28/06/2014 - Da oltre due anni due militari italiani sono in ostaggio dell’India riconsegnati dalle Istituzioni al giudizio indebito di uno stato terzo, ma ormai nessuno ne parla. Sembra quasi che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone siano rientrati in Italia e tutto sia tornato nella normalità come nulla fosse accaduto.
Il silenzio è assordante, rotto solo da sporadiche e sussurrate, parole di circostanza.
Nel frattempo i due fucilieri di marina continuano ad essere trattenuti in India senza alcun capo di imputazione e la patria del diritto di lontane origini ciceroniane, mutuato in moltissimi altri Paesi, soggiace all'arbitrio indiano, palesemente portato avanti nel dispregio più assoluto del Diritto Internazionale e dei diritti umani.
Una situazione in cui la terra che ha dato i natali a Dante, a Michelangelo, a Leonardo Da Vinci, a Garibaldi e Mazzini ed a tanti altri che hanno gettato le basi culturali e politiche su cui, in parte, si fonda il mondo moderno, perde quotidianamente di credibilità internazionale.
Un silenzio che induce a pensare che a livello istituzionale sia stato smarrito quel minimo di orgoglio nazionale che fa grande una Nazione e la rende credibile in un modo ormai globalizzato, parametro essenziale anche per la crescita economica di qualsiasi Paese.
Un Italia che tace a partire dal capo dello stato e delle forze armate, a dire il vero sempre molto silente sulla vicenda dei marò, che, però, ricorda con tristezza e rammarico vicende anche lontane. Non in ultimo la commemorazione del 34° anno della strage di Ustica in occasione della quale ha richiamato la necessità di far luce su una vicenda da lui vissuta a pieno titolo come parlamentare della repubblica.
L’aereo fu abbattuto il 27 giugno 1980. Il presidente Napolitano oggi riscopre l’esigenza che venga fatta luce in ambito internazionale, nonostante che negli anni '80 fosse probabilmente nella condizione di sollecitare immediata chiarezza essendo impegnato ad affrontare problemi di politica internazionale ed europea, e fosse membro della commissione affari esteri della camera dei deputati e componente della delegazione italiana all'assemblea dell'Atlantico del nord (1984-92 e 1994-96. Fonte: sito del Quirinale).
Lo fa inviando un messaggio all’Associazione delle Vittime “Strage di Ustica” scrivendo fra l’altro "Comprendo e condivido il rammarico per la mancanza di una esauriente ricostruzione della dinamica e delle responsabilità di quel tragico fatto, nonostante i lunghi anni di indagini e i processi celebrati", e precisando che occorre una "tenace sollecitazione a compiere ogni ulteriore sforzo possibile – anche sul piano internazionale – per giungere ad una esaustiva ricostruzione di quello che avvenne nei cieli di Ustica impegna tutte le istituzioni a fare la loro parte perché si giunga all'accertamento della verità".
Parole che lasciano intendere che forse le Istituzioni di allora di cui faceva parte mancarono in qualcosa, se non altro di incisività in ambito internazionale.
Un Italia in cui il ministro degli affari esteri partecipa a lavori della NATO trattando rilevanti problematiche internazionali, ma non accenna per quanto noto alla abnorme situazione dei due marò, forse perché condizionata dalla prospettiva di prendere il posto della Asthon come alto rappresentante della politica estera europea ed intenzionata, probabilmente, a seguirne la strada di completa disattenzione per i due fucilieri di marina.
Ancora, un Italia in cui il ministro della difesa intende coinvolgere i cittadini italiani per proposte sul nuovo modello di difesa ma non li tiene informati su quanto in itinere per oggettivare l’internazionalizzare del caso, come più volte da lei stessa affermato. Solo una rassicurazione attraverso un’agenzia stampa di ieri dove afferma di aver incontrato a Washington il capo del pentagono Chuck Hagel, ottenendo dagli Usa il "massimo sostegno" per il caso dei due marò. "Ho parlato della questione con Hagel e per gli Usa quello dei marò - ha detto il ministro - non e' un problema solo dell'Italia…”
Un paese in cui per affrontare lo specifico problema si è sentita l’esigenza di nominare un “commissario di Governo”, l’italo-svedese dott. Staffan de Mistura che nonostante le rassicurazioni non è riuscito a riportare a casa i due militari, ma è stato premiato assegnandolo alla presidenza di un costoso apparato europeo destinato ad occuparsi di pace laddove la diplomazia non riesca e destinato a presiedere anche una scuola di diplomazia che dovrebbe operare a Capri.
Una nazione dove operano accademici di fama, esperti in diritto internazionale e marittimo, che vengono lasciati da parte preferendo a loro figure anglosassoni di non chiara struttura professionale.
Alla luce di tutto ciò, quindi, non è azzardato affermare che l’Italia langue, pronta solo ad accettare gli atti di imperio di un’Europa dove l’eguaglianza democratica fra stati sembra allontanarsi sempre di più.
Un’Italia passiva pronta a sobbarcarsi oneri anche pericolosi come il trasbordo nel porto di Gioia Tauro delle armi chimiche provenienti dalla Siria. L’accettazione di un rischio molto elevato quando altri, come la Germania, pur disponendo di strutture NATO attrezzate anche per la distruzione di materiale della fattispecie, hanno preferito non occuparsi del problema.
Una situazione che è sotto gli occhi del mondo e che il mondo giudica in tempo reale in un’era in cui l’informazione viaggia oltre i fusi orari e gli emisferi, che coinvolge purtroppo due militari italiani e le loro famiglie e di cui qualcuno prima o poi dovrà darne conto per evitare che fra decenni un altro Capo dello Stato sia costretto a parlarne esprimendo parole di vicinanza tardiva a cittadini italiani che oggi lo Stato sembra aver dimenticato.
Fernando Termentini