17/03/2014 - La componente blindo-corazzate dello strumento militare nazionale, dal lontano ottobre del 1989, ha avviato un percorso di alterne fortune, connesso alla migliore o peggiore congiuntura economica del momento in un susseguirsi di entusiasmo e smobilitazione.
Tale sinusoide discende dal fatto che concezione, sviluppo ed impiego dello strumento pesante, inteso come combinazione di componente umana e meccanica, integrate in procedure e tattiche di impiego hanno avuto la sventura di doversi continuamente confrontare con esigenze di mercato, politiche industriali e risvolti mediatici.
Il carro armato del terzo millennio, secondo una vulgata sempre più diffusa, per sopravvivere dovrà essere economicamente e socialmente sostenibile o non potrà essere, quanto alla misura di tale sostenibilità verrà valutata in termini di costi di produzione, misurazione degli effetti sull’ambiente circostante, efficacia bellica e basso impatto sulla popolazione civile coinvolta nelle azioni militari.
Probabilmente fu più facile per Guderian sintetizzare in una dottrina di impiego efficace ed efficientista le prestazioni e le capacità dei carri L - M - P nel periodo tra le due guerre mondiali ponendo le basi per quella che poi sarà la definizione del concetto di "carro principale da battaglia".
Andando oltre le boutade e volendo entrare nel merito della presente analisi si può partire dall’assunto per il quale le unità blindo - corazzate sono ancora oggi in condizione di fornire un supporto efficace alle operazioni militari terrestri contribuendo in maniera significativa al raggiungimento del successo.
Una storia fatta di evoluzione e adattamento
Al fine di chiarire quanto finora esposto è opportuno un breve excursus storico volto ad esemplificare come, la componente pesante delle forze militari terrestri, sia stata concepita, nel tempo, quale risorsa e sintesi di tecnologia ed efficacia, purtroppo spesso limitata dal contraltare della scarsità di risorse e dai notevoli oneri in termini di mantenimento e sostegno logistico diretto e indiretto.
Durante la fase finale del primo conflitto mondiale, il comando supremo italiano, sulla scorta delle esperienze inglesi e francesi occorse nelle campagne del fronte occidentale, ritenne fosse opportuno sperimentare i carri Shnider ed F17 Renault nel complesso scenario carsico.
Caporetto prima e la vittoria poi sospesero temporaneamente l’evoluzione in termini di acquisizione e dottrina, tuttavia i risultati ottenuti in fase sperimentale vennero reputati più che buoni, anche se accompagnati da quello che nel futuro sarà il consueto contraltare, di cui si è già parzialmente trattato, connesso con la questione dei costi e della sostenibilità.
Fu proprio il maggiore d’artiglieria conte Alfredo Bennicelli, inviato del comando supremo in Francia, nonché mentore circa l’acquisizione dei mezzi e della dottrina corazzata francese il primo ad evidenziare nella propria relazione la criticità connessa ai costi di tale tecnologia.
A guerra finita tuttavia, il buon andamento delle prove pratiche svolte sul Carso fece sì che sperimentazione ed acquisizione avessero la meglio sulle ritrosie connesse agli oneri da sostenere, pertanto vennero fondati i reparti corazzati e le conseguenti dottrine di impiego.
Queste nuove unità seppero adattarsi egregiamente agli scenari di riferimento dei decenni successivi quali la campagna d’Africa orientale, di Spagna ed il secondo conflitto mondiale, in un susseguirsi di esperienze ed evoluzione connesse con le lezioni apprese dalla condotta bellica.
Nei contesti bellici si registrò la crescita dello strumento pesante in termini dottrinali e di impiego, a ciò si aggiunsero adeguamenti tecnici e procedurali per i quali le unità corazzate, prima della grande battaglia di El Alamein videro un significativo cambiamento in termini di impiego da semplice elemento di rottura e supporto alla manovra a vera e propria unità di manovra.
Sebbene la sconfitta bellica abbia per certi aspetti frenato i processi di cambiamento e miglioramento in ambito nazionale, ciò non avvenne per altri Stati che ebbero modo di continuare a vivere l’efficacia dei cingoli nelle condotta delle operazioni.
Corea e Vietnam, le guerre arabo - israeliane e la rincorsa tecnologica e dottrinale tra le due potenze continentali di USA e URSS, furono per tutta la seconda metà del novecento un ambiente estremamente fertile per lo sviluppo di nuove soluzioni tecnico - tattiche ed apprendimento in materia; quanto all’Italia, si inserì in modo dottrinalmente e tecnicamente aderente ai dettami dell’Alleanza Atlantica, a cui aveva aderito fin dal 1949, secondo un modello di sviluppo standardizzato ed integrato.
La linea di demarcazione tra il passato eroico ed il pragmatismo tecnico del presente, nell’ottica di una rivitalizzazione in senso dinamico e non più di mero confronto in termini di peso specifico della componente blindo - corazzata, ci fu con il verificarsi della prima crisi del golfo nel 1990.
Il primo grande scontro bellico convenzionale dopo la seconda guerra mondiale mostrò come l’esercito americano attraverso una componente corazzata, efficiente e ben impiegata sia stato in condizione di imprimere all’avversario perdite nell’ordine del 70% delle unità obiettivo, ciò non fu ovviamente frutto della casualità o di un confronto impari, ma della capacità di impiegare in maniera attagliata la componente corazzata allo scenario di riferimento sfruttando integralmente ed efficacemente le caratteristiche della formula tattica.
A conclusione di tale breve analisi resta evidente che negli anni gli elementi cardine della componente corazzata siano stati la grande adattabilità ai vari scenari, la loro oggettiva evoluzione nel tempo ed un notevole onere in termini di acquisizione del mezzo, addestramento del personale e mantenimento della componente.
I quattro pilastri concettuali
Le numerose operazioni di CRO (Crisis Response Operations) sviluppatesi a seguito del superamento della guerra fredda e ristrutturatesi in termini di impiego e livello della conflittualità, dopo l’11 settembre del 2001, hanno portato un gran numero di esperti a ritenere che minacce asimmetriche ed ibride possano far ritenere superata la componente corazzata quale elemento risolutore o anche solo di supporto, dotato di una qualche efficacia.
Non avere nessuna forza contrapposta in maniera simmetrica oppure al di la di una cortina è stato un segnale forte al quale si è data una risposta altrettanto decisa anche in termini simbolici procedendo a smantellare o ridurre drasticamente alcuni assetti reputati non più necessari all’esigenza contingente ed anche in parte alle prospettiva future.
In risposta a tali scelte è intervenuto, ancora una volta implacabilmente il terreno, con il quale ogni soldato è costretto a fare i conti.
Nello specifico l’esperienza ha mostrato, qualora ve ne fosse stato ancora bisogno, una estrema adattabilità degli assetti pesanti e delle unità ad essi connesse, tanto che, seppure sia anacronistico pensare all’impiego di un complesso minore corazzato omogeneo, resta validissimo l’impiego di unità miste con configurazioni più snella, ma in termini di protezione e mobilità nettamente più pronta ed efficace di quanto esprimibili da componenti leggere, soprattutto se teniamo conto della necessità di operare in aree scarsamente abitate e distanti da basi operative.
Unità dotate di cingoli con una protezione adeguata per l’equipaggio e per l’intero dispositivo ed una potenza di fuoco in grado di eliminare la minaccia rapidamente ed efficacemente fanno sì che il sistema blindo - corazzato possa essere con gli opportuni adattamenti ancora una volta protagonista.
In questa breve analisi si è usato il termine sistema poiché la componente pesante per sua stessa natura esiste in quanto sintesi di uomo - dottrina - addestramento e mezzo.
Proprio il sistema di cui si è appena enunciato consente a tale componente delle forze terrestri di adattarsi ed evolversi continuamente in modo efficace talvolta riscoprendo alcune capacità e in taluni casi creandone di nuove, si pensi solo al fatto che nella seconda crisi del golfo 2001, gli americani, che in un primo tempo ritennero lo strumento corazzato inadeguato, al fine di affrontare gli scontri asimmetrici tipici del post- conflict e successivamente dovettero ricredersi valorizzando e sfruttando le capacità di protezione, deterrenza e concorso all’attività di sicurezza dei dispositivi, intrinseche dello strumento blindo - corazzato.
L’intero ragionamento fino ad ora esposto non ha tenuto conto degli aspetti finanziari e sociali, valutati in termini di impatto sull’opinione pubblica, con i quali una componente così specifica deve necessariamente confrontarsi, è certo che sostenere un sistema complesso come quello composto da uomo - dottrina - addestramento e mezzo sia oneroso poiché necessita di gestire ben quattro componenti, ma tale onere trova ampia giustificazione nell’efficacia dello strumento, infatti una analisi dei costi non può dirsi efficace se questi non vengono messi a sistema con la bontà degli effetti che si possono ottenere a seguito dello sforzo prodotto per sostenerli.
Raffronti e valutazioni
Nel comune sentire, condiviso ormai anche da analisti interni alla difesa, scopriamo come la panacea a tutti i mali per un corretto rapporto onere efficacia sia il mezzo VTLM lince, “geneticamente” accettabile poiché ruotato, non eccessivamente lungo e nemmeno troppo alto, dotato di una cellula di sopravvivenza tale da garantire la protezione dell’equipaggio a seguito di eventi IED ed in grado di essere equipaggiato con un armamento tale da fornire supporto di fuoco e protezione.
A fronte di quanto descritto l’esperienza operativa ha però dimostrato come la protezione del mezzo, per essere all’altezza delle situazioni tattiche debba talvolta essere incrementata al pari dei sistemi d’arma di bordo, senza contare la necessità di doversi utilizzare più di un veicolo per il trasporto delle unità di livello squadra in maniera organica, insomma per avere un prodotto veramente efficace occorre trasformare questo ottimo veicolo multiruolo in un piccolo “carro armato”, snaturando così il VTLM delle proprie caratteristiche ed impedendo alla componente blindo - corazzata di evolversi, rischiando, nel medio periodo di assistere al depauperamento delle capacità blindo - corazzate.
In un ragionamento ampio questo confronto tra mezzi di differente tipologia non è finalizzato a preferirne uno in luogo di un altro, ma solo a cercare di rendere immediatamente comprensibile quanto fino ad ora esposto e cioè che la componente pesante è elemento necessario di una forza terrestre in quanto consente di assolvere ad una serie di missioni che difficilmente possono essere condotte in altro modo senza che ci si esponga a rischi eccessivi o che si vada ad inficiare il successo.
Conclusioni
Lo strumento militare terrestre verso cui auspicare dovrà essere caratterizzato da un adeguato livello di tecnologia, elevata credibilità in termini di preparazione, motivazione ed impiego del personale, nonché dalla sostenibilità, tale affermazione trova nella componente blindo - corazzata piena sintesi, definito ciò, attraverso opportuni adattamenti che vedono primo tra tutti la qualità del sistema in luogo della quantità del mezzo la componente pesante potrà dirsi ancora protagonista delle sfide del futuro.
Andrea Pastore
(foto: EI, archivio, General Dynamics)