18/03/2014 - Può la storia condizionare, con i suoi ammaestramenti, la strategia e le relazioni internazionali? 
Questa domanda sembra riecheggiare nelle ultime ore presso le cancellerie di mezzo mondo a seguito dei fatti di Crimea.

Il popolo russofono e non, occupante la piccola penisola sul Mar nero, si è espresso con un amplissimo plebiscito circa il proprio futuro nella Federazione Russa, un voto che diremmo bulgaro e che forse da oggi potremo ribattezzare con un neologismo in cui compaia la parola Crimea.

Attesi gli eventi recenti, perché il quesito di cui all'incipit è in grado di generare tanto turbamento?

Secondo quanto dichiarato dal vecchio Gorbaciov, pare che egli avesse previsto tutto già nel 1991, quando i vertici dei tre stati più estesi dell'URSS, Russia, Ucraina e Bielorussia, attraverso i loro capi, decisero la spartizione dell'impero sovietico, senza tenere conto della questione Sinferopoli, peccato che nessuno dei tre leaders dell'epoca sia in condizione o intenzionato a replicare, va poi aggiunto il plausibile risentimento che ancora oggi muove le affermazioni dell'ultimo capo del PCUS; quanto all'occidente, nei primi anni '90, mosso dall'entusiasmo di aver vinto non faceva previsioni ed oggi non pianifica risposte credibili dimostrando scarsa propensione a comprendere ed apprendere.

Se si provasse però a cambiare prospettiva si potrebbe verificare come il presidente Putin, tacciato di aver perso il contatto con la realtà da frau Merkel, in realtà i compiti a casa pare li abbia fatti tutti e pure bene, dimostrando di aver imparato tante lezioni.
Ha mantenuto fede al vecchio adagio zarista per cui i confini devono essere tenuti il più possibile distanti dai gangli nevralgici del potere statale, ha incardinato con accordi economici bilaterali, difficilmente risolvibili, paesi come Italia, Spagna e Francia, senza tenere conto delle evidenti dipendenze in termini di materie prime che l'intera Europa acquista dal gigante russo, quanto alla componente militare le lezioni apprese sono ancora più corpose e rendono Mosca un vero e proprio gigante strategico.

In esito alle esperienze della guerra fredda la tattica dei silos, quale punto di origine dei sistemi di lancio nucleari, ha ceduto il posto a quella dei sottomarini, rivitalizzando la flotta e la conseguente cantieristica, il bombardamento a tappeto condotto per 5 giorni sulla Georgia nel 2008, è stato sostituito da un referendum popolare e l'invasione da parte di unità regolari nei territori dell'Ossezia ed Abkazia è stata rimpiazzata dall'intervento di unità paramilitari, peraltro legittimate dal fatto di essere in Crimea, in esito ad accordi intercorsi con l'Ucraina, in tempi non sospetti, a difesa della flotta del mar Nero. 

Per non ingessare il ragionamento nei termini delle carenze occidentali e della strategia russa ed al fine di inquadrarlo nel più ampio "comprehensive approach", tanto decantato a Washington e Bruxelles, ma mai effettivamente realizzato, va detto che i russi con le rivendicazioni in Ucraina hanno fatto un grosso favore ai cinesi, stornando momentaneamente l'attenzione americana dal Pacifico, che per gli USA sarebbe dovuto essere lo scenario del futuro; tale inversione di tendenza pare che abbia irritato non pochi esperti di strategia negli USA essendo stati sbugiardati nel merito delle previsioni a breve e medio termine elaborate presso università ed accademie, inoltre le guerre preventive e le "esportazioni di democrazia" non hanno certamente giovato su credibilità ed affidabilità della Zio Sam.

Il tira e molla diplomatico/strategico proseguirà ancora, forse per diversi mesi, ma è plausibile ritenere che non scoppierà la terza guerra mondiale e nemmeno la seconda guerra fredda, Putin ha semplicemente reso pan per focaccia agli "amici" della NATO dimostrando di non aver dimenticato il sacrificio ceceno, di cui hanno beneficiato anche gli americani, di avere chiaro in mente lo smacco kosovaro del 2008 e di essere pienamente consapevole delle scelte fatte da alcuni ambienti diplomatici pronti a soffiare sulla brace delle conflittualità asiatiche ed arabo-israeliane al solo scopo di applicare in modo maldestro il divide et impera di imperiale memoria.

La storia non si ripete mai uguale a se stessa, tuttavia imparando dalle esperienze del passato si è maggiormente pronti a confrontarsi con le sfide del futuro, questo pare che i russi, a dispetto di quanto dichiarato da illustri analisti, lo abbiano capito, l'occidente, di contro, cosa pensa di fare?

Andrea Pastore

(foto: archivio Ministero della difesa della Federazione Russa)