07/04/2014 - Inizia la lunga tornata elettorale indiana che si concluderà il 12 maggio.
Una maratona che molti considerano come il più significativo esercizio democratico della storia dell’umanità.
Le elezioni passeranno attraverso nove tappe, 7, 9, 10, 12, 17, 24, 30 aprile e il 7 e 12 maggio.
Un processo elettorale che durerà 36 giorni, coinvolgendo 814 milioni di persone che si recheranno alle urne dalle vette dell'Himalaya fino alle sperdute isole Andamane e Nicobare, attraverso un voto elettronico che prevederà anche di potersi astenere ("none of the above", ovvero "nessuno di questi").
Un voto che è monopolizzato dalla sfida tra due leaders, Rahul Gandhi (43 anni) per il partito del Congresso al potere in India da dieci anni e Narendra Modi (63 anni), leader dell’emergente partito dell'opposizione indù, il nazionalista Bharatya janata party (Bjp). A costoro si è aggiunto improvvisamente l'attivista “anti corrotti' Arvind Kejriwal (45 anni) che sfiderà Modi in particolare nel distretto di Varanasi, la citta' sacra sul Gange conosciuta anche con il nome di Benares, entrambi candidati in quella circoscrizione.
L’esito del voto avrà sicuramente ripercussioni sulla vicenda dei fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, trattenuti da oltre due anni in ostaggio in India, accusati di aver ucciso due pescatori del Kerala scambiandoli per pirati. Una certezza che deriva soprattutto dal fatto che durante tutta la campagna elettorale si sono riferiti a costoro, anche con toni accesi, il nazionalista Modi e Arvind Kejriwal
Modi in un comizio ha accusato la Gandhi di "favorirli" e si e' chiesto come mai "non fossero in prigione" ma nell'ambasciata d'Italia a New Delhi dove risiedono e lavorano.
Il “falco” Narendra Modi è dato dai sondaggi come il grande favorito delle elezioni legislative nazionali e le sue parole contro i nostri fucilieri destano qualche preoccupazione. In ogni occasione non demorde, infatti, nel denunciare il presunto "trattamento di favore" riservato dal governo ai due militari posti in affidamento giudiziario dell’ambasciata italiana e nei confronti dei quali reiteratamente la pubblica accusa ha invece chiesto di assegnare la custodia al giudice, evocando quindi la prigione.
Anche l’attivista degli “anti corrotti” Arvind Kejriwal ha strumentalizzato la vicenda dei due marò rivendicando il diritto dell’India a giudicare in quanto l’incidente a suo dire è avvenuto in acque indiane. Un approccio semplicistico che dimostra come Kejriwal non abbia nemmeno letto le conclusioni della Suprema Corte indiana il 18 gennaio 2013 su dove l’incidente in questione sarebbe avvenuto. Affermazioni che, però, dimostrano come sia in salita il futuro dei due marò con questi nuovi possibili protagonisti della scena politica indiana.
I risultati delle elezioni in India si avranno il 16 maggio, un tempo sufficiente perché l’Italia avvii ogni possibile iniziativa per prevenire il rischio che le nubi oscure che si stanno addensando sulla vicenda dei due marò, si stratifichino e consolidino allontanando la soluzione della vicenda.
Qualcosa di incisivo, che indichi a chiunque vinca le elezioni indiane la decisa volontà italiana di pretendere in rispetto delle regole del diritto internazionale e riconsegni ai due militari l’immunità funzionale.
Un’unica strada da percorrere perché questo avvenga. Quella dell’arbitrato internazionale che continua invece a languire, nonostante precisi pronunciamenti di rappresentanti politici ed istituzionali di tutto rispetto.
Solo per citare alcune posizioni. Il presidente della commissione esteri del senato, il senatore Casini che afferma: "Dobbiamo internazionalizzare questo problema, non ci fidiamo più della giustizia indiana”.
Il ministro della difesa Roberta Pinotti che invoca il diritto dell’immunità funzionale. Il sottosegretario alla difesa On. Domenico Rossi che continuamente invoca l’avvio dell’arbitrato, insieme al ministro degli esteri Federiga Mogherini. Anche il dott. de Mistura tenace oppositore dell’arbitrato oggi sembra tornare suoi passi.
Ma allora ci si chiede perché la procedura langue dal 18 marzo 2013 quando attraverso un comunicato stampa della Farnesina l’allora ministro Terzi ufficializzava testualmente “La nostra richiesta alle Autorità indiane di avviare consultazioni ex art. 100 e art. 283 della Convenzione sul Diritto del Mare (UNCLOS) non ha sinora ricevuto riscontro. Tale percorso era stato indicato dalla stessa sentenza della Corte Suprema indiana del 18 gennaio e più volte in passato proposto dall'Italia. Diniego indiano abbiamo altresì registrato, nella medesima occasione, all’ulteriore nostra proposta di consultazioni tra esperti giuridici. Tale posizione da parte dell'India ha con nostra sorpresa e rammarico modificato lo scenario e i presupposti sulla base dei quali era stato rilasciato l'affidavit. Nelle mutate condizioni il rientro in India dei Fucilieri sarebbe stato in contrasto con le nostre norme costituzionali (rispetto del giudice naturale precostituito per legge, divieto di estradizione dei propri cittadini, art. 25, 26 e 111 della Costituzione). Le nostre tempestive richieste di rogatoria per consentire i procedimenti penali aperti in Italia rimangono tuttora prive di riscontro. Per questi motivi, il governo italiano è giunto alla determinazione, dopo essersi a lungo impegnato per una soluzione amichevole della questione - nella quale tuttora crediamo convintamente - di formalizzare l'11 marzo l’apertura di una controversia internazionale."
Un’isteresi decisionale incomprensibile che induce però a pensare che forse ancora è prevalente l’influenza di chi quel fatidico 22 marzo del 2013 decise di far rientrare a Delhi i nostri fucilieri di Marina.
Probabilmente non una sola persona, forse una triade che in quel momento ed ancora oggi è più preoccupata di difendere interessi economici piuttosto che garantire il massimo dei diritti a due servitori dello Stato.
Forse è arrivato il momento di superare questi ostacoli ed agire il più rapidamente possibile per non rischiare che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone continuino a dover rinunciare ai loro diritti di cittadini e di genitori.
Fernando Termentini