Forme di guerra non convenzionale: il caos della guerra meteorologica e della guerra ambientale

(di Nicola Cristadoro)
23/10/24

Il tema del cambiamento climatico è di grande attualità e, per questa ragione, può essere interessante anche il dibattito sulle guerre climatiche o guerre meteorologiche, comunque le si voglia chiamare, argomento piuttosto controverso. Da un lato ci sono i governi di nazioni quali Stati Uniti, Russia e Cina che negano fermamente di possedere la tecnologia e la capacità di intervenire sul clima per scopi militari. Dall’altro si leva un coro di scienziati, politologi ed analisti che sostiene unanimemente ed a gran voce che ciò non sia vero e che, in realtà, parte delle ragioni che negli ultimi anni hanno determinato un repentino e sostanziale mutamento del clima a livello globale siano proprio da imputare alle attività condotte segretamente in questo settore dalle potenze mondiali. È intuitivo che, ancora una volta, il confine tra verità e “complottismo” sia davvero labile e, per questo motivo, cercheremo, ancora una volta di attenerci ad un’analisi oggettiva dei fatti.

È un fatto che, a livello tattico, tutto sommato il meno pericoloso in considerazione degli effetti relativamente contenuti delle azioni intraprese, in quanto limitate alle “aree della battaglia”, esistano esempi storicamente documentati. Durante la guerra del Vietnam, ad esempio, con l'“Operazione Popeye” gli Stati Uniti utilizzarono il cloud seeding sopra il sentiero di Ho Chi Minh.1 Il programma di modificazione del clima nel sud est asiatico durò dal 1967 al 1972. Si trattava di un'operazione di inseminazione delle nuvole con ioduro d'argento e ioduro di piombo, allo scopo di prolungare la stagione dei monsoni per indurre la pioggia. Le forti piogge ebbero il risultato di ostacolare significativamente i convogli nordvietnamiti, in conseguenza del rammollimento delle superfici stradali, di frane lungo le carreggiate, del dilavamento degli attraversamenti fluviali e, in generale, delle condizioni del suolo mantenuto bagnato oltre il normale periodo di tempo.

Nel 1977 una risoluzione dell’ONU ha stabilito che “Nell'effettuare distruzione, danni o lesioni non ci devono essere effetti diffusi su larga scala, che durano a lungo o troppo potenti (come quelli che darebbe un'eventuale guerra meteorologica).”2

Di nuovo gli Stati Uniti sono finiti al centro delle polemiche per via della realizzazione del Progetto “HAARP” (High Frequency Active Auroral Research Program), un'installazione civile e militare situata negli Stati Uniti, in Alaska.

Secondo le fonti ufficiali l'impianto HAARP è in grado di inviare onde radio nella ionosfera. Le onde, colpendo la ionosfera, la riscaldano causando delle leggere perturbazioni, simili a quelle provocate dalla radiazione solare, ma notevolmente più deboli. Lo scopo sarebbe quello di studiare in che modo queste perturbazioni influiscono sulle comunicazioni a breve e a lunga distanza.3 I detrattori del programma, invece, sostengono che sia un progetto volto a perseguire scopi occulti, che andrebbero dalla realizzazione di un'ipotetica arma elettromagnetica per creare terremoti, per il controllo del clima4 e, addirittura, per il controllo delle menti,5 come ha affermato Jesse Ventura, ex governatore del Minnesota e sostenitore di diverse teorie del complotto.

Vale la pena ricordare anche l’Australia ed il suo sistema Jindalee Operational Radar Network (JORN), assimilabile per molti aspetti al HAARP americano. Si tratta di una sofisticata rete di radar over - the - horizon (OTH)6 in grado di individuare velivoli stealth, ostacolare flussi di immigrazione illegale, spiare Stati viciniori ad una distanza di almeno 3.000 km.7 La prima fase del progetto australiano venne denominata “progetto Geebung” e mirava a definire i requisiti operativi per un OTH, studiando le tecnologie e le tecniche applicabili. Il progetto ha effettuato una serie di sondaggi della ionosfera, al fine di valutarne l'idoneità per il funzionamento di tale tipologia di radar.8

Anche Russia e Cina non sarebbero da meno: sulla rivista Earth and Planetary Physics è stato pubblicato lo studio The first joint experimental results between SURA and CSES9 che mostrerebbe i risultati di una collaborazione tra Russia e Cina in occasione di alcuni esperimenti con onde radio ad alta frequenza che modificano l’atmosfera terrestre.10 Anche in questo caso gli scienziati assicurano che gli scopi sono unicamente scientifici e che non sono pericolosi per l’atmosfera, tuttavia, bisogna tener presente che la ionosfera, così come i gas ionizzati di cui è composta, è fondamentale per le comunicazioni radio; interferire con essa quindi potrebbe consentire di disturbare i segnali, bloccandoli o rendendoli ancor più potenti.

Sempre sull’utilizzo delle onde elettromagnetiche per fini militari, attraverso l’alterazione dell’ambiente, appaiono estremamente significativi gli studi effettuati dal dottor Thomas Bearden,11 relativi alle attività svolte nel tempo dall’Unione Sovietica e dalla Russia. Senza entrare in dettagli tecnici per i quali si rimanda alla lettura del saggio da cui sono tratte queste informazioni,12 Bearden sostanzialmente asserisce che i Russi da tempo hanno realizzato armi per controllare il tempo meteorologico e che in diverse occasioni le avrebbero usate conto gli Stati Uniti:13

“Bearden afferma che il primo esperimento offensivo sovietico contro gli Stati Uniti con un’arma a onde longitudinali fu effettuato nell’aprile del 1963 e distrusse il sottomarino atomico Uss Thresher (foto) al largo della costa orientale americana. Il giorno dopo i russi avrebbero provocato una esplosione sottomarina a 100 miglia a nord di Porto Rico. L’esperimento produsse una colonna d’acqua alta oltre un chilometro e mezzo, che fu avvistata da un equipaggio aereo e riportata all’Fbi e alla Guardia costiera. Secondo Bearden l’uso di onde elettromagnetiche longitudinali per la modifica meteorologica è molto semplice. Gli impulsi di tali onde possono essere diretti con particolari interferometri e se fatti divergere provocano un surriscaldamento della superficie colpita, mentre la raffreddano se fatti convergere. Siccome le onde longitudinali sono praticamente prive di massa non vengono alterate o attenuate dagli ostacoli e possono essere dirette e calibrate a qualsiasi distanza. In questo modo si possono creare punti caldi di bassa pressione in una zona e punti freddi di alta pressione in un’altra. Le masse nuvolose possono perciò essere pilotate e magari fatte convergere in zone già instabili favorendo le condizioni per uragani, tornado e precipitazioni inaspettate. Le alterazioni atmosferiche a lungo andare portano a vere e proprie modificazioni climatiche.”

È necessario “scremare” dalla dimensione “propagandistica” che verosimilmente permea gli studi dello scienziato americano in merito alle capacità dei sovietici e dei Russi ed alla reale portata dei fenomeni attribuiti alle armi a onde longitudinali. Tuttavia, il saggio preso in esame sottolinea quattro aspetti che meritano di essere presi in considerazione:

1. il tempo, il clima e i fenomeni sismici naturali e indotti fanno parte della ricerca militare ancora attiva e tenuta segreta;

2. la ricerca militare in molti casi guida e in altri segue quella civile e la guerra ambientale globale non ha soltanto una connotazione militare;

3. il luogo deputato alla gestione della guerra ambientale che tratta le modificazioni climatiche è più quello dei laboratori scientifici pubblici e privati che quello dei posti di comando militari;

4. le capacità che vengono attribuite ai sovietici fin dagli anni Sessanta non possono non essere attribuite agli stessi americani dello stesso periodo o di qualche anno successivo e non possono non essere attribuite ai cinesi di oggi o agli indiani di domani.14

Un dato oggettivo che possiamo desumere è che lo scambio di accuse reciproche sui due fronti tra questi Stati è continuo e tende a minimizzare le proprie iniziative ed ingigantire quelle dell’avversario.

Ad ogni buon conto, la geoingegneria, o manipolazione del tempo, è ormai comunemente accettata come intervento deliberato o manipolazione su larga scala del sistema climatico della Terra per contrastare il “riscaldamento globale” o per influenzare l’ambiente.

Vogliamo ora spostare l’attenzione su una serie di altri fenomeni dal forte impatto ambientale e, indirettamente, climatico: gli incendi di gradi dimensioni che hanno distrutto migliaia di ettari di boschi in Australia e nella foresta Amazzonica in Brasile e in Bolivia.

Secondo diverse fonti, i roghi che recentemente hanno devastato l’Australia andrebbero ricondotti ad attività di natura dolosa, mirate a porre le basi per la realizzazione di progetti quali lo Smart Cities Plan o il progetto CLARA. Ovviamente non si tratta di modalità di weather warfare, ma vogliamo parlarne per le implicazioni di natura economica e per le conseguenze che tali disastri hanno avuto sul territorio e sulla natura di quelle regioni.

La società Consolidated Land and Rail Australia (CLARA), nel 2017 ha proposto al governo australiano una linea ferroviaria ad alta velocità da Brisbane a Melbourne, con la prospettiva della realizzazione di otto nuove “città intelligenti” (smart cities) da costruire lungo il percorso. Fino a poco tempo fa, ci sono stati seri dubbi sul fatto che il progetto disponesse delle risorse necessarie per la sua realizzazione, stante la previsione di costo di circa 100 miliardi di dollari per ripulire completamente i terreni e sviluppare le infrastrutture. Ad un esame attento, molti degli attuali incendi lungo la costa orientale australiana corrispondono al tracciato proposto per la linea ferroviaria ad alta velocità della proposta CLARA. Secondo quanto indicato in un foglio informativo sul progetto di questa linea ferroviaria, il contributo di finanziamento del governo al progetto CLARA sarebbe di 8.000.000.000 di dollari. Coloro che hanno perso i propri beni a causa di incendi lungo il percorso proposto, probabilmente non saranno autorizzati a ricostruire sulla loro terra, ma piuttosto saranno incoraggiati a ricostruire nelle aree designate per le nuove “città intelligenti”. 15

Veniamo ora alla deforestazione dell’Amazzonia, verificatasi prevalentemente sul territorio brasiliano, ma anche su quello della confinante Bolivia e del Paraguay.

Gli incendi che nel 2019 hanno devastato il bacino del Rio delle Amazzoni, oscurando il cielo da San Paolo in Brasile a Santa Cruz in Bolivia, hanno scosso le coscienze in tutto il mondo. Gran parte della responsabilità dei roghi è stata attribuita al presidente brasiliano Jair Bolsonaro, accusato di incoraggiare l’incendio delle foreste allo scopo di impadronirsi delle terre dei popoli indigeni. Tuttavia, il maggior incentivo alla distruzione della selva amazzonica proviene da marchi globali come Stop & Shop, Costco, McDonald’s, Walmart/Asda, e Sysco e dai loro fornitori JBS e Cargill, multinazionali che operano nel settore della carne bovina e della coltivazione della soia, destinata all’estrazione dell’olio da cui residua un sottoprodotto, la farina di estrazione, utilizzato come alimento zootecnico. Sono queste compagnie che stanno creando la domanda internazionale di tali prodotti, la quale, a propria volta, finanza i roghi e la deforestazione.

Ricordiamo che l’impresa JBS è il maggior distributore brasiliano di carne e, allo stesso tempo, è anche il più grande produttore di carne del mondo e che Cargill è il principale esportatore di soia dal Brasile, oltre ad essere la più grande compagnia attiva nel settore agroalimentare a livello globale.

Per quanto riguarda le presunte responsabilità della JBS partiamo dal presupposto che sia la domanda interna sia quella internazionale di carne bovina e di cuoio hanno alimentato la rapida espansione dell’industria zootecnica in Amazzonia, determinando la scelta di procedere ad una massiccia deforestazione per la conversione a pascolo delle superfici disboscate.

Diverso è il discorso relativo alla catena di distribuzione della soia. Gran parte dell’attuale ondata di deforestazione si è verificata in prossimità dell’autostrada BR-163, che i grandi produttori di soia utilizzano per trasportare tale leguminosa a Santarem, dove si trova il principale porto utilizzato dalla Cargill: qui la soia viene caricata sulle navi e spedita in tutto il mondo per alimentare gli animali domestici in Europa, Cina e altrove.16

Numerose sono le aziende, le società e le ditte corresponsabili di questo sfacelo, nel quadro della economic warfare direttamente connessa alla environmental warfare in atto.

La prima è l’olandese Ahold Delhaize, catena di supermercati proprietaria dei marchi Stop & Shop, Giant, Food Lion, e Hannaford negli Stati Uniti e Albert Heijn, Delhaize, Etos, Albert, Alfa-Beta ed altri in Europa, che intrattiene importanti relazioni commerciali sia con la Cargill che con la JBS. Con quest’ultima, in particolare, nel 2019 ha concluso transazioni commerciali per un ammontare di 113 milioni di dollari.17 C’è, poi, McDonald’s che, probabilmente, può essere considerato il maggior cliente di Cargill. I suoi ristoranti sono essenzialmente spacci dei prodotti di quest’ultima compagnia, la quale non le fornisce soltanto carne di pollo e di bovino, ma prepara e congela gli hamburgers che McDonald’s si limita a scongelare e servire ai propri clienti. Altri importanti clienti di Cargill e di JBS sono Costco, il terzo rivenditore di prodotti alimentari più grande al mondo e la Sysco, il più grande distributore mondiale di prodotti alimentari a ristoranti, alberghi, mense universitarie ed aziendali. Quest’ultima società nel 2019 ha fatto affari con JBS per 525 milioni di dollari. Anche Burger King è cliente sia di JBS che di Cargill e, in particolare, ha chiesto a questa azienda di fermare la distruzione delle foreste da parte dei suoi fornitori…entro il 2030.18 L’elenco è lungo: Walmart (Stati Uniti), Nestlè (Svizzera), Carrefour, Casino e Leclerc (Francia). Leclerc non tenta neppure di mistificare qualche tipo di campagna a favore della tutela dell’ambiente, come invece fanno le altre imprese.19

Vediamo, dunque, come le esigenze connesse all’economia globale abbiano verosimilmente provocato la distruzione di un milione di ettari di foresta nel giro di poche settimane. Secondo lo Smithsonian Institute, questi roghi, così estesi da essere visibili dallo spazio, rappresentano una significativa minaccia al “polmone” del pianeta, una delle ultime difese della biosfera contro il cambiamento climatico.

Arriviamo, allora, alla dimensione del caos, che è quella che ci interessa per la dimostrazione della nostra teoria sulle modalità di sviluppo delle guerre future. Sappiamo che l’impatto sul pianeta delle politiche ambientali attuate dall’uomo è disastroso, a causa, ancora una volta del prevalere degli interessi dell’economia globale sull’equilibrio tra uomo e natura. Anche sotto questo aspetto, dunque, l’equilibrio tra le nazioni viene meno, generando il caos. I piani economici mondiali, a prescindere dall’impasse determinata dalle varie crisi che si sono susseguite dall’inizio del XXI secolo (la peggiore ad oggi è l’epidemia di coronavirus) prevedono produttività e consumi sempre crescenti, con una frattura sempre più ampia tra gli Stati, a dispetto della “globalizzazione”. Sul piano ambientale, tale frattura è determinata soprattutto dallo scontro tra le forze che da un lato propugnano la salvifica azione mirata al contenimento delle emissioni di gas serra, del disboscamento indiscriminato, dell’invasività delle materie plastiche, delle contaminazioni dell’atmosfera… in sostanza della salvaguardia della natura e quelle che, sul fronte opposto, guardano alla tutela degli interessi delle multinazionali che tengono in ostaggio le politiche governative. E la frattura si manifesta in modo macroscopico tra i Paesi in via di sviluppo, che non sono disposti a rinunciare al loro percorso verso il benessere collettivo non ancora raggiunto ed il mondo occidentale o, meglio, “occidentalizzato”, dove il benessere è consolidato, proprio sulle spalle di quei Paesi.

In conclusione, vogliamo citare un passo dal saggio cui abbiamo diffusamente fatto riferimento in precedenza, che sintetizza mirabilmente il concetto stesso di environmental warfare e del caos che tale tipo di conflitto può determinare:

Non è detto che il termine guerra globale in questo caso abbia soltanto un senso figurativo e che il riferimento alle ripercussioni sull’ambiente sia soltanto incidentale. Forse per la prima volta nella storia umana l’acquisizione delle risorse, una componente costante di tutte le guerre, può essere sostenuta, integrata e perfino sostituita dalla guerra ambientale. La stessa strategia politica si può esprimere attraverso quella ambientale e quest’ultima può combinare i fattori naturali con quelli economici, ideologici, psicologici e militari. … Si sa tuttavia che gli interessi di questa guerra sono globali e si sa che non sono soltanto gli interessi a porla in tale dimensione. È globale il bacino delle risorse oggetto del desiderio, è globale l’incidenza dei fattori ambientali in discussione o in pericolo ed è globale la potenza devastatrice dei nuovi strumenti di guerra ambientale. … Questa guerra si può avvalere di tutte le forme tradizionali di lotta armata, ma si concentra soprattutto sulle nuove tecnologie e sugli sviluppi della guerra psicologica e dell’informazione che comprendono il cosiddetto “denial”: la negazione delle informazioni, dei servizi, delle conoscenze, degli accessi alle tecnologie e agli strumenti di difesa e salvaguardia. In materia di negazione la guerra ambientale può esprimere potenzialità enormi ed arrivare al cinismo disumano anche se condotta in forma latente e passiva.20

1 Transcript of the US Senate Hearing on Weather Modification of March 20, 1974, vietnam.ttu.edu.

2 Convention on the Prohibition of Military or Any Other Hostile Use of Environmental Modification Techniques, Ginevra, 18 maggio 1977, entrata in vigore il 5 ottobre 1978.

4 Lattanzio A., HAARP: la guerra climatica del Pentagono, Conflitti & Strategie, 05/11/2010. http://www.conflittiestrategie.it.

5 Baenen J., Ventura seeks out conspiracy theories at Alaska Station, 03/12/2009. http://juneauempire.com.

6 I radar over - the - horizon (OTH) hanno lo scopo di individuare obiettivi strategici (aerei, missili, navi) lontani molte migliaia di chilometri grazie alle caratteristiche di riflessione delle onde elettromagnetiche appartenenti allo spettro HF (Onde Corte: da 3-30 MHz) da parte della ionosfera. Attualmente i radar OTH continuano ad essere impiegati non solo per scopi militari ma anche in campo meteorologico, per lo studio della propagazione ionosferica, controllo del traffico aereo, monitoraggio dei cambiamenti climatici, previsioni e monitoraggio degli uragani, controllo dell’inquinamento.

7 The Jindalee Operational Radar Network (JORN), The Black Vault, 24/05/2009. https://www.theblackvault.com.

8 The Jindalee Operational Radar Network (JORN), ibid..

9 Zhang X. - Zhao S. – Frolov V. – Zhou C., The first joint experimental results between SURA and CSES, Earth and Planetary Physics, January 2018.

10 “Un’alleanza curiosa. Da un lato c’è la Russia con il Sura Ionospheric Heating Facility, un laboratorio a est di Mosca da cui gli scienziati emettono onde radio ad alta frequenza per manipolare la ionosfera, dall’altro c’è il CSES, il China Seismo Electromagnetic Satellite, che ha invece il compito di misurare gli effetti di questo disturbo sul plasma dall’orbita. Il tutto si è tenuto lo scorso giugno 2018 e ha visto per la prima volta la collaborazione del SURA e del CSES, in totale i casi analizzati sono stati cinque, due durante il giorno e tre durante la notte. In uno degli esperimenti, l’area interessata al disturbo della ionosfera ricopriva 126.000 kq, mentre in un altro i gas ionizzati presenti nell’atmosfera hanno portato ad un aumento di temperatura di circa 100 gradi Celsius.”

Cina e Russia alleate per modificare l’atmosfera terrestre, NoGeoingegneria, 19/12/2018. https://www.nogeoingegneria.com.

11 Il ten. col. della Riserva Thomas Bearden (U.S. Army) è un ingegnere nucleare, specialista in armi elettromagnetiche a onde scalari, armi a energia, teoria dei campi unificati, elettrodinamica, sistemi ad energia libera. Le sue teorie sono spesso state oggetto di controversie e polemiche nel mondo accademico, ma offrono prospettive nuove sui campi di studio da lui approfonditi e affatto infondate.

12 Mini F., Owning the weather: la guerra ambientale globale è già cominciata, Limes n.6, 23/11/2007.

13 Mini F., ibid.

14 Mini F., ibid.

15Cosa c’é dietro gli incendi boschivi in Australia?, NoGeoingegneria, 14/12/2018. https://www.nogeoingegneria.com.

16 Hurowitz G., Jacobson M., Higonnet E., von Reusner L., Le multinazionali dietro gli incendi in Amazzonia, Come Don Chisciotte, 05/11/2019. https://comedonchisciotte.org.

17 Hurowitz G., Jacobson M., Higonnet E., von Reusner L., ibid.

18 Hurowitz G., Jacobson M., Higonnet E., von Reusner L., ibid.

19 “E. Leclerc è un rivenditore francese con più di 600 negozi in Francia e oltre 120 all’estero. Tra le catene di supermercati francesi, Leclerc ha forse le politiche di sostenibilità meno robuste. Un recente rapporto, redatto da Sherpa, France Nature Environmente e da Mighty Earth dimostra che le misure per la sostenibilità della produzione di soia attuate da Leclerc sono fallimentari. La compagnia si rifiuta di unirsi agli sforzi per proteggere il Cerrado brasiliano, non ha ottemperato all’obbligo legale di rivelare i propri fornitori e non ha sviluppato un meccanismo di allerta per identificare il rischio o per intervenire in caso di allerta denunciato da altri. Il recente rapporto sulla sostenibilità redatto dall’azienda francese non prevede alcun impegno da parte della stessa sui fornitori di carne o di qualsiasi altro prodotto ad eccezione dell’olio di palma.”

Hurowitz G., Jacobson M., Higonnet E., von Reusner L., ibid.

20 Mini F., ibid.

Foto: OpenAI / web / U.S. Navy / CLARA / NASA / Ibama from Brasil