07/12/2014 - Il gruppo per la liberazione di Luke Somers e Pierre Korkie, era composto da circa tre dozzine di US Navy SEALs, appartenenti soprattutto al leggendario Team Six, e da un team medico.
Sono stati infiltrati nella zona operazioni da due velivoli Osprey, che li hanno sbarcati a circa 10 chilometri dal punto di contatto con le forze avversarie.
La formazione è stata individuata a circa 100 metri dal luogo di detenzione degli ostaggi, perdendo così il determinante elemento sorpresa. I rapitori hanno aperto il fuoco contro i commando statunitensi da postazioni che non sono state immediatamente identificate dagli incursori.
Lo scontro si è consumato in un lasso di tempo compreso dai cinque ai dieci minuti. È possibile supporre che i SEALs siano stati scoperti durante i 30 minuti che sono intercorsi dal loro sbarco sino all'approssimarsi al compound di detenzione.
Il team medico ha tentato di stabilizzare gli ostaggi prima di imbarcarli su un velivolo diretto verso una unità di superficie in attesa al largo dello Yemen. Uno di loro è deceduto ancor prima di raggiungere la nave, il secondo è morto in seguito.
Da informazioni ufficiali diffuse dal Pentagono, non vi erano forze yemenite in appoggio ai SEALs.
Il fallimento dell’azione non ha scalfito la notorietà del Team Six, in quanto non era possibile sbarcarli più vicino alla zona operazioni, perché l’intera missione sarebbe risultata a rischio.
Rimane però la non corretta pianificazione e la scarsa sorveglianza, benché a pattugliare l’area ci fossero anche droni e caccia.
Giovanni Caprara
(foto: archivio US DoD)