Non si è verificato alcun combattimento, ma gli F-22 Raptor inviati a massima velocità nei pressi della città di Hassakeh, in Siria, erano stati autorizzati ad abbattere qualsiasi minaccia a protezione dei Navy Seal impegnati sul terreno a sostegno dell’Unità di Protezione Popolare.
Il primo (ed ancora unico) caccia di quinta generazione operativo al mondo, è la migliore piattaforma aerea del pianeta. Washington schiera regolarmente i Raptor nelle aree più calde del pianeta, così come in Siria. Quello che è avvenuto giovedì e venerdì scorso, sarebbe potuto sfociare in uno scontro aereo dall’esito certo, ma dalle conseguenze diplomatiche ignote.
Un Su-24 siriano, giovedì scorso, si lancia in un raid sulla città di Hassakeh, nel nord della Siria. Gli obiettivi del cacciabombardiere siriano sono le postazioni delle forze curde. Il primo e probabilmente unico passaggio del Fencer, è udito anche dai Seal americani, presenti nella città a sostegno dell’YPG, poco distante dall’area colpita. Il Pentagono, che ha già comunicato l’intenzione di modificare le regole di ingaggio in Siria, invia due F-22 Raptor con l’ordine di abbattere qualsiasi minaccia per i Seal. I Raptor non incontreranno mai il Su-24 che abbandona l’area.
24 ore dopo, i siriani inviano due Su-24 nella stessa città. Questa volta, la Combat Air Patrol Raptor identifica la minaccia aerea che entra nel raggio dei loro missili. Gli ordini per gli F-22 sono chiari: abbattere la minaccia per i Seal. I piloti americani comunicano via radio ai Su-24, senza mai ottenere risposta, di abbandonare immediatamente l’area e di essere stati autorizzati ad abbatterli. I Fencer siriani di epoca sovietica, non avrebbero mai potuto sperare di uscire illesi da uno scontro con i Raptor. Decidono quindi di abbandonare l’area.
È il Pentagono a diramare i due scramble in Siria. “Si è concluso tutto senza incidenti, anche se questi attacchi contro le forze siriane-curde sono molto insoliti. Abbiamo nostri operatori sul terreno e li proteggeremo contro qualsiasi minaccia“.
Nelle ore successive i due scramble, sono emersi altri dettagli. Il Pentagono, nell’incidente di venerdì scorso, dichiara di aver rilevato la minaccia aerea, ma di ignorarne la pertinenza. Durante i primi minuti, spiegano dal Pentagono, credevamo fossero velivoli russi. Contattato tramite i canali attivati per la collaborazione aerea in Siria tra i due paesi, il Cremlino nega la presenza di propri vettori su Hassakeh, nella regione autonoma curda di Rojava. La replica di Washington è immediata: “pronti ad abbattere i Su-24, dite ai siriani di ritirare i propri caccia. Non ci saranno altri avvertimenti”.
Il Pentagono e il Ministero della Difesa russo hanno canali di comunicazione appositamente creati per evitare incidenti aerei, ma la richiesta avanzata da Washington per avvertire i siriani, dimostra quanto sia inefficiente il sistema in una guerra aerea complessa con molteplici attori nel conflitto.
Aggiungono dal Pentagono: “Abbiamo il diritto all’auto-difesa, le nostre Combat Air Patrol operative in Siria difenderanno gli alleati ed i nostri operatori sul terreno. Il regime siriano farebbe bene a non commettere azioni rischiose, adotteremo ogni azione necessaria per proteggere le forze della coalizione a terra”.
Nessun operatore dei reparti speciali statunitensi presente a Hassakeh è stato ferito dai bombardamenti di giovedì scorso.
Fonti di Difesa Online riportano che i siriani avevano avuto luce verde dai russi per le azioni contro i ribelli. Difficile quindi, al di là dei minacciosi comunicati stampa, immaginare che qualche pilota di Damasco si sarebbe potuto far male per fuoco "amico".
(foto: U.S. Air Force)