28/03/2014 - L’attuale condotta cinese contro gli Stati Uniti, farebbe parte di una precisa strategia mirata all’espulsione della presenza militare americana dall’Asia ed al completo controllo dei mari vicino le sue coste.
E’ quanto emerge da uno studio del Pentagono redatto per l'Office of Net Assessment, un particolare ufficio della Difesa che analizza le prospettive, capacità e criticità future delle forze Usa in una finestra temporale di 15/25 anni.
Secondo questa relazione, la Cina starebbe conducendo una guerra su tre fronti: quello politico-legale, quello psicologico e quelle propagandistico con il controllo di ogni mezzo stampa e social network del paese. Questa precisa strategia dovrebbe mascherare, incoraggiare o giustificare possibili conflitti che verrebbero affrontati con l’utilizzo di armi nucleari e convenzionali.
Il rapporto di 566 pagine avverte il governo americano, sottolineando la mancanza di strumenti efficaci per contrastare i nuovi metodi di guerra non convenzionale e rilevando l’impreparazione delle accademie militari statunitensi. Quest’ultime infatti, non avrebbero ancora studiato la minaccia non convenzionale cinese né studiato misure per contrastarla.
Quella che viene definita come “Kinetic Warfare” è la guerra che tutti conosciamo: armi, bombe, forza fisica, distruzione, morti. La “Non Kinetic Warfare” invece, analizza le motivazioni, lo stato d’animo, la sociologia dei gruppi terroristici, le tecniche di indottrinamento ereclutamento, il martirio.
Nel rapporto si mettono in evidenza alcune provocazioni della Cina come alcuni incontri particolarmente pericolosi tra le navi da guerra americane e cinesi, la crisi nel 2001 con la collisione in volo tra un aereo di sorveglianza EP- 3E americano ed un jet cinese oltre alla crescente aggressività di Pechino in vari dispute marittime.
Questo rapporto arriva pochi giorni dopo le affermazioni del comandante in capo delle forze americane nel Pacifico, l'ammiraglio Samuel Locklear III, che martedì scorso, durante una relazione al Congresso, ha affermato che gli Usa non hanno abbastanza risorse e mezzi per effettuare un’operazione anfibia nella Regione. La capacità di far sbarcare i nostri Marines – ha detto Locklear - attualmente non esiste perché non abbiamo i mezzi da sbarco per compierla.
Tali affermazioni arrivano in un momento in cui ci sono crescenti preoccupazioni in Giappone, con la Cina che non ha mai nascosto l’interesse per le isole Senkaku nel Mar Cinese Orientale. Le isole sono sotto il controllo amministrativo giapponese, ma la Cina ne ha rivendicato la sovranità.
Per l'amministrazione Obama, le isole Senkaku rientrano nel trattato di difesa stipulato tra Stati Uniti e Giappone. Ciò significa che gli Stati Uniti dovrebbero mantenere una forza da sbarco in allerta permanente nel Pacifico. Gli Stati Uniti hanno quattro gruppi anfibi da combattimento pronti a San Diego e uno a Sasebo, in Giappone. Locklear ha richiesto ulteriori capacità anfibie al Pentagono. La richiesta è sotto esame.
Alle forze del Pacifico dovrebbe essere data la massima priorità quando si tratta di capacità anfibie – ha concluso Locklear – ed è nostro dovere ottimizzare le capacità dei Marines con mezzi da sbarco adeguati.
Nel corso della stessa udienza, il generale dell’esercito Curtis Scaparrotti, comandante delle forze ONU e degli Stati Uniti in Corea, ha sollevato dubbi sulla sua capacità di contrastare efficacemente un attacco su larga scala portato dalla Corea del Nord. Considerando i numeri a disposizione, la natura del teatro e la minaccia che abbiamo di fronte – ha detto Scaparrotti - non è detto che riusciremo a contrastare un attacco con le nostre forze attualmente a disposizione.
Franco Iacch
(foto: US DoD / Lockeed Martin)