23/12/2014 - Alcuni settimane orsono ebbi a scrivere in forma interrogativa se l’Italia fosse un bancomat per il terrorismo.

Oggi purtroppo sono portato ad affermare che l’Italia è un “Bancomat” e basta.

Una cassa continua non solo sotto il profilo economico ma anche per quanto attiene alla cessione della sovranità nazionale di cui ormai ogni altro Stato può appropriarsi senza suscitare le reazioni delle nostre Istituzioni, piuttosto pronte a chinare la testa e a barattare ciò che, invece, per diritto competerebbe.

E’ infatti di oggi la notizia, riportata anche su un importante quotidiano nazionale, che i media indiani informano che “l’Italia offre scuse e risarcimento”. In cambio, il rientro e processo italiano per i due fucilieri.

Un’agenzia di stampa che da Delhi ci dice della “disponibilità di pubbliche scuse da parte dell'ambasciatore italiano per l'uccisione dei due pescatori indiani uccisi ed un importante risarcimento per le loro famiglie, in cambio del rientro di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone in Italia, dove sarebbero sottoposti a processo”.

Notizia riportata anche da un importante quotidiano “The Economic Times (ET)” , che assicura di aver consultato "fonti governative indiane del massimo livello". Racconto che l’Ambasciata italiana,  come riporta l’agenzia ANSA, non approfondisce rispondendo di non avere commenti da fare sul tenore dell'articolo, pubblicato all'indomani dell'ammissione da parte del governo indiano di avere allo studio una proposta italiana.

La stessa agenzia, però, precisa anche che il quotidiano indiano spiega che fonti del ministero degli Esteri indiano  hanno ammesso che l'Italia ha presentato "alcuni elementi" per una soluzione amichevole della questione attraverso un negoziato fra i due governi.

I responsabili indiani della sicurezza, però, sembrerebbero essere contrari alla proposta e chiedano, ancora una volta,  che i due militari riconoscano le loro responsabilità  ed una volta condannati  in India potranno rientrare in Italia in base al Trattato bilaterale sottoscritto nell’agosto 2012, scontando la pena in Italia.

Continua, quindi, un baratto fondato su una ignominiosa contrattazione che pone come merce di scambio due cittadini italiani, due militari colpevoli solo di aver detto “obbedisco” quel famoso 22 marzo 2013, quando l’Italia li riconsegnò all’India rinunciando ai propri diritti di Nazione sovrana, omettendo di assicurare ai due militari il diritto dell’immunità funzionale e forse anche alcune garanzie costituzionali.  Un vero e proprio mercato in cui la merce è il futuro di due italiani come abbiamo anche avuto occasione di affermare recentemente.

Non ci sono parole di fronte a questa ennesima e palese abdicazione della sovranità nazionale. Se le cose stanno come viene riferito dalla stampa indiana è difficile capire su che cosa si basi la recente contrarietà espressa nei confronti dell’India dal nostro Presidente della Repubblica. Infatti l’India ancora una volta sta giocando il ruolo perché l’Italia lo permette.

Gridiamo vittoria per la liberazione di ostaggi italiani in mano dell’ISIS o di altre formazioni terroristiche, dimenticando di dire che il successo deriva dal pagamento di un riscatto e non da successi diplomatici o di intelligence ed ora continuiamo a percorrere la strada del baratto riconoscendo danni, peraltro tutti da provare e comunque già pagati nel maggio 2012. Lo facciamo impegnando risorse economiche che sono degli italiani per raggiungere un successo che ci è dovuto,  quello della riconsegna da parte di Delhi dei due Fucilieri di Marina.

Forse l’Italia sta per annunciare una sconfitta mascherata da un successo. Se, infatti,  le notizie di ieri fossero confermate il nostro Governo è in procinto di riconoscere la responsabilità di quanto accaduto il 15 febbraio 2012  senza che l’India abbia ancora prodotto prove. Lo facciamo dopo che a due nostri militari da oltre 1000 giorni è stato negato dall’india senza prove il più elementare dei diritti umani quello della libertà personale e dopo aver accettato che Delhi abbia anche oltraggiato la Convenzione di Vienna minacciando a marzo 2013 l’immunità diplomatica dell’Ambasciatore  Mancini.

Se quanto affermato dall’Economist Time trovasse riscontro è difficile, anche. Condividere la contrarietà espressa dal Presidente della Repubblica nei confronti dell’India. Piuttosto siamo noi italiani ad essere adirati con coloro che a livello istituzionale da oltre un anno ci prendono in giro affermando che è pronta l’internazionalizzazione della vicenda e l’avvio dell’arbitrato internazionale e poi invece viene portato avanti un baratto inaccettabile,  in cui la merce di scambio è rappresentata dal futuro di due cittadini italiani e delle loro famiglie.

Un’altra vergogna si aggiunge alla ignominiosa gestione della vicenda che si trascina da oltre 1000 giorni che deve lasciar pensare su come forse anche in mille altri settori della vita nazionale il rispetto dei cittadini non esiste più,  sostituito dalla convinzione che gli italiani siano una schiera di creduloni da abbindolare con promesse sconfessate dai fatti.

Per questo, forse, il Presidente della Repubblica avrebbe ben ragione di contrariarsi e commuoversi di fronte ad un militare bistrattato dallo Stato che ieri - ancora una volta - ha avuto la fierezza di dire “nonostante tutto ancora mi fido delle Istituzioni”.

Fernando Termentini