Un predator USA si è schiantato questa notte nel sud della Turchia, dopo il decollo nei pressi della base aerea di Incirlik, vicino la città di Adana. L'MQ-1 Predator si è schiantato nel quartiere Dogankent, a 20 km dalla base. In una dichiarazione ufficiale del 39° Controller Squadron, si conferma il guasto meccanico che ha causato l’incidente. Non sono stati segnalati feriti.
Questo è il secondo Predator che l’Air Force perde nel 2016. Lo scorso otto gennaio un altro Predator si è schiantato in Iraq, durante una missione di combattimento. Anche in quel frangente dal Pentagono parlarono di “guasto meccanico” e non di fuoco nemico. Un altro MQ-1 si è schiantato nel distretto Kumlu, vicino al confine della Turchia con la Siria il 20 ottobre scorso. Che i droni soffrissero di problemi di affidabilità è ormai un dato di fatto. Nonostante ciò la loro capacità di sferrare attacchi aerei è ritenuta componente essenziale in ogni contesto operativo.
Nel 2014, Predator e Reaper hanno volato per 369.913 ore, sei volte quanto registrato nel 2006, secondo le statistiche ufficiali dell’Air Force. I problemi legati all’affidabilità comunque restano. Solo nell’anno appena concluso l’Air Force ha perso venti droni. E’ ritenuto l’annus horribilis dei sistemi a pilotaggio remoto. Dieci Reaper sono andati perduti a causa di un generatore elettrico difettoso. Nonostante si conosca il problema, il Pentagono non è ancora riuscito a risolvere l’inconveniente che provoca un black-out nel sistema principale dei “Mietitori”. Ovviamente parliamo dell’utilizzo dei droni in missioni non coperte da segreto militare. Gli stessi incidenti sono ben custoditi dal Pentagono, restio a diramare dati su una delle sue armi più utilizzate. L’Air Force utilizza la propria flotta di droni in operazioni anti-terrorismo in Iraq, Siria, Afghanistan, Somalia, Yemen, Libia, Mali e Camerun (solo per citare alcuni teatri). Entro i prossimi cinque anni l'Air Force diverrà la più grande forza da combattimento UAV (unmanned aerial vehicle) del pianeta. Il nuovo programma da tre miliardi di dollari (si attende l’approvazione del Congresso) è stato definito come essenziale per garantire la presenza degli Stati Uniti in tutti i teatri di crisi del globo presenti e futuri. Una forza, quella attuale, ritenuta sottodimensionata sia sotto il profilo degli UAV disponibili che dei piloti. E’ cambiato anche il modo in cui i droni sono utilizzati dagli USA. In Iraq come in Siria, volano in prevalenza UAV armati in profili di missione che richiedono piloti altamente specializzati alla stregua di quelli che volano sui caccia.
All’attuale flotta composta da 175 Reaper e 150 Predator, gli USA intendono aggiungere altri 75 “Mietitori”. Il programma prevede una nuova flotta divisa su ben 17 squadroni (rispetto agli attuali otto) e ulteriore personale, pari a 3500 unità in più, tra piloti ed operatori di sensori. Nel 2015, l’Air Force ha perso in incidenti autonomi anche dieci Predator. E’ il tasso di incidenti più alto dal 2011. Dati, lo ripetiamo, che non tengono conto delle operazioni sotto copertura. Ci sarebbero, infatti, altri cinque Predator precipitati in zone del pianeta dove, in teoria, non ci dovrebbe essere alcun rischieramento USA. L’unico abbattimento confermato dall’Air Force risale al 17 marzo scorso, quando un Predator venne abbattuto dalle difese aeree siriane nei pressi di Latakia. Nel dettaglio l’Air Force ha perso quattro droni nel Corno d'Africa, nei pressi di una base militare americana a Gibuti. Tre in Iraq e dieci tra il Kuwait, la Turchia, la Siria e la Libia. Almeno altri tre incidenti, sebbene confermati dall’Air Force, sono avvenuti in località segrete.
Anche la flotta dell’Esercito ha subito pesanti perdite. Nel 2015 l’US Army ha perso quattro Gray Eagle: tre in Afghanistan ed uno in Iraq. Massima segretezza, infine, per le operazioni della CIA che gestisce una propria flotta per operazioni segrete da località ignote. Nell’anno appena concluso, la CIA avrebbe perso almeno otto Reaper. In totale, la metà dei 269 Predator acquistati dall’Air Force sono andati perduti o gravemente danneggiate in incidenti. Proprio l’Aeronautica prevede di chiudere la linea Predator (in servizio ancora 140 droni della General Atomics) e sostituirla gradualmente con il Reaper. Quest’ultimo, però, continua ad evidenziare problemi di natura elettrica. Il problema principale sarebbe stato identificato nel generatore principale che alimenta il drone. Per ragioni che “rimangono poco chiare” tende a spegnersi. Le batterie d’emergenza assicurano un’ora di volo, motivo per cui ogni tipo di malfunzionamento, qualora si verificasse in pieno territorio nemico, potrebbe rivelarsi fatale. In quel caso non vi è altra soluzione se non fare schiantare il drone.
A differenza della maggior parte degli aerei, il Reaper non possiede un sistema di alimentazione di riserva. Definita una "svista nel design", il Pentagono ha ordinato che tutti i futuri Reaper siano dotati di un sistema elettrico di backup permanente. Il problema semmai è un altro: in servizio ci sono 175 Reaper senza tali dispositivo di supporto.
(Foto: web)