20/11/2014 - Da un lato l'Ucraina con lo spauracchio di scenario bellico moderno, ma convenzionale, dall'altro la Siria ed il suo contesto prettamente asimmetrico: entrambe rappresentano minacce molto reali per la sicurezza europea e per la NATO. Le due crisi internazionali del momento, preoccupano e non poco i governi.

La storia, come si sa, non è gentile con le nazioni che trascurano la propria difesa. Proprio la NATO fonda la sua autorità sulla presenza degli Stati Uniti.

Valutare la stessa Organizzazione senza il supporto americano, sarebbe impossibile perché, ad oggi, ci si chiede quale sia la reale capacità militare dei paesi membri.

In realtà, il contributo europeo nella NATO non è mai stato pensato come militare, bensì come un supporto logistico per la presenza in Europa degli Stati Uniti.

Analizzando poi la spesa militare, ci si rende conto di quanto l'Europa si sia ‘coccolata’ negli anni, lasciando la prima linea agli americani (ed in alcuni casi voltando loro le spalle).

I membri europei della NATO contano circa 230 milioni di persone in più rispetto agli Stati Uniti, con un prodotto interno lordo combinato che è leggermente superiore a quello americano. Eppure le nazioni europee spendono solo il 37 per cento degli Stati Uniti per la difesa: 270 miliardi di dollari contro 735.

Nel 1990, subito dopo la caduta del muro di Berlino, le nazioni europee spendevano circa il 60 per cento di quello che gli Stati Uniti investivano nella spesa militare: 186 miliardi dollari (Paesi NATO) contro i 306 miliardi di dollari (USA).

Lo scorso settembre, durante il summit della NATO che si è svolto in Galles, è emerso un dato comune alla maggior parte dei paesi membri dell’alleanza: il deterioramento delle forze armate e l'esigenza di ritornare ad investire nella spesa militare. Ogni paese membro della NATO avrebbe dovuto investire il 2 per cento del PIL per la difesa, un obiettivo che, al 2013, è stato raggiunto soltanto da quattro delle 28 nazioni europee alleate, anche se la Francia e Turchia sono vicine a raggiungere quell’obiettivo. Gli Stati Uniti investono in media il 4,4 per cento del proprio PIL. Le nazioni europee mediamente l’1,6 per cento.

Non migliora la situazione nei paesi non appartenenti alla NATO. Basti pensare che l'Austria, da quest'anno, ha tagliato il numero dei piloti da caccia, venduto parte dei propri carri armati e ridotto il personale militare con una spesa fissata allo 0,5 per cento del PIL. L'Austria, quindi, per garantire la propria sicurezza si affida alla vicinanza degli altri paesi.

E’ anche vero che la soglia del 2 per cento è chiaramente ipotetica. Ideale, per certi versi, ma solo in un paese con una forte economia.

Il problema è che Stati Uniti, Regno Unito e Francia hanno incoraggiato le nazioni europee a costruire forze orientate verso missioni di proiezione come in Afghanistan, con l'invio di truppe lontane dai confini nazionali. Convogliando i fondi in questa direzione, la spesa militare interna è diventata opzionale.

La Germania è forse il miglior esempio di quanto stia avvenendo. La nazione più popolosa d'Europa, con la sua forte economia, spende una miseria nella Difesa. Basti pensare che un recente studio interno ha concluso che “l'esercito tedesco è ipoteticamente pronto".

Neppure le forze armate del Regno Unito, navigano in buone acque anche se l'impegno del primo ministro, David Cameron, è quello di garantire maggior impegno di spesa del suo paese.

Franco Iacch

(foto: archivio DoD USA)