitati dalle loro donne ed è da notare che al proposito il testo non usa la parola …. "moglie" (2).
Leggi "Quando la disciplina era una cosa… seria (1 parte)"
Note
1 Su tutte le navi imbarcavano i Commessi ai viveri, rappresentanti l’impresa appaltatrice dei rifornimenti, incaricati della conservazione e del consumo dei prodotti. Durante le campagne di istruzione imbarcavano anche cuochi e famigli delle Scuole di Marina.
2 Furono numerose le disposizioni che regolarono il matrimonio dei militari. La legge italiana del 31 luglio 1871 stabiliva che un ufficiale era tenuto a chiedere il permesso del Re e a dimostrare di avere una rendita non inferiore a 2000 o 1200 lire annue a seconda del grado. Per i sottufficiali il permesso veniva dato dal Ministro della Marina e la rendita doveva essere almeno di 400 lire. Tali rendite potevano essere sostituite da un uguale importo portato in dote dalla moglie e queste somme, all’epoca, corrispondevano sostanzialmente alle paghe di un tenente e di un operaio.
Immagine apertura: Punizione nella Marina britannica durante i giorni di navigazione, inflitta ai marinai giudicati colpevoli di negligenza o ubriachezza. Consisteva nel diluire la quantità giornaliera di grog (water grog) con sei parti di acqua invece delle normali tre. Si trattava di una punizione caduta in disuso intorno agli inizi del XX secolo. Tratto da un album di sessantacinque opere su carta che documentano la spedizione di Masters del 1857-1861 dall’Inghilterra al Sud-Est asiatico con i Royal Marines, a bordo della HMS Chesapeake – Autore Lt. Col. William Godfrey Rayson Masters R.M.
(articolo originariamente pubblicato su https://www.ocean4future.org)