20/06/2015 - Nello sterminato inventario dei Six, una delle armi più apprezzate è senza dubbio la pistola mitragliatrice MP7, utilizzata anche dalla Delta Force, ma numerosi operatori del Team 6 portano con sé anche il Tomahawk (un’ascia da battaglia dei nativi americani).
Alcune di queste asce sarebbero state realizzate da Daniel Winkler, un armaiolo (ma sarebbe meglio definirlo artista) del North Carolina che ha anche forgiato le lame per il film "L'ultimo dei Mohicani". I membri del Team 6, utilizzerebbero Tomahawk personalizzati con l’effige dei nativi americani incisi sulla lama.
Winkler ha ovviamente negato il suo “rapporto di lavoro” con i SEAL, affermando che i suoi Tomahawk sono acquistati soltanto dai collezionisti privati. Ma è praticamente certo che i ‘Six’ vanno in battaglia anche con le asce.
Dom Raso, ex operatore del Team 6, ha confermato l’utilizzo dei Tomahawk per "scardinare piccole serrature e nel “corpo a corpo mortale”. Qualunque strumento necessario per proteggere te stesso ed i tuoi fratelli – ha aggiunto Raso - lama o pistola, poco importa se ci riporta sani e salvi a casa.
Da sommozzatori durante la seconda guerra mondiale, nel corso degli anni i Navy SEAL si sono evoluti in uno dei corpi più letali del pianeta.
Il Team Six, contrariamente a quanto si possa pensare, è relativamente recente. E’ stato creato nel 1980, dopo il fallimento dell’operazione Eagle Claw, il maldestro intervento americano, avvenuto il 24 aprile di quello stesso anno, organizzato per salvare i 53 ostaggi tenuti prigionieri nell’ambasciata di Teheran.
Quel fallimento ebbe due conseguenze. La prima (e la più drammatica) fu la sorte degli ostaggi americani, liberati soltanto 444 giorni dopo. La seconda fu la creazione della Delta Force e del SEAL Team Six.
La Marina Militare degli Stati Uniti chiese al comandante Richard Marcinko (foto a dx), una leggenda dei SEAL, veterano del Vietnam con all’attivo una Stella d’Argento, una Legione al Merito, quattro Stelle di Bronzo, due Navy Commendation ed una Vietnamese Cross of Gallantry, di costituire un’unità che potesse rispondere rapidamente alle crisi terroristiche globali e che vincesse contro qualsiasi nemico contemporaneo e futuro.
La scelta del nome non fu casuale, ma un tentativo, in piena guerra fredda, di depistare i russi. Il corpo dei SEAL, negli anni ’80, era formato soltanto da due squadre. Marcinko, sperando che gli analisti russi sovrastimassero la dimensione della forza SEAL, scelse di chiamare il nuovo team con il numero 6. Era nato il SEAL Team Six, probabilmente l’unità più letale e segreta al mondo e che, ancora oggi, ufficialmente non esiste.
L’unità compie le missioni più pericolose, quelle considerate troppo rischiose per le truppe convenzionali. Inizialmente, il Team 6 era strutturato in due gruppi d’assalto: Blu e Oro. I Blu ben presto si guadagnarono il soprannome di "Bad Boys in Blue", a causa dei numerosi arresti per rissa, guida in stato di ebrezza ed incidenti in sport estremi.
Anni dopo, William H. McRaven (un’altra leggenda dei Seal), divenuto capo del Comando Operazioni Speciali, lavorò duramente per contrastare quella cultura dell’incoscienza, ereditata (forse sarebbe meglio dire inculcata) da Marcinko.
Celebre l’episodio di Ryan Zinke, ex ufficiale della squadra 6 e ora membro del Congresso repubblicano del Montana. Dopo una missione di addestramento della squadra a bordo di una nave da crociera in vista di un potenziale intervento per liberare ostaggi, poco prima dell’inizio delle Olimpiadi del 1992, a Barcellona, Zinke accompagnò un ammiraglio in ispezione.
L’alto ufficiale – racconta Zinke – iniziò ad ispezionare il battello ed entrando nella sala principale, rimase scioccato alla vista di quegli uomini con i capelli lunghi, pieni di tatuaggi, con la barba incolta ed orecchini. Chi sono i Six, chiese l’ammiraglio?
Li ha davanti! - rispose Zinke.
Anni dopo, la Marina mise in atto alcune procedura comportamentali per limitare la “spacconeria” dei migliori soldati al mondo.
Sono sempre fuori di testa – dice Zinke – ma non è più come prima, anche se sono considerate delle superstar, non dimentichiamo che sono uomini che rischiano la vita ogni giorno e nessuno ne saprà mai nulla. Ecco perché un SEAL o un Delta può permettersi di non seguire il protocollo classico della truppa: nessun ufficiale di qualsiasi altro ramo dell’esercito si permetterebbe di richiamarlo.
Anche l’arruolamento è diverso. I membri della Delta Force, per esempio, spesso iniziano come fanteria regolare. Poi diventano Ranger dell'Esercito e successivamente entrano nelle Forze Speciali. Infine tentano di entrare nella Delta. Per il SEAL Team 6 la procedura è ben diversa. Dopo diversi anni passati nelle squadre SEAL regolari, un operatore può tentare per il Team 6. Tutti vogliono entrare nell’élite dell’élite, ma la metà di coloro che riusciranno ad essere ammessi al corso, abbandoneranno.
Ogni SEAL (ed è bene ricordarlo) è un Hunter Killer e rappresenta il meglio del meglio, ma il Team 6 ‘persegue i più elevati obiettivi di valore e si assume il compito di liberare gli ostaggi in territorio nemico’.
Cosa fanno i Six, per esempio? Cacciano i terroristi che tentano di acquistare testate nucleari, ma ogni loro missione è coperta da segreto militare.
Nonostante tutti gli operatori siano tenuti al silenzio per la vita, in molti, dopo il raid contro Bin Laden, si sono abbandonati ad esternazioni e rivelazioni, suscitando sdegno nella confraternita SEAL.
La Marina ha sospeso 11 operatori per la divulgazione delle tattiche classificate del Team 6 utilizzate poi in alcuni film e per un videogioco "Medal of Honor: Warfighter".
Franco Iacch
Clicca qui per leggere la prima parte: “Solo i malvagi devono temerci, per loro siamo la morte”
(foto: US Army / web / US DoD)