Lo Stato islamico è entrato in possesso di armi chimiche. L'allarme è stato lanciato dal direttore del Dipartimento per la non proliferazione ed il controllo degli armamenti Mikhail Ulyanov del Ministero degli Esteri russo.
"Abbiamo già accertato dei casi di utilizzo di armi chimiche, la cui produzione richiede l'utilizzo di tecnologie piuttosto complesse, in Siria ed in Iraq. Nonostante ciò, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non ha finora condannato questi fatti prima di tutto a causa della posizione dei nostri partner occidentali".
“Il mandato congiunto delle Nazioni Unite e dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW) sullo studio dei casi sospetti delle armi chimiche in Siria potrebbe essere esteso per il territorio iracheno, ha detto. Non c'è stata alcuna decisione in tal senso, ma abbiamo già predisposto il progetto sul tavolo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite diverse settimane fa". Secondo Ulyanov il processo di smilitarizzazione chimica della Siria è quasi completato.
Il pericolo delle armi "micro-tattiche"
Nel 1986 il rapporto a cura dell’International Task Force on the Prevention of Terrorism paventava il rischio del “terrorismo nucleare” ed invocava maggiori controlli e sistemi di protezione opportuni per evitare la detonazione di un ordigno. Nel novembre del 2006, sappiamo che al-Qaeda era alla ricerca di armi nucleari che avrebbe fatto detonare nelle principali città del Regno Unito. Quello che più spaventano sono le testate micro-atomiche, armi tattiche con una potenza relativamente bassa, ma ideali per il terrorismo nucleare. L’incubo di un attacco terroristico nucleare è comunque diversificato perché la sostanza radioattiva potrebbe essere combinata con l’esplosivo ed ecco che allora si parla di bomba sporca. In questo caso è la detonazione che disperde il materiale radioattivo: parliamo di una bomba nettamente inferiore come potenza rispetto ed una esplosione nucleare, ma con una ricaduta degli agenti coinvolti che possono raggiungere anche i dodici chilometri di altezza. Se una bomba sporca dovesse esplodere in una capitale europea, per esempio, i danni sarebbero devastanti perché proprio la ricaduta del materiale (grazie anche ai venti) si estenderebbe oltre gli effetti dell'esplosione, soprattutto se si verificassero delle detonazioni superficiali ad alto rendimento.
Quello che più preoccupa le intelligence di tutto il pianeta, sono i siti nucleari sovietici, i centri di studio dei paesi in rivolta (come quei 40 kg di uranio trafugato dai depositi dell'università di Mosul la scorsa estate), gli agenti biologici prodotti nei laboratori di Saddam Hussein, le semplici ma letali scorie radiologiche per uso sanitario ed i rifiuti tossici. Una bomba sporca con poche libbre di uranio-235 sarebbe capace di far propagare un fall-out devastante, contaminando vaste aree di una metropoli.
Il problema di un possibile impiego di ordigni esplosivi improvvisati sporchi (IED) è reale, perché lo Stato islamico dispone di fondi e simpatizzanti. Così come reale potrebbe essere l’impiego di cellule infettate con malattie virali ad alta propagazione, un’evoluzione del kamikaze. Oggi, quindi, la minaccia è ben più stratificata di quanto si possa immaginare, ma ritornando al nucleare ci si chiede cosa potrebbe innescare un attacco dei terroristi. Non combattiamo con i bastoni perché sia la Nato che l’Urss si sarebbero cancellate a vicenda anche dopo aver subito un first strike. E quel precario assetto mondiale, dato proprio dal pattugliamento deterrente costante, resisterà fino a quando qualcuno non premerà quel bottone che porterebbe la guerra ad un altro livello, probabilmente l’ultimo. Ma sebbene devastante, la minaccia attuale più letale non è mica il nucleare, ma il “vicino di casa”. Non avendo un vero e proprio esercito per combattere in campo aperto, i terroristi mirano alla creazione di piccole unità non rintracciabili, cellule del tutto insospettabili che fanno del proprio anonimato l’arma migliore. L’addestramento standard di quanti si votano alla causa dei terroristi è il medesimo di sempre: kalashnikov, armi leggere, bombe, granate ed IED.
Ad oggi i “Lone Wolf” rappresentano le armi più pericolose del pianeta per la loro difficile individuazione e la capacità di colpire bersagli altamente sensibili o poco protetti, ma di enorme impatto emotivo. Per esempio, chiunque potrebbe costruire una “pressure cooker bomb”. Semplicemente una pentola a pressione riempita di esplosivo. E’ ritenuto l’IED più facile da realizzare perché, oltre all’esplosivo in se, può essere realizzato con materiali facilmente reperibili, alcuni dei quali disponibili in ogni casa. La detonazione può essere attivata da un semplice dispositivo elettronico come un orologio digitale, una sveglia o un telefono cellulare. La potenza dell’ordigno dipende dalla quantità di esplosivo che può essere riposto all’interno. La pentola a pressione, per la sua particolare forma e chiusura, appunto a pressione, contiene inizialmente l’espansione dell’energia, moltiplicandola esponenzialmente. Considerando, infine, l’incredibile possibilità di collocare all’interno qualsiasi oggetto domestico, come chiodi o bulloni, si capisce la capacità di frammentazione della pentola a pressione, potenzialmente letale alla brevissima distanza.
Anche il terrorista dell’ultima ora, leggendo Inspire (magazine di al-Qaeda) e seguendo passo passo le istruzioni nell’articolo "Make a Bomb in the Kitchen of Your Mom", pubblicato nell’estate del 2010, potrebbe fabbricare una bomba. L’articolo, a firma di “AQ Chef”, dovrebbe essere opera dei terroristi Anwar al-Awlaki, ingegnere statunitense e Samir Khan, editore della rivista. “La pentola a pressione è il metodo più efficace per fabbricare una semplice bomba. Riempitela con schegge e polvere da sparo. Poi create un detonatore con il filamento di una lampadina e un temporizzatore”.