Non che non fosse già seria, ma adesso è richiesto un colpo di reni dal nostro governo per capire cosa in realtà stia accadendo al programma JSF. E non chiediamo una risposta politica (“senza 90 F-35 non avremmo più un’aviazione” la più gettonata), ma tecnica.
Premessa, d’obbligo. Seguiamo l’F-35 da anni e per certi versi la nostra corrispondenza con gli uffici della Lockheed è quasi giornaliera. Dalla società americana ci hanno sempre risposto con garbo e con dovizia di particolari. Adesso, però, è il momento di chiarire cosa sia l’F-35. Al di là dei consensi ottenuti e dei contratti siglati e poi ridotti, la sensazione è che in pochi, fuori dai confini americani, stiano sostenendo davvero il programma.
Al di là delle feroci critiche il dato certo è che il Lightning-II, alla fine, sarà in servizio con una dozzina di grandi forze aeree alleate. Inutile negarlo. Aumenti dei costi, inevitabili ripercussioni politiche e proiezione negative sugli ordini effettuati dai militari: questi sono i nemici principali dello JSF. E mentre gli ordini sembrano essere effettuati con il contagocce, il prezzo unitario per ogni singolo caccia continua ad aumentare così come i costi della ricerca, sviluppo ed avvio della produzione. I costi lievitati, apparentemente a dismisura, scatenano poi la politica determinando l’annullamento degli ordini precedentemente siglati. Ulteriore aumento del prezzo finale e conseguente riduzione della flotta con inevitabile imbarazzo tra i partner internazionali.
Tutti i rami delle forze armate USA, al di là degli ordini dei partner, acquisteranno un numero impressionante di JSF. Sarebbe corretto affermare che i caccia venduti all’estero, ad oggi, sono ininfluenti nella sopravvivenza del caccia. Il risultato è un aereo che in molti vorrebbero cancellato, ma che solcherà i cieli. Ed è anche giusto rilevare, per l’ennesima volta, cosa sia realmente l’F-35: una piattaforma tattica progettata per eccellere in contesti che enfatizzano il Beyond Visual Range (BVR), in ambienti ad alta intensità di informazioni connesse in rete. Se dovessero funzionare come promesso, le capacità del velivolo saranno veramente notevoli.
Un caccia (non pensate nemmeno al dominio aereo ne alla supremazia, quella spetterà agli F-22 ed EFA2000) progettato per la guerra del futuro, ma probabilmente sarà utilizzato in ruoli che i suoi progettisti nemmeno immaginano. Lo Joint Strike Fighter dovrà rimpiazzare l’ F-16, l’ F-18 Hornet, i Tornado, gli Amx, Harrier, F-5 ed A-10.
In questi anni abbiamo sempre avuti dubbi proprio sul ruolo dell’F-35 nel Close Air Support per una questione prettamente concettuale. L’appoggio tattico è effettuato da velivoli con spiccate capacità di soppressione delle difese antiaeree nemiche ed in grado di affrontare forze avversarie terrestri in prossimità di quelle amiche. Tali missioni devono essere svolte necessariamente da velivoli robusti, agilissimi a bassa quota, in grado di riversare un enorme potenza di fuoco, incassare i colpi del nemico e ritornare alla base anche se pesantemente danneggiati. Compito svolto ancora oggi, fin dal primo volo avvenuto nel 1976, dall’A-10 (foto): una macchina mostruosa. Abbiamo scritto decine di approfondimenti in merito, ma dalla Lockheed hanno sempre ribadito il concetto base dello JSF: pensato per il futuro. Quindi, l’F-35 dovrà riscrivere il nuovo modo di operare nel Close Air Support con la stessa efficacia dell’A-10. Abbiamo più volte espresso le nostre perplessità al riguardo in termini di blindatura, potenza di fuoco e sopravvivenza e vi invitiamo nuovamente a consultare i nostri approfondimenti in merito. I test comparativi con l’A-10 inizieranno nel 2018, ma la tecnologia allo stato dell’arte non può nulla contro le armi di piccolo calibro che possono mettere fuori uso un F-35 e lasciare le truppe al massacro.
C’è poi quell’ultimo dato, in termini di costi, che dovrebbe quantomeno far riflettere gli Stati Uniti (non l’Italia): un A-10 ha un costo di 11,500 dollari ad ora di volo. L’F-35 costa poco meno di 33 mila dollari ad ora di volo. Eppure le stime previste era totalmente diverse. L’F-35 del 1994 sarebbe dovuto costare 28 milioni di dollari per l’Air Force, 35 milioni di dollari per il Corpo dei Marine e 38 milioni di dollari per la Marina. Con il cambio di oggi, quelle stime sarebbero state di 45 milioni per il velivolo che avrebbe equipaggiato l’Air Force fino ad arrivare alla versione della Marina che sarebbe costata 61 milioni di dollari. “Nel 2015, invece, secondo quanto calcolato dal Congressional Research Service, il costo unitario di un F-35 si starebbe avvicinando a quello di un F-22”.
Oltre ai problemi noti confermati dalla Lockheed, se ne stanno aggiungendo altri. L’ultimo problema tecnico, in ordine di tempo, è molto serio e non sembrerebbe poter essere risolto con i prossimi software. Si tratta di un “errore potenzialmente fatale per la vita del pilota”. Questo errore, ha già un numero di potenziali vittime: un terzo dei piloti che voleranno con l’F-35.
Nella fase di eiezione, quindi siamo in condizioni di emergenza, il sistema provocherebbe un colpo di frusta così violento a causa di un errata posizione del seggiolino propulso all’esterno del velivolo. Il rischio, riconosciuto dal Dipartimento della Difesa (quindi non è un’ipotesi senza fondamento), è reale per i piloti tra i 60 ed i 65 chili. Lo stesso Pentagono non sa come risolvere questo problema. I test hanno dimostrato che i piloti, il cui peso si avvicina di poco in difetto o in eccesso alle 135/140 libbre, hanno una probabilità di morte pari al 98% durante le espulsioni a 160 nodi. Per quanti non lo sapessero, la velocità media di un decollo o di un atterraggio. I piloti americani abilitati con l’F-35 che rientrano in questa categoria di peso sono pari al 7%. La loro abilitazione è stata sospesa. Ma il problema potrebbe essere stato sottostimato perché la percentuale di rischio resta alta anche per i piloti con un peso medio.
I problemi principali: condivisione dei dati
Oggi sappiamo che non sarebbe prudente lanciare gli F-35 contro i caccia russi o cinesi. L’attuale tecnologia dell’F-35, al giusto prezzo, avrebbe potuto cambiare le sorti di una battaglia, ma soltanto quindi anni fa. Oggi i nostri rivali detengono tecnologie che annullano i vantaggi ipotetici degli F-35. Se l’F-35 si scontrasse con un Su-30 (caccia di quarta generazione avanzata) non avrebbe scampo.
L’F-35B presenta problemi sulla condivisione dei dati raccolti dai caccia in configurazione di quattro velivoli. La strategia adottata dai Marine è quella di fare volare formazioni di 2+2 caccia. La fusione dei dati sulle minacce rilevate da una squadra composta da quattro caccia, non è ben gestita dall’attuale software. Di conseguenza, l’F-35 ha alcune difficoltà nell’individuare il reale numero degli obiettivi nemici sul radar. Meglio, quindi, farli volare in coppia. I problemi sono stati identificati nella ‘fusione’ collettiva delle minacce rilevate, uno dei punti di forza del futuro ‘Game Changer’. I dati trasmessi ai piloti, a volte, non sono quelli reali. Lockheed Martin dovrebbe risolvere il problema con il blocco software 3F. I Marine, quindi, faranno volare gli F-35 in coppia invece che in quattro. Tale configurazione ha evidenziato maggiore affidabilità e bassi livelli di falsi allarmi, assolutamente gestibili.
La cellula
Durante un test effettuato sul modello B, si è scoperto che la paratia 496, sezione portante della fusoliera, dopo quattromila ore di volo tende a spezzarsi. A causa delle modifiche strutturali realizzate nel 2005, i funzionari decisero che l’F-35B era troppo pesante per essere operativo e rimossero dalla progettazione originale alcune parti fondamentali. Ci riuscirono utilizzando in alcune sezioni della struttura l’alluminio al posto del titanio. Da rilevare che il problema strutturale ciclico si verifica a metà della vita operativa della cellula (ogni F-35 dovrebbe volare per ottomila ore di volo) e che, almeno fino ad allora, il problema non inficerà le capacità del velivolo. Dal Pentagono hanno ribadito che ad oggi non è una priorità, ma è un problema che dovrà essere affrontato pena la messa a terra della flotta. Le cellule dei modelli A e C hanno mostrato elevata affidabilità anche dopo diecimila ore di test. Il JPO prevede di testare ogni modello per 24 mila ore, l’equivalente di tre vite di una cellula.
Il motore
Tra gli aggiornamenti ritenuti “necessari” è previsto un nuovo motore che possa ridurre i consumi ed aumentare le prestazioni. Ogni nuovo motore costerà circa 15 milioni di dollari. Dovrebbe essere disponibile entro il 2019. Gli aggiornamenti, da non confondere con la roadmap di sviluppo della Lockheed Martin per raggiungere la piena capacità operativa, saranno a carico delle singole nazioni che potranno decidere o meno di mantenere il caccia al passo con le sfide globali. Il motore attuale è costruito dalla Pratt & Whitney, ma fin dal 2010 era stata avanzata l’ipotesi di costruire (e finanziare) un apparato propulsivo alternativo che sarebbe stato realizzato dalla General Electric. La proposta fu immediatamente bocciata sia dal presidente Obama sia dai vertici militari: nessuno avrebbe potuto giustificare l’aumento del già significativo budget. Il contratto con il motore di riserva venne eliminato definitivamente. Adesso si sta progettando il sostituto.
Il casco
La terza versione del casco, che sarà introdotto nella flotta nel 2016, dispone di una fotocamera migliorata per la visione notturna, schermi a cristalli liquidi ottimizzati, allineamento automatico ed un nuovo software molto più stabile. Il casco di prima generazione è stato utilizzato principalmente per i test di sicurezza. Quello di seconda generazione equipaggia gli attuali reparti ed è utilizzato dal Corpo dei Marine, primo corpo al mondo a dichiarare la Capacità Operativa Iniziale dell'F-35B. Il casco di terza generazione, correggerà gli attuali problemi di acuità visiva del sistema di seconda generazione.
Ad aprile 2015, un singolo casco costava poco più di 400 mila dollari. Le precedenti versioni del casco presentavano problemi in presenza di turbolenza. Si sono verificati casi di latenza nel video che ha causato cinetosi nei piloti. La tecnologia di visione notturna poi, non funzionava come avrebbe dovuto. La “luce verde” oscurava la vista dei piloti. Le cose andavano così male che nel 2011 il Pentagono ha commissionato a BAE Systems un casco alternativo qualora quello in fase di sviluppo non avesse funzionato. Nel 2013, si decise di proseguire con quello della Rockwell Collins. Il casco di terza generazione presenta migliorie sotto il profilo software e con la visione notturna. Si notano, però, problemi di condivisione tra i caccia quando questi volano insieme. Il problema non si pone quando la formazione è composta da due caccia. In quel caso, i due F-35 sono in grado di condividere le informazioni ad oltranza e senza problemi. Una formazione di quattro caccia, invece, fornisce un quadro reale instabile, fornendo ai piloti falsi segnali sui bersagli.
Il concetto
Il più grande problema dell’F-35 è concettuale: l’aver pensato di realizzare un solo velivolo che fosse un caccia, un bombardiere, un velivolo per il Close Air Support, che potesse atterrare su una portaerei o che potesse decollare verticalmente, ha comportato una serie di compromessi di progettazione che non hanno reso lo JSF eccelso in alcun ruolo. Il costo poi. L’F-35 pretenderà una spesa di 12 miliardi di dollari l’anno (per gli USA) fino al 2038, cifra insostenibile a meno che tutti gli altri progetti (come il bombardiere di prossima generazione o lo sviluppo dei velivoli senza pilota) non vengano ridimensionati.
Pubblicizzato come il caccia definitivo
Dal Pentagono hanno confermato che per imporre la supremazia aerea in un determinato contesto con X avversari, ci vorrebbero otto F-35. Per eliminare gli stessi nemici, basterebbero due F-22. Sono dati che devono fare riflettere sulle reali capacità della cellula dell’F-35 e su quella sua sezione radar, inferiore rispetto all’F-22. Avere una bassa segnatura radar, non significa essere superiori ad un caccia più pesante e più “visibile”.
L’F-35 dovrebbe conferire innegabili vantaggi in un determinato contesto operativo grazie alla sua bassa osservabilità, capacità dei sensori di bordo ed integrazioni delle informazioni con altre piattaforme. Fattori che conferiscono all'F-35 un enorme vantaggio rispetto ai velivoli che andrà a sostituire, ma i velivoli di quinta generazione, come l’F-22 e l’F-35 non sono caccia puri, non sono dei veri fighter. Sono velivoli ottimizzati per diversi regimi di minacce ed in grado di compiere svariate missioni. Proprio il velivolo specifico non esiste più. Esiste, invece, la piattaforma aerea multiruolo che può svolgere una miriade di missioni egregiamente, probabilmente non eccellendo in nessun ruolo.
L’F-35 non è stato progettato per il dogfighting ne per duellare nell’uno contro uno. E’ stato pensato per eliminare il nemico a distanza. Qualora dovesse fallire, l’F-35 senza caccia di scorta puri, potrebbe non tornare alla base. Ed è un dato di fatto.
Quella svista milionaria
L'F-35B era stato pensato per trasportare internamente otto SDB-II. Queste bombe permetterebbero al pilota dell’F-35 di colpire otto diversi bersagli ad oltre 70 chilometri di distanza e con assoluta precisione. Le SDB-II sono progettate per modificare la propria rotta in volo e seguire gli obiettivi attraverso sistemi di guida laser infrarossi o in movimento. L'F-35B, però, può ospitare solo quattro SDB-II a causa della stiva interna che è significativamente più piccola delle versioni A e C per via del design del velivolo Stovl. La Marina USA voleva equipaggiare subito gli F-35B con le SDB-II, ma ha preferito portare avanti l’integrazione sugli F/A-18 Super Hornet.
Da rilevare che il software necessario per implementare le SDB-II farà parte del Block 4, il cui rilascio è previsto nel 2022. Nonostante il Pentagono fosse al corrente del problema SDB-II fin dal 2007, era ormai impossibile modificare il design principale delle bombe e del caccia. Gli altri sistemi d’arma legati al software Block 4 sono l'AGM-154 Weapon Joint Stand-Off, il Joint Strike Missile della norvegese Kongsberg, il SOM turco e l’AIM-9X Sidewinder Block II.
Serve una risposta tecnica, non politica
Se fosse stato un dimostratore, le tecnologie dell’F-35 sarebbero state implementate in diverse piattaforme, ma così non è stato.
I 55 anni di vita del caccia F-35 costeranno agli Stati Uniti 1500 miliardi di dollari. Oltre agli Stati Uniti, il caccia è stato ordinato da Gran Bretagna, Australia, Italia, Turchia, Norvegia, Paesi Bassi, Giappone, Corea del Sud e Israele.
(foto: Lockheed Martin / Martin Baker)