26/02/2014 - Diecimila immigrati salvati, circa 3300 militari della Marina Militare impegnati con 21 unità della stessa Marina che si alternano di tanto in tanto per il pattugliamento dello stretto di Sicilia. Ad oggi sul mediterraneo il pattugliamento è affidato a nave San Giusto, nave Espero, nave Aliseo, nave Libra e Vega per un totale di 840 marinai impegnati in area tra uomini e donne.
Sono questi i numero della operazione Mare Nostrum che nasce il 18 ottobre 2013 al fine di fronteggiare lo stato di emergenza umanitaria nello Stretto di Sicilia dovuto all’eccezionale afflusso di migranti.
Noi abbiamo avuto il privilegio di salire a bordo di nave San Giusto, che ha assunto il comando della flotta, e stare a bordo per dodici giorni dove abbiamo constato di persona come lavorano i militari italiani nel pattugliamento delle acque del mediterraneo. Militari molto cordiali, ognuno di loro con storie diverse da raccontare.
A bordo di nave San Giusto, al comando delle operazioni, c’è l’ammiraglio Rando. Ci ha raccontato che “l’operazione è stata avviata il 18 ottobre 2013 in seguito alle due tragedie in mare del 3 e del 10 ottobre a Lampedusa. In realtà l’attività della Marina Militare nello stretto di Sicilia finalizzata al controllo dei flussi migratori era già in atto da parecchi anni. Quindi l’operazione Mare Nostrum è sì un’operazione nuova ma non rappresenta una novità assoluta per la Marina.
Mare Nostrum ha una duplice funzione: è un’operazione militare a carattere umanitario ma possiede anche una funzione di deterrenza e di contrasto al traffico illegale dei trafficanti di migranti. Quindi se dobbiamo parlare del bilancio dell’operazione dobbiamo parlare sia degli interventi di salvataggio in mare – sottolinea l’ammiraglio Rando - ovvero di parecchie migliaia di migranti. Con il concorso di altre organizzazioni come la Guardia Costiera abbiamo tratto in salvo diecimila persone, di questi oltre 8100 sono stati portati in salvo con le navi del dispositivo Mare Nostrum.
Parallelamente a questa primaria e doverosa operazione di soccorso in mare c’è stata un’azione di contrasto ai trafficanti: la Marina Militare in funzione di polizia marittima è riuscita a catturare ben due navi madre, navi che venivano impiegate dai trafficanti per abbandonare in mezzo al mare, su barconi fatiscenti, parecchie centinaia di migranti. I loro equipaggi sono stati arrestati. Sono inoltre stati individuati anche alcuni scafisti nelle imbarcazioni che sono state soccorse per un totale di 40 personaggi che, attualmente, sono sottoposte all’autorità giudiziaria. Questa operazione di deterrenza è stata efficace ma per la portata del fenomeno in atto, le dimensioni e la spinta verso il continente europeo, è chiaro che la Marina fa solo la sua parte del compito. Il compito della gestione della immigrazione è molto più complesso.
A Mare Nostrum ha partecipato un totale di 21 navi.
Sono le navi a rappresentare il nerbo della Marina: le fregate della classe Maestrale, i pattugliatori e le corvette del comando Comforpat di Augusta, più il San Giusto che attualmente è la nave sede di comando e il San Marco che ha terminato qualche giorno fa l’operazione. Queste navi chiaramente ruotano perché l’operazione dura da quattro mesi. Gli equipaggi di queste unità contano attualmente circa 840 militari. Considerando la rotazione avranno preso parte all’operazione oltre 3000 militari: buona parte della forza operativa della Marina. Noi non sappiamo quando la missione finirà, non è una decisione che ci compete, è una decisione del governo e quindi noi continueremo ad operare finché ci verrà chiesto di farlo.
Lo scenario è chiaro, noi facciamo la nostra parte ma la soluzione del problema dell’immigrazione illegale ovviamente non possiamo essere noi. Noi contribuiamo - continua l'ammiraglio - ad aumentare la sicurezza e salvare migliaia di vite. E’ certo che, delle diecimila persone che abbiamo assistito, parecchie centinaia sarebbero morte sicuramente: li abbiamo trovati su barconi che stavano affondando, in condizioni estreme.
Il problema del traffico illegale dei migranti è un problema che ha bisogno di una regia a livello internazionale e il problema dell’immigrazione e della sicurezza dei migranti non si risolve esclusivamente con la Marina Militare, necessità di uno sforzo congiunto con l’Unione Europea, a livello Onu.
Bisogna impedire che queste persone vengano messe in mare in condizioni rischiosissime per la loro vita. I trafficanti, una volta intascati i soldi del biglietto per la traversata poi non si interessano della sorte di queste persone. Noi lo facciamo perché ci stanno a cuore”.
Dal canto suo il comandante della nave, il capitano di vascello Mario Mattesi, ha aggiunto: “Essere qui significa l’onore del comando di un'unità navale con un equipaggio rodato e pronto ad assolvere la missione. Possibilità connesse alla capacità di comando e controllo ed ai sistemi che permettono di gestire le navi che fanno parte del dispositivo.
Abbiamo a bordo una notevole quantità di risorse idonee all'attività, come le attuali nove imbarcazioni, tra cui gommoni a chiglia rigida, i Gis, aeromobili con capacità di scoperta a medio-lungo raggio e non ultimo e non meno importante uno staff congiunto messo in opera grazie anche all’assistenza della fondazione Rava per fronteggiare qualsiasi tipo di emergenza sanitaria. La sez.elicotteri permette di estendere il raggio di scoperta dell’unità navale, di poter localizzare per tempo, prima che sia troppo tardi, imbarcazioni in difficoltà per evitare il peggio. Poi ovviamente rappresenta il braccio lungo, lo strumento di deterrenza, contro l'obiettivo secondario di questa missione”.
Salvatore Pappalardo
(foto dell'autore)