10/06/2015 - Quale è la forza dello Stato islamico, ad un anno esatto dalla conquista di Mosul, la seconda città più grande dell’Iraq? Impressionante. I raid aerei condotti dagli Stati Uniti non hanno minimamente smussato le capacità o le ambizioni dell’Isis.
Secondo il Pentagono, la campagna aerea alleata ha consentito l’eliminazione di circa diecimila fondamentalisti e, sempre secondo gli Stati Uniti, l’Isis controllerebbe il 25% in meno del territorio in Iraq da quando, dieci mesi fa, iniziarono i raid a guida USA. Ma, come spesso accade per tali analisi, questi numeri sono impossibili da verificare in maniera indipendente e suggeriscono che, nella migliore delle ipotesi, lo Stato islamico è un'organizzazione molto più grande ed organizzata di quella immaginata dai funzionari americani.
Le promesse fatte lo scorso anno (“le truppe irachene riprenderanno Mosul”), sembrano ormai poco realistiche. Lo stesso presidente Barack Obama ha riconosciuto che i recenti sviluppi in Iraq e Siria dell'Isis, impongono un cambiamento nella strategia fino ad oggi adottata. Parlando al termine della conferenza del G-7 in Germania, Obama ha detto di aver chiesto al Pentagono un nuovo approccio per accelerare gli sforzi degli Stati Uniti per addestrare ed equipaggiare le forze irachene.
Non abbiamo ancora una strategia completa – ha detto Obama - perché richiede un impegno sostanziale degli iracheni (quindi, parrebbe, un atteggiamento diverso da quello avuto fino ad oggi).
Analizziamo cosa è oggi lo Stato islamico. Il numero di persone che vivono sotto il dominio dello Stato islamico è cresciuto da quando è iniziata la campagna aerea alleata. Praticamente tutta la popolazione della provincia a maggioranza sunnita di Anbar, in Iraq, è sotto il controllo dell'Isis. Bisogna poi aggiungere Ramadi, capoluogo di provincia, una città di quasi 900.000 persone.
Non migliora la situazione in Siria. La città di Palmira, una famosa meta turistica, è sotto il controllo dello Stato islamico dallo scorso maggio così come la maggior parte della provincia di Deir el Zour, importante zona di produzione di petrolio. Nonostante i continui raid aerei, l'area nei pressi di Kobane, conosciuta come Ayn al Arab, è ritenuta sotto controllo a prevalenza Isis. Il califfato ha poi lanciato offensive (sia militari che ideologiche) nella provincia Hasaka, in Siria e sono attive cellule a Damasco così come ad Aleppo.
L'Isis dopo oltre un anno di assedio, non avrebbe più il controllo dell'impianto petrolifero iracheno di Baiji, ma questo è fuori uso anche per gli alleati.
L'Isis ha poi sviluppato una capacità logistica unica in Iraq e che le truppe regolari possono soltanto immaginare. Acqua e munizioni raggiungono la prima linea in qualsiasi scontro contro le truppe regolari. I terroristi continuano poi a catturare armi e veicoli che riutilizzano in nuove offensive.
L'Isis ha dimostrato di essere un sistema in evoluzione e riconfigurabile, con capacità asimmmetriche contestualizzate. L'ultimo episodio nella battaglia di Ramadi, quanto trenta veicoli corazzati e carichi di esplosivo C4, furono utilizzati per devastare le barriere poste a protezione delle strutture di comando. Questi ordigni esplosivi improvvisati, soprannominati “l'arma da martirio definitiva”, sono ormai il terrore delle milizie irachene che alla loro vista fuggono senza mai affrontarli.
Il Pentagono, per cercare di riequilibrare le forze e contrastare gli attentati suicidi, ha iniziato a distribuire duemila razzi anticarro in Iraq (ci si chiede quanti di questi giungeranno davvero in prima linea).
In Libia poi, dove la lotta tra i due governi rivali ha lasciato il paese nel caos, combattenti vicini allo Stato islamico controllano Sirte, la città natale del defunto leader libico Muammar Gheddafi.
Dal Pakistan, l'Isis si è guadagnata la fedeltà da una mezza dozzina di piccole fazioni, anche se queste ultime hanno mantenuto un profilo basso, subendo alcune battute d'arresto notevoli.
In Arabia Saudita, lo Stato islamico ha rivendicato i recenti attentati suicidi in due moschee musulmane sciite. Attentati avvenuti dopo le rivendicazioni del leader dello Stato islamico, Abu Bakr al Baghdadi, che ha dichiarato illegittimi gli attuali governanti della penisola arabica
L'Isis, poi, ha mostrato una capacità interattiva unica nel suo genere. Nonostante gli sforzi compiuti per oscurare l'organizzazione, il gruppo mantiene un'incredibile presenza sui social media e continua a fare proseliti (il fallito attentato contro la convention a Garland, in Texas, è stato portato da uomini raggiunti dallo Stato islamico sui social. Nonostante l'attentato sia fallito, la radio ufficiale dell'Isis che trasmette in Iraq e Siria ha lodato il loro sacrificio, chiamandoli 'Fratelli del Califfato').
Un recente rapporto delle Nazioni Unite ha confermato che il numero di combattenti stranieri che si consacreano alla causa dell'Isis è aumentato del 71 per cento dall'acquisizione di Mosul, praticamente un anno fa. La forza multirazziale creata giunge da più di 100 paesi. Secondo il rapporto, i nuovi fondamentalisti provengono principalmente da Francia, Russia, Marocco e Tunisia. Quello che emerge è che la componente social rafforza le relazioni tra i terroristi stranieri, una situazione che potrebbe gettare le basi per future reti transnazionali tra combattenti veterani.
E' anche vero che ci sono stati dei successi nel contrastare lo Stato islamico. Le truppe governative irachene, lo scorso aprile, hanno riconquistato la città di Tikrit, nel centro dell'Iraq, dopo feroci scontri ed una estenuante campagna di bombardamenti aerei.
Il governo regionale Curdo dell'Iraq ha poi fermato la spinta dello Stato islamico nelle aree vicine alla capitale Irbil, lo scorso agosto.
Lo scorso ottobre, le forze governative irachene hanno ripreso la città di Jurf al Sakr, a sud ovest di Baghdad, eliminando la minaccia di tagliare Baghdad dalle zone a prevalenza sciita del sud dell'Iraq.
Stati Uniti ed alleati della NATO, infine, hanno versato miliardi di dollari in equipaggiamenti militari e addestramento in Iraq, tra cui 3.000 consiglieri militari americani.
L'Iran ha inviato un numero imprecisato di specialisti militari, alcuni dei quali regolarmente impegnati in scontri a fuoco contro lo Stato islamico. Ma i progressi della campagna tardano a mostrarsi.
L'esercito degli Stati Uniti afferma che la coalizione ha distrutto più di 6.200 obiettivi dello Stato islamico, tra postazioni di combattimento, unità tattiche, veicoli di tutti i tipi ed infrastrutture petrolifere utilizzate per il finanziamento del gruppo. Numeri che, però, non possono essere confermati, così come la stima, quel 25% in meno, del territorio perso dall'Isis dall'inizio della campagna aerea. In realtà, così come emerge da una mappa pubblicata dal Comando Centrale degli Stati Uniti, le forze curde - un mix di iracheni, peshmerga curdi, siriani e connessi con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, PKK - hanno stabilizzato la prima linea in tutta la regione autonoma curda in Iraq. Ma non è plausibile con un tratto di penna su una cartina, affermare che anche le vaste regioni desertiche dell'Iraq sono state liberate, considerando le zone che ricadono nella provincia di al Anbar, dove lo Stato islamico domina.
Nelle zone limitrofe di Baghdad, gli Stati Uniti sostengono di aver respinto lo Stato Islamico oltre le vaste aree della provincia di Diyala. Sarebbe corretto affermare, però, che la provincia di Diyala, composta da numerosi villaggi sunniti e sciiti, non è mai stata sotto il controllo dello Stato islamico. Anche alcune vittorie del governo iracheno si sono rivelate delle sconfitte, come la conquista della raffineria di Baiji, avvenuta dopo mesi di aspri conflitti. L'impianto, che produce il 40 per cento dell'intero petrolio iracheno, è stato riconquistato, ma è praticamente distrutto con l'intera linea di estrazione offline a tempo indeterminato.
In Siria, le forze curde del nord, con l'aiuto degli attacchi aerei americani, hanno sventato il tentativo dello Stato Islamico di catturare Kobanê, ampliando il loro punto d'appoggio fino alla città di Qamishli. Ma lo Stato Islamico ha consolidato il controllo della maggior parte dei principali incroci intorno la città di Deir el Zour, che collega la provincia irachena di Anbar e la capitale dello Stato islamico a nord della Siria.
Franco Iacch
(foto: US DoD)