Asimmetria navale tra Stati: lessons learned tra Russia e Ucraina

(di Lorenzo Lena)
04/10/24

La guerra aperta tra Russia e Ucraina ha riproposto concetti militari che venivano oramai ritenuti superati da più moderne (ritenute tali) tematiche, come la contro insurrezione e la lotta a organizzazioni terroristiche, criminali o ibride. Con l’eccezione della battaglia di Ilovaisk, 2014, quando l’esercito russo è intervenuto in aiuto delle milizie di Donetsk con risultati significativi, e senza considerare la guerra in Georgia nel 2008, dove la sproporzione è stata troppo marcata per incidere sulla teoria militare, era dal 1991 in Iraq che non si assisteva a un simile conflitto. Spostando l’attenzione in ambito navale, si risale al 1982 alle Falkland per trovare un conflitto con questo livello di perdite su entrambi i fronti.

Un aspetto di particolare interesse si ritrova nella capacità delle forze ucraine – che fin dai primi giorni hanno perso i pochissimi mezzi ancora disponibili – di compromettere l’attività navale russa nel mar Nero colpendo il porto di Sebastopoli e altre installazioni con tale frequenza da obbligare la flotta nemica a un allontanamento verso est. L’affondamento dell’incrociatore Moskva ad aprile 2022 (foto apertura) ha avuto un importante impatto mediatico, ma va considerato che si trattava di un’unità rimodernata e risalente agli anni Ottanta, ancora temibile ma dimostratasi inadatta a un moderno scenario bellico. Ultima riprova in ordine di tempo che una nave da battaglia può essere distrutta da attaccanti pari a una sua minuscola frazione: si ricordi l’asburgica Szent Istvan affondata da una silurante italiana nel 1918, o la giapponese Yamato, corazzata più grande del mondo, distrutta da anonimi aerei imbarcati statunitensi nel 1945.

Di maggiore rilievo è l’abilità con cui gli ucraini hanno inibito l’uso di Sebastopoli. Questo successo poco appariscente, dilatato su un asse temporale costellato di azioni più o meno notevoli, prova che anche la tecnologia del Ventunesimo secolo non può proteggere installazioni cruciali in prossimità del campo di battaglia. Una vulnerabilità di cui si era già avuta ampia dimostrazione in passato e che andrebbe considerata in ottica predittiva di futuri sviluppi.

"The Cockleshell Heroes"

Film inglese del 1955 (“gli eroi sui gusci di noce”) è basato sulla missione praticamente suicida con cui nel dicembre 1942 alcuni Royal Marines penetrarono il porto francese di Bordeaux utilizzando delle canoe. Riuscirono a sabotare alcune delle imbarcazioni impiegate per forzare il blocco navale, ma a un prezzo altissimo. In due affogarono, sei furono catturati e fucilati dai tedeschi, solo due riuscirono a raggiungere Gibilterra. Nonostante queste perdite, l’operazione è stata un successo. Quasi uguale destino dell’operazione G.A. 3, nota come “Impresa di Alessandria”, avvenuta un anno prima. Sei incursori italiani misero fuori uso il nucleo da battaglia della Mediterrean Fleet, azione che fece la storia delle forze speciali. Tutti catturati, fortunatamente nessuno fucilato.

Furono soprattutto italiani e inglesi – non a caso coloro che disponevano delle forze convenzionali più ridotte – a puntare su raid contro obiettivi di alto valore. Porti, aeroporti, ponti, impianti di ricerca (la distruzione degli impianti per l’acqua pesante in Norvegia). Molto spesso si rivelò impossibile portare in salvo gli incursori, che nel migliore dei casi conclusero il conflitto come prigionieri di guerra.

Nel moderno scenario ucraino, queste azioni trovano una certa ragion d’essere, anche se ampiamente sostituite dall’impiego di mezzi senza pilota, per risparmiare personale difficilmente rimpiazzabile e per il danno morale che queste perdite comporterebbero.

Ad agosto 2023 si è avuta notizia di un raid di una piccola unità, probabilmente parte del GUR (servizi segreti militari ucraini), che ha colpito la punta occidentale della Crimea uccidendo svariati soldati russi e distruggendo del materiale, sembra anche un sistema antiaereo S-400. Secondo la versione ucraina, gli incursori non avrebbero riportato perdite. Sempre in questa occasione, sarebbe stata issata una bandiera a scopi propagandistici.

In generale, i rischi hanno ridotto l’impiego di forze da sbarco a pochi target molto specifici, come gli impianti petroliferi off-shore riconquistati a settembre (usati dai russi come piattaforme per sistemi antiaerei) o i continui raid mordi e fuggi oltre il fiume Dnipro nell’area di Kherson, per catturare prigionieri e impedire al nemico di dominare la sponda.

Nell’estate 2022, la riconquista dell’isola dei Serpenti è stata realizzata con attacchi aerei e missilistici che hanno reso insostenibile l’occupazione, non con l’impiego di forze da sbarco che avrebbero incontrato enormi difficoltà. Altre operazioni di grande impatto, come la distruzione di depositi di munizioni nella penisola o il sabotaggio del ponte di Kerch con un camion bomba, sono state realizzate con la cooperazione tra servizi segreti ucraini e movimenti di resistenza sul territorio, e non possono essere considerate azioni militari.

L’impiego di piccolissime unità altamente addestrate ha ancora uno scopo, in un moderno conflitto tra due Stati sovrani, soprattutto quando sia necessario sostenere il morale del fronte interno (lo straordinario e operativamente inutile slogan “date fuoco all’Europa” di Churchill nel 1940) o per scopi operativi delimitati a un preciso settore del fronte. La decisione inglese di impiegare degli incursori a Bordeaux, come per gli italiani ad Alessandria, fu l’unica possibile dopo che l’alternativa aerea si era rivelata troppo imprecisa o semplicemente oltre la portata dei velivoli esistenti.

La Crimea del 2022-2024 non richiede il sacrificio di eroi, su gusci di noce o su “maiali”, perché ampiamente dentro il raggio d’azione di sistemi d’arma come i missili aria superficie che hanno colpito il quartier generale della flotta del mar Nero, o svariate unità navali all’ancora, o ancora il continuo impiego di droni marittimi senza pilota la cui distruzione da parte dei sistemi di difesa costituisce al massimo un contrattempo. Una situazione che, molto alla lontana, può ricordare piuttosto l’utilizzo dell’artiglieria francese a Tolone nel 1793 che impedì i movimenti della flotta inglese nel porto della città.

Successi e fallimenti dell’assalto frontale

All’estremo opposto del piccolo nucleo inserito in modo silenzioso, c’è lo sbarco di svariate centinaia o anche migliaia di uomini. Qualcosa di molto più ridotto dello sbarco in Normandia, ma in grado di portare a terra un numero di uomini tale da sconvolgere il dispositivo avversario.

Nella Seconda guerra mondiale si possono indicare l’azione contro il porto di Saint Nazaire (1942) coronata da successo ma costata gravissime perdite, o il molto più ambizioso e molto più sfortunato sbarco a Dieppe, conclusosi in un disastro dal quale se non altro si trassero le dovute lezioni per la Normandia di due anni dopo.

Pensare a qualcosa di simile nell’Ucraina di oggi è come minimo difficile, in parte perché non necessario, Sebastopoli è stata neutralizzata con l’uso di droni e armi a lungo raggio, e perché tecnicamente ai limiti dell’impossibile. Un’azione contro il porto di Novorossijsk nella Russia meridionale, se coronata da successo, sarebbe un risultato straordinario. Anche il semplice trasporto delle forze necessarie, d’altronde, è fuori dalla portata degli ucraini, per non parlare del rischio di essere travolti dalle difese russe e delle enormi difficoltà di riportare indietro chi dovesse sopravvivere.

L’Ucraina del 2024 non è l’Impero britannico del 1940, che poté assorbire pur con gravi traumi un disastro militare dopo l’altro. Un assalto frontale in effetti è stato realizzato contro la regione di Kursk, a migliaia di chilometri dalla costa, e analisti e osservatori si domandano quale sia lo scopo, oltre all’indubbia ondata di entusiasmo, di una iniziativa vittoriosa ma che ormai sembra abbastanza impantanata. Traslare questo scenario dal fronte terrestre a quello marittimo si risolverebbe in un disastro, motivo per cui (se non si immagina un improbabile sfondamento terrestre dall’istmo di Perekop) una riconquista militare della Crimea è quasi di certo impossibile.

Da parte loro, i russi hanno tentato una sconsiderata azione dietro le linee nemiche letteralmente nel primo giorno di guerra, assaltando l’aeroporto di Hostomel con forze aerotrasportate che avrebbero dovuto essere raggiunte da una colonna via terra e arrivare a Kiev da nord. Una riedizione dell’operazione Market-Garden voluta da Montgomery in Olanda e che si è conclusa nello stesso modo, con i rinforzi che non sono mai arrivati e la testa di ponte che è stata annientata. Un fallimento che ha fatto saltare irreparabilmente i piani russi per una guerra lampo.

Sebastopoli, e i gravi e continui danni che subisce la flotta del mar Nero, devono essere considerati in ottica sia offensiva che difensiva.

Dal primo punto di vista, la capacità che ormai da secoli viene dimostrata di colpire le navi nemiche nei propri porti, si pensi al raid di Francis Drake contro Cadice nel 1587 (immagine), è stata accresciuta esponenzialmente da nuove tecnologie che – nell’eterno duello tra spada e scudo – hanno lasciato indietro quest’ultimo. Sul piano difensivo, questi eventi non si devono però credere limitati al solo scenario ucraino.

Senza considerare la ragnatela di cavi subacquei per la trasmissione dati, a Napoli ha sede la flotta USA nel Mediterraneo e per bloccare Suez è stato sufficiente che una folata di vento mandasse una portacontainer a incagliarsi. I bersagli potenziali non mancano, né gli attori che potrebbero avere intenzione di colpirli, né le capacità di attacco in grado di cogliere impreparato un porto.

La guerra navale tra Stati è tornata a essere una realtà, in forme e con metodi che richiedono l’adeguamento necessario a contrastare le minacce portate alle flotte in zona operativa (un rischio che gli USA devono considerare nel Pacifico occidentale; la U.S. Navy è la più forte al mondo, ma l’ultima volta che ha combattuto davvero era il 1945) come alla sicurezza economica garantita dalle linee marittime di comunicazione.

Fonti

Ford, K. (2009) “Il giorno dei commando. La sfida impossibile”. RBA Italia/Osprey Publishing

Ford, K. (2009) “Preludio al D-Day. Disastro anfibio”. RBA Italia/Osprey Publishing

Ashdown, P. (2013) “L’operazione militare segreta che ha cambiato la storia”. Newton Compton Editori

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