All’inizio le cose sembravano procedere secondo i piani: nel giro di pochi giorni le forze congiunte dello SNA e del WSLF occuparono le città di Kelafo e Kebre Dehar e circa il 60% dell’intero territorio dell’Ogaden reclamato.
Le forze etiopi non riuscirono assolutamente, almeno in questo primo frangente, ad arginare il dilagare delle forze somali. L’iniziale fattore sorpresa ed il supporto costante e deciso dell’aviazione militare impedì agli etiopi - unito all’impiego di unità corrazzate da parte delle SNA - di resistere, costringendoli così ad arretrare.
Le colonne somale nel frattempo si spingevano sempre più in profondità e puntavano al sud della regione, al bacino fluviale dello Uebi Shebeli, per conquistare la base aerea di Gode, nonché verso Harar e Dire Dawa che rappresentavano la porta di ingresso per Addis Abeba.
Se a terra le cose si erano messe molto male per gli etiopi, nel cielo le cose andavano decisamente meglio. Nei combattimenti aria-aria l’Aeronautica etiope dimostrò fin da subito il proprio valore abbattendo quattro MiG-21MF, il 16 luglio 1977, grazie anche a due F-5 pilotati da piloti mercenari israeliani.
Il 17 agosto 1977, elementi dello SNA raggiungevano la periferia di Dire Dawa che costituiva il capolinea della ferrovia del Mar Rosso, vitale per l’economia e la vita quotidiana dell’Etiopia.
La città non venne presa immediatamente dai somali in quanto una serie di errori tattici fecero si che i loro attacchi iniziali fossero respinti con gravi perdite in mezzi corrazzati. Lo stesso accadde per la conquista della città di Jijiga qualche giorno dopo.
Il 13 settembre 1977 le forze dello SNA, al secondo tentativo, con l’ausilio di mezzi corrazzati, riuscirono ad occupare Jijiga quando le forze dell’Esercito etiope si ammutinarono.
A quel punto le forze somali puntarono su Harar e la cinsero d’assedio con dentro la 3° Divisione dell’Esercito etiope.
La guerra aerea nel frattempo, però, andava sempre peggio per i somali: i duelli con gli F-5A vedevano questi ultimi sempre vincitori tanto da ridurre oramai significativamente gli organici disponibili del SAC, creando inevitabilmente un certo rallentamento nelle operazioni da parte somala.
L’URSS fino ad allora aveva cercato di mediare per raggiungere almeno un cessate il fuoco. Successivamente, però, decise di impegnarsi in prima persona nel conflitto inviando diversi consiglieri militari sul fronte dell’Ogaden a fianco delle truppe etiopi. I loro rapporti evidenziarono una cosa fondamentale: le difficoltà etiopi erano da ricercarsi in fattori di tipo umano più che tecnologici. Le truppe di Mengistu erano demoralizzate e assolutamente bisognose di unità affidabili ed addestrate. Mosca decise allora di creare un corpo di spedizione ad hoc formato prevalentemente da cubani equipaggiati dall’URSS. Piano al quale Castro dette il proprio assenso solo dopo un iniziale fase di indecisione e di dubbio.
(continua)
Leggi anche la prima parte: "le premesse storiche e politiche del conflitto"