15/06/2014 - Hamas è responsabile del rapimento dei tre adolescenti israeliani avvenuto giovedì scorso, ma le forze israeliane, questa notte, sono già passate all’azione con l’arresto di ottanta palestinesi durante la vastissima azione di ricerca e salvataggio che si sta svolgendo in Giudea e Samaria.
La conferma del coinvolgimento di Hamas è avvenuta questa mattina, con comunicato ufficiale dell’IDF. Hamas, però, non ha ancora rivendicato il rapimento. Secondo un sito web gestito da Hamas, sessanta degli arrestati sono membri del gruppo terroristico. Ci sarebbero anche personaggi di spicco, tra cui due ex ministri del governo e sette legislatori di Hamas.
Spicca il nome di Hassan Yousef, capo di Hamas in Cisgiordania. Proprio la Cisgiordania è stata militarizzata in pochissime ore. Droni ed elicotteri d’attacco Apache sono stati dispiegati per fornire ogni tipo di supporto nelle ricerche. Le forze di terra ammassate lungo i confini stanno assumendo una pericolosa capacità di invasione.
Ieri avevamo parlato di uno sforzo senza precedenti nella ricerca dei tre giovani, ma quello che sta avvenendo in queste ore è forse qualcosa di più.
Il nuovo governo palestinese, che controlla il 38 per cento della Cisgiordania, ha respinto le accuse, affermando che i ragazzi sono scomparsi in un territorio controllato dagli israeliani. I tre adolescenti, Eyal Yifrah di 19 anni ed i sedicenni Gilad Shaar e Naftali Frenkel, sono stati visti l'ultima volta giovedì sera, nel Gush Etzion, vicino a Betlemme, a nord di Hebron, prima di essere rapiti dai terroristi. Sono studenti di una scuola religiosa in un insediamento ebraico in Cisgiordania. E’ la prima volta che nella stessa azione vengono rapiti tre civili.
Quella in atto è la missione di ricerca e salvataggio (non in periodo di guerra) più imponente mai condotta da Israele.
La nostra missione primaria – ha aggiunto il portavoce dell'IDF il generale di brigata Moti Almoz – è quella di riportarli a casa il prima possibile. Tutte le forze armate di Israele sono in stato di allerta e pronte ad intervenire se la situazione, di per se già estremamente drammatica, dovesse precipitare. Uno scenario che in brevissimo tempo potrebbe trasformare il Medio Oriente in una polveriera.
L’esercito israeliano resta in allerta massima, con tutte le riserve delle forze armate messe in preavviso di richiamo. Israele, a differenza degli altri paesi nel mondo, è un paese costruito per combattere, pensato per sopravvivere ad un attacco ostile con forze preponderanti e ritenuto in grado di una capacità d’attacco aerea seconda soltanto a quella degli Stati Uniti. Il timore è che dietro a questo rapimento ad opera di Hamas (anche se non è stato ancora rivendicato) ci possa essere il coinvolgimento di qualche altro paese, motivo per cui non è ancora chiaro se siamo davanti ad episodio isolato o se invece questo è il primo tassello di un mosaico più ampio che mira ad innescare qualcosa o a destabilizzare la precaria situazione mediorientale.
I terroristi palestinesi non sono nuovi a questi rapimenti che utilizzano come merce di scambio per ottenere il rilascio dei prigionieri custoditi dentro le prigioni israeliane. Ogni scenario è stato comunque già ipotizzato.
Washington, intanto, predica cautela. La Casa Bianca ha dato massima disponibilità nella ricerca dei tre giovani. Proprio questa notte, il Segretario della Difesa Chuck Hagel ha ordinato alla portaerei USS George HW Bush di fare rotta verso il Mar Arabico del Nord nel Golfo Persico a seguito della crisi in Iraq. La Bush è scortata dall'incrociatore lanciamissili USS Philippine Sea, dal cacciatorpediniere lanciamissili USS Truxtun e da un sottomarino d’attacco a propulsione nucleare classe Los Angeles. Entro questa sera, la Bush inizierà la sua missione di proiezione nel Golfo. Ma quello che più preoccupa, al di là della tragedia del rapimento, è la risposta armata di Israele. La Casa Bianca starebbe frenando ogni tipo di rappresaglia ritenuta troppo ”pesante” e che potrebbe innescare un effetto domino sul precario assetto del Medio Oriente. Ma ogni ora che passa alimenta la rabbia dell’opinione pubblica israeliana che rivuole indietro i propri ragazzi.
Israele, storia moderna insegna, è un paese soggetto a continui attacchi ed “abituato” a subire perdite. E’ anche un paese che si è scrollato di dosso il ruolo di martire mondiale e che risponde colpo su colpo ad ogni attacco subito. Basti pensare che negli ultimi quattro giorni, in risposta agli attacchi subiti, Tel Aviv ha ordinato due attacchi aerei sulla Striscia di Gaza. In uno di questi è stato “terminato” con un missile intelligente, il terrorista Mahmed Awwar, 33 anni, in una struttura a nord della Striscia di Gaza. Era ritenuto responsabile dell’ultimo attacco missilistico contro la comunità meridionale di Israele avvenuto il 21 aprile scorso.
Cosa avverrà adesso?
La prassi è tristemente nota. Se la ricerca dovesse rivelarsi vana, tra qualche ora il rapimento sarà rivendicato in video, con i tre adolescenti messi in bella mostra davanti qualche telecamera ed utilizzati per propaganda.
Hamas (?) potrebbe chiedere il rilascio dei prigionieri palestinesi tenuti in Israele e questa sarebbe l’opzione migliore per entrambi le parti. Ma se i giovani, per qualsiasi causa, non dovessero ritornare vivi in terra natia, allora il mondo dovrà prepararsi alla “rabbia” di Israele. Nel pensare ad Israele, oggi, sarebbe opportuno dimenticare (non di certo dalla formazione scolastica) i cancelli di Auschwitz ed i treni carichi di ebrei.
Israele non è di certo un paese in grado di sostenere una guerra di logoramento, ma è sicuramente stato costruito per portarsi dietro il maggior numero di nemici prima di soccombere. E su tutte le testate nucleari di Israele sono già stati precaricati gli obiettivi in Siria ed in Iran.
Franco Iacch
(foto: IDF)