United States Space Corps: come Star Wars ma (per ora...) solo al cinema

(di Paolo Palumbo)
10/11/17

L’America hollywoodiana ha sempre dato un contributo sostanzioso alle fantasie globali circa l’esistenza di “altri mondi” nello spazio. Le migliori serie di fantascienza, le sceneggiature più accattivanti, sono state prodotte da uomini come Steven Spielberg, George Lucas e Gene Roddenberry i quali hanno immaginato pianeti abitati da strani esseri pronti a invadere la terra con armi laser montate su navicelle che viaggiavano a velocita della luce. Il retaggio culturale dei tre registi poggia su una solida cultura della fantascienza che proprio negli Stati Uniti – nel 1938 – toccò un livello di eccellenza con la messa in onda radiofonica de La Guerra dei Mondi magistralmente raccontata da Orson Wells1. Guerra, galassie e spazi infiniti hanno da sempre popolato gli incubi dei Signori della Guerra di tutto il mondo, poiché l’ignoto non è controllabile con jet o carri armati; per questo motivo l’establishment militare ha programmato una serie di progetti – più o meno segreti – su come affrontare una minaccia proveniente dalla profondità del cielo.

Oltre ai vaneggiamenti suscitati da ipotetici extraterrestri si sono aggiunti quelli più concreti di una “corsa alla conquista dello spazio”, fatta di episodi reali: una competizione tra le superpotenze giocata su aspetti scientifici che spesso hanno coperto motivazioni meno pacifiche. Le ricerche militari in questo senso non hanno mai avuto troppa eco mediatica: in primo luogo la sperimentazione non da sempre risultati apprezzabili, secondariamente dopo il 9/11 le risorse del Ministero della Difesa americano sono state per buona parte dirottate verso obiettivi più tangibili. All’interno della U.S. Air Force però qualcuno non ha mai mollato la presa: è notizia di pochi giorni fa che a Washington D.C., il Congresso abbia respinto il progetto per la creazione di un fantomatico “Space Corps”. Il nuovo organismo – ipoteticamente distaccato come branca speciale dell’aviazione – sarebbe servito per elaborare una strategia di contrasto al crescente impegno russo e cinese nel campo della difesa spaziale. Mike Rogers, membro influente dello Strategic Forces Subcommittee ha motivato la sua idea con la necessità per la U.S. Air Force di mandare i suoi jet nello spazio per stare “un passo avanti” a quanto stanno già facendo russi e cinesi e prevenire un’eventuale aggressione.

A far sobbalzare le sedie dei congressisti è stato certamente il piano di spesa presentato tra le righe del National Defense Authorization Act (NDAA) per il 2018 che prevedeva un investimento iniziale di oltre 600 bilioni di dollari, una cifra davvero spropositata rispetto le contingenze attuali della Difesa. Forse le argomentazioni di Mike Rogers erano un po’ stonate e fin troppo allarmiste: “The Air Force will no longer be able to treat space as a third-order priority after fighter jets and bomber…This is just the first step. We will not allow the United States national security space enterprise to continue to drift to a space Pearl Harbor”. L’accostamento tra il 7 dicembre 1941 e un probabile attacco improvviso compiuto da astro caccia cinesi appare quanto mai audace, tuttavia non dobbiamo dimenticare che il controllo dello spazio è un fattore determinante anche per le odierne operazioni terrestri. “Our military now is completely dependent on space” – ha dichiarato Todd Harrison, direttore dello Aerospace Security Project del Center for Strategic and International Studies di Washington D.C. – “We can’t fight without fighting through space. When we put a bomb on a target somewhere in the world, did that bomb come from space? Not physically, but the bomb would not have gotten there without our space capabilities”2. Le affermazioni di Harrison sono ineccepibili poiché proprio la guerra al terrorismo internazionale ha sottolineato come una tecnologia avanzata sia indispensabile per il controllo capillare di aree difficilmente raggiungibili, se non con altissimi rischi per la vita dei soldati. È altrettanto vero però che l’utilizzo esasperato di strumenti sofisticati in molti casi abbia perso il confronto con sistemi ben più poveri e rudimentali.

Secondo il Pentagono, l’Aviazione militare è già di per sé un mostro burocratico che non necessita di un’ulteriore appesantimento procurato dalla creazione di uno “Space Corps” indipendente: “The Pentagon is complicated enough” – ha spiegato il Segretario dell’Air Force Heather Wilson – “This will make it more complex, add more boxes to the organization chart, and cost more money. If I had more money, I would put into lethality, not bureaucracy”3Non sono solo le scartoffie a spaventare lo Stato Maggiore dell’aviazione: la creazione di uno “Space Corps” rappresenterebbe, infatti, un passo in avanti per una struttura che – a detta di molti – appare ancora diretta seguendo una mentalità vecchio stile. Da questa paventata gerontocrazia deriva la necessità di decentrare gli addetti alle Space Wars dal resto del gruppo4.

La sfida tra i sostenitori delle guerre spaziali e il resto del Congresso è solo rimandata e non è assolutamente scontato che lo “Space Corps” rimanga solo un progetto fantascientifico tipo Starship Troopers. Sappiamo come gli americani siano particolarmente sensibili a questo genere di evoluzioni tecnologiche e quanto bramino essere davanti in ogni cosa, in particolar modo in tema di sicurezza.

  

1 Il romanzo The War of the Worlds è stato scritto dall’inglese Herbert George Wells e fu pubblicato a puntate a Londra nel 1897. Insieme a Verne è considerato il fondatore del genere “romanzo scientifico”.

2 Russell Berman, “Does the U.S. Military Need a Space Corps?”, in The Atlantic, August 8, 2017, URL: https://www.theatlantic.com/politics/archive/2017/08/military-space-corp...

3 Ibidem.

4 Oriana Pawlyk, “Old School Air Force Can’t Handle ‘Space Corps’ Challenge?”, in “Defence Tech”, October 9, 2017, URL: https://www.defensetech.org/2017/10/09/old-school-air-force-cant-handle-...

(foto: web)