03/04/2015 - Tra le donne che si consacrano alla causa dell’Isis per assurgere al rango di “spose dei jihadisti”, ci sono quelle che piano piano stanno assumendo nuovi ruoli: dal combattimento alla logistica, dall’intelligence ai soccorsi sul campo.
L’ultima analisi effettuata dai militari della Coalizione nella lotta contro lo Stato islamico in Iraq e Siria, svela un retroscena drammatico, ma storicamente ciclico.
Il numero delle donne impegnate dall’Isis in battaglia è in aumento. Alcune di esse, addirittura, “comandano degli uomini”.
I radicali sunniti, gli stessi che impongono severe restrizioni (dal vestiario all’abbigliamento) in base ad una distorta visione della religione, riscoprono l’utilità delle donne. Non più come esclusivo oggetto sessuale e di scambio tra bestie ammantate di nero, ma con capacità ritenute alla stregua degli uomini.
Quel tradizionale quanto macabro ruolo della donna è stato messo in discussione dagli stessi terroristi che adesso ne fanno largo impiego. Perché le donne, hanno scoperto gli strateghi dell’Isis, hanno anche studiato e alcune di loro sono utili nei soccorsi sul campo. Altre ancora, invece, hanno compiuto studi specifici utilissimi nella logistica. Altre ancora, infine, sanno pure sparare.
Tra i primi a menzionare l’utilizzo massiccio delle donne jihadiste figurano i peshmerga kurdi iracheni che, almeno fino ad oggi, combattono contro lo Stato islamico.
Le guerrigliere sono state affrontate nei pressi della città di Sinjar, a nord dell’Iraq. La segnalazione trova conferma anche in altri rapporti militari come quello redatto da Pareen Sevgeen, comandante di una milizia femminile curda in Iraq, la Yja Star, conosciuta anche con il suo nome di battaglia Beritan, durante uno scontro a fuoco a nord di Sinjar.
Era una voce femminile quella che impartiva ordini agli uomini sul campo – ha riferito il comandante dell’unità che si batte anche per la parità dei diritti delle donne nella Regione – la trasmissione radio intercettata era riferita chiaramente ad un comandante.
Successive analisi, hanno identificato l’accento straniero della donna, probabilmente di origini indiane. Ma l’evoluzione del ruolo della donna nello Stato islamico è in continuo divenire e ne è un esempio la brigata “Al-Khansaa”, formata esclusivamente da jihadiste. Una sorta di polizia morale responsabile del rispetto della Shariah, con la capacità di infliggere pene alle donne che hanno violato la moralità islamica.
Dell’esistenza della brigata si è venuti a conoscenza da un manifesto, affisso in una località a nord dell’Iraq. Nel manifesto si legge: “se il nemico sta attaccando il tuo paese e gli uomini non sono sufficienti a proteggerlo, gli imam vi concedono il permesso per combattere gli infedeli”.
Secondo il Centro Internazionale per lo Studio della radicalizzazione e la violenza politica, sarebbero almeno 20000 gli stranieri giunti in Siria ed Iraq votati alla causa dell’Isis. 4000 sono cittadini occidentali. 550 sono donne.
Oltre che nella storia occidentale, anche nel mondo islamico sono numerosi i precedenti delle donne in battaglia. Basti pensare al massacro del teatro Dubrovka di Mosca, nell’ottobre del 2002, quando quaranta terroristi (uomini e donne), uccisero 170 persone. I terroristi facevano parte di un movimento separatista islamico militante in Cecenia.
Franco Iacch