26/03/2014 - Nonostante le assicurazioni del nuovo governo e l'improvviso e fugace risveglio del letargo dei nostri politici durato solo qualche giorno, i due fucilieri di marina continuano ad essere in ostaggio dell'India ed in Italia si è ritornati al buio del passato che da sempre caratterizza questa vicenda.
Il parlamento, infatti, ha ripreso il letargo improvvisamente interrotto due mesi or sono da un antidoto efficacissimo in politica, quello elettorale. Gli organi istituzionali si sono riallacciati alla consuetudine del passato ripetendo parole di circostanza, filastrocche mai oggettivate.
La ministro degli esteri Mogherini incontra il suo omologo indiano senza avere risposte certe, solo “uno scambio franco", come riferisce la titolare della Farnesina, ammettendo che “nessun passo avanti o novità eclatanti” ci sono state.
In ogni caso, diversamente dal silenzioso passato dell’ex Ministro Bonino, l’attuale responsabile della Farnesina ci informa di un’intenzione importante del MAE, quella della internazionalizzazione del caso dei marò. La Mongherini infatti sottolinea "è la strada che stiamo seguendo", aggiungendo che "l'Italia non riconosce la giurisdizione indiana e nel caso di conflitto tra giurisdizioni, la strada per risolverlo è quella della internazionalizzazione".
Una determinazione apprezzabile quella del ministro che però forse dimentica che il 22 marzo 2013 il governo presieduto dal senatore Monti ha riconosciuto all’India il diritto di giudicare rimandando a Delhi i nostri due marò nonostante che l’India disattendesse richieste italiane ufficializzate con note verbali. Sarà difficile quindi cancellare il passato con un colpo di spugna e gli indiani stanno dimostrando di saperlo bene.
Oggi, il dott de Mistura sta riferendo alle commissioni difesa / esteri di camera e senato sugli esiti della sua ennesima missione in India.
Dalle prime agenzie di stampa emerge che nulla di diverso è maturato rispetto al passato. Ossia l’Italia non ha ottenuto nulla di concreto ed i responsabili istituzionali designati a gestire la vicenda ripetono sempre gli stessi concetti. Dalle prime agenzie leggiamo, Marò: De Mistura, posizione italiana ferma, no processo. "Qualunque cosa accada nell'udienza del 28 marzo a New Delhi, noi al processo non andiamo. La posizione italiana e' fermissima: niente processo e ci ha ricordato, bontà sua, che il caso è "politico", poiché in India ci sono elezioni in vista.
Un precisazione del Commissario di Governo che conferma gli scarsi risultati ottenuti dall’Italia dopo 12 mesi dal rientro dei marò in India.
L’AGI riporta, anche, che de Mistura abbia affermato "Al processo noi non andiamo: non presenteremo i nostri fucilieri, insistiamo per la giurisdizione internazionale della questione". Anche lui dimentica però che in un passato recente il vice ministro degli esteri Pistelli ha parlato di “regole di ingaggio condivise con l’India”, frase peraltro enfatizzata in uno spazio della pagina di facebook dell’allora Ministro Bonino come a suo tempo fu raccontato e che forse sarebbe interessante rileggere (http://fernandotermentini.blogspot.it/2013/10/il-ministro-bonino-e-la-sua-pagina-su.html).
Il dott. de Mistura ci dice ancora che "qualunque sia la decisione che il 28 marzo prenderà la corte suprema indiana", per l'Italia il processo in India non si deve fare: "Niente processo, internazionalizzazione costante della questione".
Ma allora, sia consentito chiedere all’inviato speciale del governo, perché fino ad ora ha sempre rifiutato il ricorso all’arbitrato che l’ex ministro Terzi fin dall’11 marzo del 2013 aveva deciso di avviare avvertendo peraltro tutte le sedi diplomatiche italiane e delegando il suo sottosegretario, giustappunto il dott. de Mistura, ad informare gli italiani.
Perché questa azione è stata abbandonata perdendo un anno a danno della soluzione del problema. Sicuramente l’ex premier Monti, l’ex ministro della difesa Di Paola ed altri di quel governo che condivisero la decisione di riconsegnare Latorre e Girone agli indiani, dovrebbero riferire in parlamento sui motivi che portarono a delegare all’India un’azione giudiziaria nei confronti di due nostri militari, che ora invece tutti si affannano a contestare.
In una democrazia moderna dovrebbe essere immediata l’istituzione di una commissione di inchiesta che faccia luce su questi aspetti, preceduta anche dal deposito di puntuali interrogazioni parlamentari. In Italia, invece, si continua a disquisire sulla vicenda senza peraltro dire nulla di concreto ma continuando a ripetere dichiarazioni di intenti prive di contenuto oggettivo.
Forse i due marò, oltre ad essere stati venduti per trenta denari, sono anche “le vittime sacrificali” a protezione di un sistema di interessi economici, politici e personali di qualcuno che si cerca di proteggere con cicli di parole inutili e ripetitive, mentre l’arbitrato internazionale potrebbe, invece, aprire il “vaso di Pandora”.
Fernando Termentini