10/07/2014 - Mesi orsono uno dei maggiori quotidiani italiani riferendo il pensiero dell’allora ministro Bonino sulla vicenda dei due marò titolava “Non è accertata l’innocenza dei marò”. Rimasi sgomento in quanto mi sarei aspettato da un ministro italiano una frase diversa del tipo “non è stata accertata la colpevolezza dei marò”.
Un’espressione di conferma delle garanzie che uno Stato di Diritto deve ai propri cittadini, prima fra tutte la presunzione di innocenza. In quel momento mi chiesi se ancora vivessi in una Nazione erede di antiche tradizioni giuridiche e custode di valori essenziali garantiti dalla costituzione.
Oggi leggo di una denuncia presentata dal Codacons alla procura di Roma che avrebbe aperto immediatamente un fascicolo sulla vicenda del morso dato da Suarez a Chiellini in occasione dell’incontro di calcio Italia - Uruguay svolto in occasione dei mondiali in Brasile.
Una celerità operativa inaspettata quella della procura, che lascia favorevolmente sorpresi ma nello stesso suscita una domanda che si aggiunge ai dubbi del passato: forse in Italia siamo piombati ormai in uno stato confusionale, come ben stigmatizzato ieri Maurizio Tentor nel suo blog (http://tentor-maurizio.blogspot.it/2014/07/sbaglio-o-abbiamo-uno-stato-in-stato.html).
Uno smarrimento che coinvolge chi crede ancora nello Stato, e che deriva da una serie di circostanze, alcune legate ad aspetti giudiziari altre all’approccio istituzionale alla vicenda. La celerità nel decidere per il caso Chiellini, infatti, non è paragonabile a quanto fino ad ora avvenuto per la vicenda dei due fucilieri di marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone trattenuti da 872 giorni a Delhi, delegando all’India la facoltà di esercitare un’indebita azione giudiziaria nei loro confronti.
Non iniziative di ufficio da parte della procura per accertare la correttezza della decisione di un “estradizione processuale” attuata in assenza di un benché minimo atto di accusa e senza la determinazione di un tribunale italiano. Nemmeno, però, risposte a distanza di mesi a cittadini che a suo tempo hanno formalizzato atti con i quali si informava l’autorità giudiziaria di possibili violazioni di vincoli imposti dalla costituzione.
Suarez ha morso Chiellini il 24 giugno 2014 e solo dopo 12 giorni, il 6 luglio viene data notizia che la procura ha aperto un’indagine. Per fatti rappresentati relativi ai due marò a distanza di mesi - almeno per quanto noto - non sembra che siano state prese decisioni.
Non è una critica questa mia e tantomeno un rilievo, solo un’amara costatazione suffragata da fatti derivati da iniziative personali in tal senso.
Il 13 marzo 2013 ho depositato un esposto presso la procura della Repubblica di Roma chiedendo che nei confronti di Latorre e Girone, in quel momento in Italia, venisse adottato il provvedimento di divieto di espatrio perché indagati, secondo notizie di stampa mai smentite, per il reato di omicidio volontario. Nulla fu disposto né fornita alcuna risposta a coloro che avevano sottoscritto l’istanza ed il 22 marzo i due espatriarono diretti in India sottraendosi al giudizio italiano sicuramente prevalente rispetto a quello di uno Stato terzo.
Il 15 ottobre 2013 ho inoltrato alla stessa procura a mezzo fax e PEC un altro esposto con il quale chiedevo, fra l’altro, di accertare la correttezza del rispetto dei vincoli costituzionali di chi aveva deciso di rimandarli in India per essere giudicati anche a rischio della pena di morte. Non conosco ancora se la mia istanza sia stata accolta nonostante che avessi invocato il diritto di essere informato qualora si fosse deciso di non procedere.
Infine, il 20 giugno u.s. ho depositato un altro esposto condiviso da altri 387 cittadini italiani, perché sia fatta chiarezza sulle possibili responsabilità che ruotano intorno alla vicenda. Sono trascorsi 20 giorni e nulla conosco sull’esito dell’iniziativa.
Pur nel massimo rispetto della gestione procedurale e delle decisioni della procura, non si può che rimanere smarriti di fronte a quelle che non è azzardato definire incongruenze. Pochi giorni per aprire un’indagine su un episodio avvenuto in un contesto agonistico, silenzio su fatti attinenti a due militari italiani in cui palesemente l’India sta negando anche i diritti umani con la restrizione non motivata della libertà personale. Un disorientamento che diventa sbigottimento a fronte della nebulosa gestione istituzionale della vicenda.
Un presidente del Consiglio che il 22 febbraio 2014, all’atto del suo insediamento dichiarava di aver parlato al telefono con Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, aggiungendo "Faremo semplicemente di tutto. Consideriamo il vostro caso una priorità siamo pronti a fare tutto quanto è in nostro potere per arrivare il più rapidamente possibile ad una soluzione positiva”.
Da quel momento silenzio rotto dopo qualche settimana dallo stesso Premier che informa , "La scelta di non parlarne è voluta: è una vicenda complicata, che resta una ferita... Una parola rischia di essere di troppo. Non credo che la soluzione sia che l'Italia vada al Parlamento europeo perché non è quella la sede dove si risolvono i problemi con l'India. Non faccio campagna elettorale o demagogia sulla pelle dei marò". Poi il nulla assoluto, silenzio tombale da parte del Capo dell’Esecutivo.
La ministro degli esteri Mogherini che continua a ripetere, seppure con differenti parole, concetti simili fra loro ma non ne spiega i contenuti e tralascia di rispondere anche a semplici domande di comuni cittadini.
Un’altalena di notizie che riportano solo dichiarazioni di intenti e non atti concreti. Ci dice “Parlato ora con il ministro degli esteri indiano Khurshid dei nostri maró. Lavoriamo per riportarli in Italia”. Ci racconta, “si apre una fase nuova” - cambiando linea - “Si esaurisce quella in cui ha operato Staffan de Mistura …. Servono figure nuove, stiamo definendo un collegio di esperti, sotto la guida di un coordinatore”
Ed ancora sempre in maniera molto generalizzata, "Nessun passo in avanti o novità eclatanti", "Abbiamo ribadito la nostra determinazione ad esplorare tutte le azioni politiche e legali in ambito internazionale per vedere riconosciuti i nostri diritti ad esercitare la giurisdizione sul caso marò"; “Parleremo del caso Marò con Obama, come ne parliamo con la Nato e la Ue. L’obiettivo è arrivare al risultato, poi parleremo delle regole d’ingaggio e degli errori fatti. E’ una questione internazionale perché questa vicenda ha a che fare con le attività e il modo di operare dei nostri militari all’estero”, “I tempi di un arbitrato sono lunghi ma non siamo ancora ad un punto insanabile nella trattativa”, "Abbiamo ribadito il fatto che siamo pronti a esplorare tutte le opzioni a livello internazionale per esercitare la nostra giurisdizione", "Aperta procedura internazionale”.
Quali atti giuridici internazionali siano stai compiuti, però, non è dato da saperlo né si conoscono quali siano le iniziative concrete in itinere per attivare la procedura internazionale tanto invocata, prima fra tutte l’arbitrato. Tutto invece è proposto come “riservato” quasi fossero state classificati i contenuti del diritto internazionale e della Convenzione di Montego Bay sul Diritto del mare.
Infine, anche la terza figura istituzionale direttamente coinvolta nella vicenda per attribuzioni specifiche, la ministro della difesa Pinotti, non ci risparmia di promesse ma, alla stessa stregua della sua collega degli esteri, non informa su come in concreto intenda procedere, come quando dichiara “Non accettiamo un processo indiano di cui non riconosciamo la validità. Ricordo solo che ad oltre due anni dall’incidente, a fronte di un atteggiamento da parte dell’India dilatorio, manca ancora un atto di accusa valido. Il governo italiano ha dovuto interrogarsi su una situazione che lo stesso presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha definito incomprensibile”.
Parole importanti da quale traspare che la ministro ammette che sia in corso una palese violazione dei diritti umani nel momento che l’India limita la libertà personale di due cittadini italiani con lo status militare senza produrre atti di accusa circostanziati, ma che non chiariscono quali azioni concrete si intenda portare avanti perché a Latorre e Girone sia restituita la loro dignità di uomini.
L’onorevole Pinotti ci ricorda altresì un’altra iniziativa pur continuando a non spiegare come si intende oggettivarla. Ci dice, infatti, “Per questo si è deciso di aprire una nuova fase che risponde ad una strategia condivisa: l’internazionalizzazione della vicenda per innalzare il contenzioso a livello internazionale. Trattenere due militari per oltre due anni è inaccettabile”.
Molte parole quindi, tante dichiarazioni di intenti ma non azioni concrete come ci si aspetterebbe dopo 873 giorni di detenzione arbitraria di due militari italiani coinvolti in ipotetici fatti connessi al loro compito istituzionale assegnato loro dallo Stato.
Qualcosa però è stato detto forse di più preciso alla moglie di Girone ed alla compagna di Latorre convocate il 4 luglio dalle due Ministre come riportato dal sito web della Farnesina. Un lungo colloquio da quello che è dato da sapere da cui però potrebbero essere emerso qualcosa non del tutto tranquillizzante.
Solo un’ipotesi suggerita da quanto avvenuto subito dopo, quando il 06 luglio Massimiliano Latorre ha abbandonato la prudenza che lo ha caratterizzato in questi 870 giorni e sul suo profilo FB è apparso un post formato da una lunga serie di punti ed ha oscurato la sua immagine.
La situazione ha assunto ormai i connotati di una farsa inaccettabile destinata ad indurre un pericoloso stato di indeterminatezza nelle migliaia di militari italiani impegnati in missioni di pace nel mondo.
Costoro, vivendo la vicenda dei due marò, con ogni probabilità cominciano a dubitare che, all’occorrenza, saranno garantiti loro diritti fondamentali come l’immunità funzionale.
Perplessità pericolose per chi è deputato a rischiare la propria vita per difendere interessi nazionali e garantire sicurezza come, in particolare, coloro che in questo momento sono in Libano e sono ad alto rischio di essere coinvolti in un conflitto armato qualora ci sia un’escalation fra Israele e Gaza.
Fernando Termentini